Le cose quando le vedi da fuori

C’è questo interessante commento sul Los Angeles Times, a proposito di Trump: meno superficiale e banale dei molti che si leggono. A cominciare dal titolo: “Donald Trump, candidato della speranza e del cambiamento”.
L’autore, Doyle MacManus, spiega come siano ingenue e pigre le ricostruzioni che attribuiscono tutto il successo di Trump alla “rabbia della classe media”. Ci sono anche un sacco di persone perbene, equilibrate, normali, che lo sostengono e che si incontrano ai suoi raduni, malgrado i media – soprattutto da noi – preferiscano pubblicare gallery fotografiche di cowboy ed esaltati. E queste persone, spiega MacManus, sono motivate da un’altra categoria di promesse di Trump, non quella di farla pagare ai presunti nemici, classi politiche, privilegiati, eccetera: ma quella di ottenere dei grandi successi, di cambiare le cose in meglio, di risolvere problemi. È un grandissimo promettitore, Trump, uno sfacciato promettitore.

Just listen.
“We’re going to make our country rich again,” Trump promised last week in Palm Beach, Fla. “If I win … Apple and all of these great companies will be making their product in the United States, not in China.”
“We’re going to bring back all our jobs,” he told voters in Tampa. “We’re going to end up having great, great healthcare … for a fraction of the price.”
“Trust me,” he added. “I know about healthcare.”
And his over-the-top, all-purpose promise: “We’re going to win so much, you’re going to get tired of winning.”
Trump knows exactly what he’s doing. “Make America Great Again — that’s optimism,” he said last month. “Some people say, ‘Oh, such negativity.’ It’s just the opposite.”
The voters who put their faith in the real estate promoter seem to think Trump can fix almost anything, including the economy, healthcare, schools, veterans’ benefits, military strength and U.S. relations with Israel. Trump, they believe, will sweep all obstacles out of the way and impose simple answers on complex problems.

Vi ricorda qualcosa, vero? Manca solo di sconfiggere il cancro. Ora ci arriviamo, ma prima chiudiamo con MacManus, che propone agli avversari di Trump di controbattere sul suo stesso terreno, smentendo che lui sia affidabile su queste promesse, e che sia l’uomo capace di fare le cose che dice: invece di contestare le sue idee politiche, la sua aggressività, il suo razzismo o la sua misoginia. Ai suoi sostenitori non importa niente di questo: lo votano per quello che lui li convince che farà, non per quello che sta dicendo o come lo sta dicendo.

E come dicevamo, c’è un caso esemplare e recente che racconta di come questa avrebbe dovuto essere la comunicazione, e di come un grande promettitore abbia vinto per anni e anni grazie all’ingenuità presuntuosa dei suoi avversari.
Ma su questa similitudine, qui da noi sta succedendo anche un’altra cosa, più piccola. Che ci sia qualcosa di Berlusconi in Trump l’hanno notato anche gli americani, e anzi loro hanno persino calcato la mano su una somiglianza con Mussolini, che a sua volta da noi è stato a lungo associato a Berlusconi, e il cerchio si chiuderebbe.
Qualche settimana fa, però, Giuliano Ferrara – longtime sostenitore di Silvio Berlusconi – aveva scritto una cosa molto severa e critica contro Trump: e molti di noi suoi lettori ci eravamo domandati “ma se ne sarà accorto?”. E qualcuno deve averglielo detto, oppure se n’è accorto, perché qualche tempo dopo ha ritenuto di intervenire sul tema, ammettendo le somiglianze tra il Trump che disprezza e il Berlusconi che apprezza, ma spiegando le cospicue differenze, secondo lui: a legittimare così le sue diverse simpatie per l’uno e l’altro.

Oggi però, scopriamo che questa contraddizione ha fatto ulteriori passi avanti nella consapevolezza di Giuliano Ferrara, a cui un caro amico – al posto nostro, pavidi – ha in effetti fatto presente non solo le somiglianze tra i due, Trump e Berlusconi: ma addirittura i simili argomenti usati dai difensori di Trump rispetto a quelli che lo stesso Ferrara adotta da sempre per difendere Berlusconi.

