Se dovessi spiegare a un bambino cos’è il 25 aprile e costringermi a non mentire a un bambino, gli direi che è una giornata che i media dedicano ai pochi fessi che dicono scemenze contro la Resistenza, perché altrimenti non se li filerebbe nessuno e l’anniversario di un evento così grande e importante come la Liberazione dai nazifascisti li metterebbe troppo in ombra. In quella giornata, gli direi, e nelle seguenti, giornali e telegiornali e siti offrono diverse pagine di spazio ad alcuni poveri ignoranti che o difendono il fascismo, o attaccano gli ebrei o i partigiani, o attaccano briga, con varie iniziative la cui promozione da parte dei media è un impegno che costituisce oggi la vera natura e attualità del 25 aprile: aiutare queste persone tristi.
Grazie a questa tradizione – una sorta di campagna sociale – tutti gli italiani possono quindi ogni anno convincersi non che in tutta Italia si sia celebrata la Festa della Liberazione, ma che in tutta Italia abbiano litigato e si siano insultati intorno alla Liberazione, collaborando così in maniera decisiva alla realizzazione dei desideri di visibilità di quei poveri ignoranti: i commentatori riscrivono ogni anno gli stessi commenti allarmati, gli stessi richiami all’unità del paese, le stesse analisi sul “25 aprile di tutti”, e noi le leggiamo e ci allarmiamo e scandalizziamo, e poi le si ripongono per l’anno successivo. È una tradizione che offre quindi sia spazio alle minoranze che lavoro a un settore in crisi (e per questo va apprezzato anche l’impegno annuale dei gruppi di fessi), e quindi dobbiamo rallegrarcene e sperare che si mantenga viva e forte nella cultura nazionale anche negli anni a venire. Ma non c’è da preoccuparsi, piccoletto, è un paese dalle tradizioni solide.
La grande tradizione del 25 aprile
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