No, certo che non succederà mai: e probabilmente non cambieranno mai in meglio molte altre cose, in Italia. Non è il lucido disincanto razionale, però, a trattenerci dal pensarci, dal fare progetti, dal provare ognuno nel suo piccolo a migliorare delle cose. E allora, a leggere in questi giorni la serie del Corriere sui disastri di Roma e su Repubblica il commento accessorio di Michele Serra, ho pensato di condividere un’idea che da un po’ di tempo sono assai convinto sarebbe la soluzione migliore a tantissimi problemi, di Roma e dell’Italia, pur comprendendone anche alcune controindicazioni.
Spostiamo la capitale.
Non c’è bisogno che mi dilunghi sui benefici di efficienza per il paese che si avrebbero a togliere le funzioni di capitale (almeno quelle pratiche, possiamo lasciare quelle cerimoniali) da Roma: sono palesi appena ci si pensa. Altrettanto chiare – se non condivise da tutti – sono le ragioni che mi fanno pensare che la stessa Roma, città che non resterebbe certo orfana di ruoli e funzioni e attrattive, trarrebbe solo stimoli e miglioramenti dall’essere sollevata di una di queste funzioni, e dai suoi vizi e facilitazioni. Molti protesterebbero, timori per economie e privilegi sedimentati – giusti – ma dovrebbe prevalere un pensiero a lunga prospettiva e per il bene comune.
Bene per l’Italia, bene per Roma.
Poi lo so, perché capita quando se ne parla a fine cena, aspettando l’amaro, che qualcuno chiede: e dove la mettiamo, la capitale? E benché la domanda sia fuorviante – non è quella la questione, intanto consentiamo che toglierla da Roma sarebbe una buona idea – mi sono preparato qualche risposta (qui c’erano quelle di Sandro Veronesi).
A Torino, che ha una sua esperienza, sarebbe capace di tollerare un simile cambiamento, e una sua austerità incoraggiante, per cambiare regime: ma Torino, bella come è diventata, e di misura oggi funzionante discretamente, si merita un simile rischio?
A Trento, per cambiare drasticamente regime e non suggerire ritorni ottocenteschi, e tenersi sia simbolicamente che psicologicamente che concretamente un po’ al di fuori, e lavorare meglio. Anche Trieste, in questo senso. Ma forse – malgrado le distanze accorciate e internet – troppo fuori mano per molti italiani?
E insomma c’è questa cosa che, per delle ragioni che tutta l’Italia si chiede – e forse non vogliamo sapere -, a Reggio Emilia hanno messo un nodo ferroviario unico e decisivo sulla linea ferroviaria più importante del paese, una stazione dell’alta velocità. Quella c’è già. E Reggio Emilia è centrale. E l’Emilia è efficiente ma non troppo rigida, italiana senza essere troppo simbolica, piacevole senza essere molle, e altre buone cose. C’è quel problemino delle infiltrazioni della criminalità meridionale, che tutti i report segnalano in grande crescita in quella provincia: ed è il caso di farci un pensiero, ma magari è anche l’occasione per intervenire più severamente.
Poi si individua un’area per le strutture necessarie, si capisce come sfruttare quelle esistenti, ma quello è lavoro da urbanisti, architetti e ottimizzatori delle funzioni. Intanto è arrivato l’amaro, e torniamo a parlare d’altro.
No, certo che non succederà mai.
Un discorso che mi sono ritrovato a fare anch’io, dopo cena, l’altro giorno. Però la mia proposta è L’Aquila.
Ho letto il post e mi ha divertito.
Poi sono andato a leggere i link citati di Rizzostella e di Serra.
Forse da quei link mi sarei aspettato una riflesisone più importante che non una boutade sullo spostamento della capitale.
Proprio da questo blog vengono spesso evidenziate quelel distorsioni giornalistiche che finiscono in un modo o nell’altro per annebbiare l’opinione pubblica in merito ad un serio approfondimento di un dato problema.
Anche se è chiaro che si tratta di uno scherzo, questa idea di spostare la capitale non fa che alimentare l’illusione che per risolvere problemi culturalmente strutturali alla ns società, in fondo basterebbe cambiare la capitale.
Un poco come le ruspe di Salvini.
Un poco come la richista di dimissioni di Marino.
Capri espiatori e facili soluzioni, utili soprattutto a lavare la coscienza dei cittadini che possono in questo modo sentirsi sollevati dalle loro quotidiane negligenze.
Eppure il quadro che si evince dai due pezzi di Rizzostella e Serra è proprio quello di una società corrotta nelle fondamenta. Un sistema che non riguarda i grandi mafiosi e i grandi corrotti, ma che è diffusamente permeato nelle nostre istituzioni; e non si fatica a capire quanto lo possa essere anche al di fuori di esse, e quanto possa esserlo anche nel resto dell’italia.
Ritengo che il messaggio più forte de “Un grande paese” fosse proprio quello di non cercare facili soluzioni, perchè il cambiamento può e deve nascere innanzitutto dalla base sociale messa in condizioni di riappropriarsi della propria dignità senza inseguire facili soluzioni (o soluzioni talmente velleitarie non potere essere realmente messe in pratica).
Ecco dopo aver letto i due link, rido un poco meno.
leggo ora che l’Aquila era anche proposta da Sandro Veronesi!
Quelli che volevano demorire l’Altare della Patria, adottare “Volare” come inno nazionale, ecc…Io propongo come nuova Capitale Seattle, che fa tanto figo. Vuoi mettere? Tutti gli impiegati statali da Starbucks con il Mac nuovo di zecca…fantastico, no?
@Plotnikov
Sì, ma piove sempre, è imbucata, quando fai il megagoncorso ti mettono in un tendone in mezzo al bosco e già fa paura di suo, il lago fa tristezza e ora non rischi più di imbatterti nemmeno in Patrick Dempsey.
When in trouble, go big. Bella idea!
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Dove si firma? Sia per spostare la capitale da Roma, sia per metterla a Reggio Emilia. Abitando a Bruxelles, già sogno di vedere il ribaltamento della percentuale di italiani in città, che adesso sono in maggioranza romani, chissà perché, nonostante i rigidissimi concorsi delle istituzioni europee…