Il guaio è che tutto quello che Franco dice di Trump io l’ho detto vent’anni fa di Berlusconi.

Mi ricorda i miei argomenti contro Ernesto Galli della Loggia o Sergio Romano o Piero Ottone o Scalfari e compagnia agli albori del berlusconismo incalzante: spiccicato.

Di Ferrara è ammirevole e rara – insieme ad altre note doti – la disposizione a riflettere, ammettere e convivere con i propri errori ed eccessi (forse anche troppa, direi io: più un’inclinazione che una disposizione): forse però questa volta non c’è bisogno – come conclude severamente il suo articolo – di arrivare ad ammettere di non capire più la politica, ora. Forse il problema era prima.
(detto con ironia, come direbbe lui)

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3 commenti su “Le cose quando le vedi da fuori

  1. Julian B. Nortier

    Sinceramente credo che sia preda ed effetto della tendenza giornalistica a semplificare, la similitudine tra Trump ed il “peggior” Berlusconi.Non mi risulta che-ma è solo uno tra i vari esempi-Berlusconi abbia mai preso in giro un giornalista handicappato o fatto allusioni al ciclo mestruale di una giornalista della sua parte(e,a quanto io ricordi,nemmeno in generale);per non parlare che Berlusconi non ha mai nemmeno sognato di contestare il Papa(cosa che è invece riuscita-in modo nemmeno tanto distante da quello messo in atto da Trump-a Salvini).

    Se poi,invece,ci fermiamo a discutere del “Trump promettitore” -e non di quello delle invettive e del poco-eufemismo-politically correct-allora,è ovvio,le distanze quasi si azzerano:se non fosse che Berlusconi divenne capo dell’esecutivo,Trump difficilmente ci riuscirà.Vedremo.Ma-è questo il punto basilare-la categoria dei campionissimi delle “parole date”,specie nella politica italiana,è dai tempi di Achille Lauro che non conosce requie; con Berlusconi c’è stato solo un cambio-deciso-di linguaggio:da quello ovattato “demitiano”(e predecessori)a quello popolare(e popolano) che poi ha avuto il suo acme-benchè con visioni differenti,forse-nei grillini etc.e,con derive estremiste,nella “nuova”lega con ambizioni nazionali.In questi paragoni-che sembrano nati per spalare fanghiglia,copiosamente,su Berlusconi-si omette sempre-colpevolmente- il nome del suo naturale erede politico:quel Renzi che credo proprio-al netto del vivere in un paese ancora più bigotto degli States-non abbia nulla da invidiare ai due “promettitori” di cui sopra.Pia illusione pensare che lo “showman” miliardario Donald assomigli solo e soltanto allo “showman” miliardario Silvio.Un Trump quarantenne,magari,ma il nostro,ahimè,premier quello è:un politico che fa promesse-quasi sempre non rispettate-solo che è più furbo e meno viscerale di quelli da lui anagraficamente più distanti.Anagraficamente,non politicamente

  2. bugiaggo

    Mi pare che proprio Umberto Eco e forse anche Asor Rosa già anni fa discutessero di come la classe politica italiana fosse un modello, dal punto di vista dell’immagine, per quelle degli altri paesi occidentali (e non). Non ricordo a quale governo facesse rierimento proprio Asor Rosa, forse Andreotti. Infatti non molto prima di morire lo stesso Eco, riferendosi a Trump, affermò che “ancora una volta i nostri politici avevano fatto scuola”. Qualcuno ne sa di più al riguardo? Chiedo anche allo stesso Sofri.

  3. Raffaele Birlini

    Perché i miei commenti vengono bloccati dalla moderazione? C’è qualche criterio specifico da rispettare per evitare che succeda? Non che siano commenti meritevoli di evitare la spazzatura e scansare l’oblio, lo chiedo solo per sapere cosa sbaglio quando utilizzo del tempo per commentare un post che mi stimola a dire la mia.

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