Una delle più palesi e comiche bufale dal ricchissimo repertorio (e arricchito ogni giorno) dei quotidiani italiani, tra quelle raccontate in questi anni sulla rubrica “Notizie che non lo erano” è quella degli “8 milioni di italiani che ricorrono all’ipnosi“. È anche una di quelle a cui sono più affezionato, e mi capita ancora di citarla come esempio, anche pochi giorni fa in un incontro pubblico a Perugia sul giornalismo.
Capirete quindi la mia emozione, quando stamattina ho trovato in prima pagina su Repubblica – nella stessa identica posizione di quel classico di cinque anni fa (o di questo) – il seguente titolo.
Adesso, a parte le molte battute possibili (gli 8 dell’ipnosi sono compresi? o sommati fanno 21? L’indovino è uno solo?), la cosa interessante per noi entomologi dei meccanismi giornalistici è capire quale percorso e quale concorso di trascuratezze e intenzioni subdole fa decidere un grande quotidiano di mettere in prima pagina queste “notizie”. Non parlo della generale inclinazione a dare spazio a qualunque assurdità enfatica e strano-ma-vero, nel quadro del sensazionalismo e allarmismo che sono la linea editoriale autentica di buona parte della stampa nazionale. Parlo proprio del singolo caso e di questi numeri.
Prima informazione: il dato viene dal Codacons, associazione privata di “difesa dei consumatori” che molte volte in passato ha dimostrato una maggiore attitudine a promuovere se stessa e i suoi responsabili piuttosto che la serietà e la verità, dedicandosi in sostanza a salire ogni giorno sul carro di qualunque notizia per annunciare o compiere denunce a destra e a manca e cercare spazio sui media. Qui ne descrivono le cialtronerie due commentatori lucidi e attenti come Massimo Mantellini e Maurizio Codogno. Nel tempo, il Codacons si è accodato a chi sostiene che si possono prevedere i terremoti o che i bambini non vanno vaccinati, e ha subito successive sanzioni delle proprie sbilenche ricerche di visibilità, o dell’inaffidabilità dei propri dati.
(il sito vale un’occhiata, per gli appassionati)
Seconda informazione: la costruzione del dato è ignota, nell’articolo di Repubblica, o in ogni altro articolo che lo riferisce (ci arriviamo). Nulla è detto sulle eventuali modalità o ricerche (ammesso che ci siano state) per ottenerlo: “secondo le stime del Codacons” è la sola cosa che sostiene quel titolo in prima pagina, due articoli, e due pagine all’interno.
Terza informazione: il dato – “agli operatori del settore nel 2013 si sono rivolti 13 milioni di italiani” – non è una notizia di oggi, ma lo hanno pubblicato nelle settimane scorse altre testate (il Sole 24 Ore, il Fatto addirittura a gennaio).
Quarta informazione: il dato viene in realtà propalato dal Codacons da almeno un anno, esattamente come è annunciato oggi dal titolo di Repubblica. Quindi i “13 milioni nel 2013” è una cifra che già si diceva a maggio del 2013, allora con la dizione “ad oggi sono 13 milioni”, che ovviamente non vuol dire niente, senza un arco temporale (13 milioni tutti oggi? 13 milioni da gennaio a maggio? 13 milioni nel 2012?). A novembre era “ogni anno 13 milioni”. Qui erano tre milioni in più del 2001, mentre oggi su Repubblica sono tre milioni in più del 2010.
Quinta informazione: un articolo della Stampa attribuisce invece al CICAP un dato di “dieci milioni di italiani che si rivolgono a specialisti del settore”. Non l’ho trovato sul sito del CICAP, né spiegata la sua eventuale provenienza.
Le conclusioni le potete tirare da soli, sull’infondatezza di quel dato (implausibile anche a occhio, per quante sorprese ci riservi il mondo, e per quanto Lavoce.info lo faccia diventare addirittura “quattro italiani su dieci“), sulle approssimazioni che si sono succedute, e sullo spazio che gli viene dato: con l’ulteriore conseguenza – non nuova, per la comunicazione giornalistica italiana – di togliere credibilità a ogni benintenzionato tentativo di mettere in guardia le persone da “indovini”, truffatori e ciarlatani.
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