Siamo arrivati tardi, ai libri

Il ministro Franceschini ha detto una cosa su libri e televisione che, a come la riportano, sembra un po’ sbilenca. Poi va’ sapere cosa ha detto davvero.
Comunque, un ragionamento meno banale e più storicizzato su come la tv abbia sostituito i libri per gli italiani – non nel senso che ne ha preso uno spazio già esistente, ma che ha riempito quello che avrebbero potuto avere – sta ancora nel bel libro di Marino Sinibaldi.

Faccio un’ipotesi: il problema radicale del debole rapporto tra gli italiani e la lettura è che quando in Italia ci si è liberati dalle schiavitù materiali che reprimevano il desiderio di storie, insomma quando il bisogno di conoscenze e narrazioni si è manifestato in una dimensione di massa, e quando si è avuta un’alfabetizzazione sufficientemente diffusa, c’era già, pronta, la televisione. La televisione ha inghiottito, come un tubo, quasi per intero questo elementare ma evoluto bisogno umano. Basta guardare i tassi di alfabetizzazione per capire quanto sia stato lento in Italia questo processo di emancipazione sociale che porta ad aver bisogno della conoscenza e dell’emozione che passa per il libro e la lettura. Invece in altri paesi, prima della televisione e perfino prima del cinema, ci sono stati trenta, cinquanta, anche cento anni di alfabetizzazione in cui si sono formate generazioni di lettori e una più generale abitudine alla lettura. Quando, come ovunque, sono arrivati potentemente e prepotentemente i mezzi di comunicazione di massa, la televisione, i media elettronici e poi quelli digitali si sono trovati di fronte abitudini già consolidate. La lettura si è comunque ridotta, ma non nelle dimensioni italiane.

 

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