C’è stato gran dibattito online tra addetti ai lavori dell’informazione, ieri sera, dopo che un importante dirigente di Facebook, Mike Hudack (capo della gestione dei prodotti pubblicitari), ha pubblicato sulla sua pagina uno sfogo contro l’impoverimento della qualità dei giornali americani, vecchi e nuovi. Salvando solo New York Times, Washington Post e Wall Street Journal (e in piccola parte Vice), Hudack ha accusato il declino dei contenuti e la pigrizia del lavoro dei giornali e delle testate tradizionali insieme a quello dei nuovi progetti online (Buzzfeed, Huffington Post), disprezzando anche il recente Vox. E concludendo che “È difficile capire di chi sia la colpa, ma qualcuno dovrebbe sistemare questa merda”.
Il giudizio era da una parte condivisibile, dall’altra probabilmente sbrigativo e presuntuoso nei toni (ancora di più visto da qui in Italia, dove Hudack starebbe già girando per le edicole imbottito di tritolo, altro che sfogo). Ma soprattutto alzava la palla a una reazione piuttosto ovvia e altrettanto condivisibile da parte di diversi dei giornalisti ed esperti di cose online che sono intervenuti a commentarlo.
@mhudack We should talk about your take on news. My perception is that Facebook is *the* major factor in almost every trend you identified.
— Alexis C. Madrigal (@alexismadrigal) 22 Maggio 2014
“È notevole che queste cose le dica un responsabile di Facebook”, è stata insomma la risposta prevalente, “dal momento che Facebook e la domanda dei suoi utenti sono il fattore principale di questo abbassamento di qualità”. E anche questo è in effetti vero, ma sbrigativo e autoassolutorio: per quanto da ieri sera interventi e discussioni sono stati assai più approfonditi, accanto ad alcune risposte offese e risentite dei chiamati in causa. Lo scaricamento del barile della scarsa qualità su Facebook e le sue logiche demagogiche (dare agli utenti quello che vogliono) è solo un’evoluzione altrettanto codarda della tesi stessa per cui i giornali danno ai lettori quello che vogliono. Ognuno è responsabile della qualità di quello che produce, di quello che offre, e di quello che diffonde: inoltre, come dice giustamente il Washington Post, non bisogna confondere la qualità del giornalismo (fondatezza, affidabilità, correttezza, chiarezza) con una pretesa “serietà” dei contenuti. I giornali coprono i temi più diversi, e i grandi giornali li coprono tutti, stabilendo delle gerarchie (anche se il declino dell’importanza delle homepage sta rendendo irriconoscibili queste gerarchie).
Ma è interessante che si discuta – sia chi cerca una propria indipendenza da questo andamento che chi vi si è consegnato – della demagogia informativa e dell’influenza di Facebook e delle sue dinamiche di successo dei contenuti sul cambiamento e sul peggioramento di buona parte dell’informazione. Sono tutte cose vere: il cambiamento, il peggioramento, la demagogia, il ruolo di Facebook, l’arrendevolezza dei media arrendevoli.
Non ho capito perché Hudack dovrebbe girare le edicole italiane con il tritolo. Cosa centrano gli edicolanti con la qualità dei giornali? Non dovrebbe girare le redazioni?
1 – Perché bisogna sempre insultare gli utenti di Facebook? (mentre quelli di Twitter vengono esaltati, in virtù di pregiudizi modaioli alimentati dalla propaganda del tipo se usi il pc sei sfigato se usi mac sei un genio)
2 – La domanda di “merda” non l’ha creata Facebook, così come non ha creato i suoi utenti trasformando in “merda” una popolazione di raffinati intellettuali.
3 – E il WP non dice nulla “giustamente”. Per me la qualità del giornalismo implica eccome la serietà dei contenuti. Altrimenti è giornalismo anche la rivista di gossip, e allora non si dia la colpa a Facebook, o a internet, se esistono giornali di merda che vengono letti da gente di merda.
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