Derek Jeter, uno dei più grandi e amati giocatori di baseball americani, si sta ritirando: nelle sue ultime partite con gli Yankees viene celebrato e salutato ovunque va. Qualche giorno fa a Baltimora, è andato a consegnare una palla a una bambina sua fan emozionata tra il pubblico, che però non riusciva a raggiungerlo perché un paio di adulti agitati prevalevano su di lei nel cercare di impossessarsi della palla. Così il Washington Post ha raccontato la scena:
On Sunday night at Camden Yards in Baltimore, Jeter tried to hand a baseball to a little girl in the second row. A burly fan tried to take it out of Jeter’s hand. Derek jerked the ball back. Then he handed it again, this time into the beaming girl’s hand even though the same fan took another pass at it.
As Jeter turned back to the field, he looked weary. After 20 seasons of being a Yankees superstar, with his name linked to half the gorgeous women in the hemisphere and a lifetime of people wanting a piece of him, maybe he thought, “Oh, humanity.” Or perhaps, “just 68 more games and I’m done with jerks like that.”
C’è qualcosa di familiare in quella scena, per noi che stiamo molto su internet in cerca di informazioni, storie, occasioni di capire il mondo e provare a diventare migliori riflettendoci, grazie ai miliardi di stimoli che la Rete ci consegna. Internet è fatta di molti Jeter, che ci regalano cose straordinarie, a noi sugli spalti: ma spesso davanti, nelle prime file, alcuni di noi più sovreccitati si mettono in mezzo urlando in cerca di infantili e momentanee gratificazioni, e magari neanche si accorgono di rovinare un po’ una cosa molto più grande di loro, una comunicazione molto più estesa. Che resterà grande ed estesa, ma con piccole punte di imbarazzo e dispiacere che ne contamineranno il godimento da parte di tutti gli altri.
Quel deluso pensiero finale che l’articolo del Washington Post attribuisce a Jeter, è un pensiero che sfiora e deprime un po’ chiunque, prima o poi, leggendo commenti o risposte online, vedendo litigi capricciosi, esibizioni di sé e tentativi di portare a casa un’ultima parola che si affollano intorno a storie e contenuti ricchi e preziosi. Ma non bisogna dar loro più valore di quel che ne hanno – la bambina ottiene la sua palla, ed è contenta – solo perché sono in prima fila e sono più rumorosi.
Come dice Jeter: «diamogli fiducia, avrebbe dato la palla alla bambina».
Ma sai, dipende sempre dal contesto, e il tuo riferimento non mi sembra tanto casuale.
Il gigante non sempre è buono e l’arte serve ad insegnarci anche questo:
http://it.wikipedia.org/wiki/Davide#mediaviewer/File:Caravaggio_-_David_con_la_testa_di_Golia.jpg
In pratica sta dicendo che il giornalista è una ‘superstar’ nel campo dell’informazione che cerca di regalare palle ai bambini, in lotta contro una folla di imbecilli, i commentatori anonimi, che cerca di impedirlo per il gusto di rovinare ‘il godimento’ del pubblico normale, che sarebbe quello in cerca di sentimentalismo cerimoniale, di happy ending, di rassicurante normalità. Però, è una chiave di lettura realistica e soprattutto modesta della professione di opinionista mediatico, complimenti.
Ognuno si riconosce in quello che ritiene (io nell’omaccione, tra l’altro).
Jeter un grande con grande umilta’ che ha sempre evitato scandali in uno sport iper mediatico – da non perdersi il corto della Nike per celebrare l’addio di Jeter https://www.youtube.com/watch?v=X03_bNuihLU
Grandioso Raffaele
ci servia un esempio pratico di quello che scriveva Sofri, grazie.