È un format che vediamo spesso online o in certe tv americane: si mette un personaggio pubblico di fronte ai commenti online che lo riguardano, spesso critici o offensivi, a volte facendoli leggere a lui stesso. Il risultato di solito fa simpatia o fa ridere. Altre volte meno, come nel caso di questo video in cui due giornaliste sportive – categoria particolarmente soggetta alla violenza troglodita di parte del suo pubblico – invitano degli uomini, ignari, a leggere loro ad alta voce dei commenti volgari e aggressivi che sono stati rivolti loro su internet.
Il risultato è che vengono messi in imbarazzo, mortificati, dispiaciuti, gli innocenti lettori dei commenti, che obbediscono con difficoltà alla richiesta di ripetere quei commenti davanti alle destinatarie. Il messaggio del video vuole essere che forse nemmeno gli autori veri di quei commenti avrebbero il coraggio o la cattiveria di dir loro quelle cose in faccia.
Ho scritto “il coraggio o la cattiveria” perché chi scrive cose aggressive online (la violenza vile sulle donne è senza paragoni, ma ci sono estesissime e varie sfumature di violenza e risentimento permanenti e sbadati, sui social network) lo fa spesso con vigliaccheria, e non sarebbe capace di ripetere le stesse cose in faccia ai destinatari – come ha giustamente notato Nina Moric – ma altre volte sono (siamo) solo persone che non si fermano a pensare alla sgradevolezza prepotente delle cose che scrivono, e all’effetto che queste cose fanno: sui destinatari, sugli altri che guardano, su loro stessi.
E quindi se video come questi – e la domanda “glielo diresti in faccia, lo incontrassi per strada?” – possono trattenere persino i codardi in cerca di rivalse personali, tanto meglio; ma magari sono dei buoni promemoria anche per chi è indotto a pensare, davanti a un computer, che dall’altra parte delle cose che scrive non ci siano delle persone vere, come queste due signore.
Pensate a dirle in faccia, le cose che scrivete. Che scriviamo.
La cosa del dire in faccia come prova provata del valore di ciò che si dice e di chi lo dice mi è sempre sembrata una sciocchezza. Ci sono cose sbagliate e cose no, e sono slegate dal coraggio di dirle in faccia al destinatario.
Io non credo che Luca Sofri direbbe niente di stortoin faccia al campione mondiale dei pesi massimi che gli frega il parcheggio, anche se ne avrebbe le ragioni. E magari potrebbe scrivere mezz’ora dopo un bel post giustamente critico sui prepotenti che fregano il parcheggio. Non troverei niente di biasimevole nel ricorso al web rispetto al vis-à-vis.
Caso piuttosto raro, se non unico, direi (poi parla per te). O stai sostenendo che il ricorso al web per insultare delle donne sia per paura di essere menati? L.
Questo programma-questo format- non mi sembra granchè orginale.Per quanto mi riguarda,sincero come sono,a dire in faccia le cose che scrivo si frappongono due “piccoli” problemi(posto che una cosa è il sarcasmo,la battuta,la critica,anche feroce,altre la volgarità-che prescinde,spesso,dal turpiloquio in sè-l’invettiva,la minaccia,il bullismo aspetti questi 4 sempre da rigettare,in ogni comunicazione,ca va sans dire),eccoli i due ostacoli alla sincerità:
quelli a cui-parlo di me,ma penso valga per tanti-scrivo nel modo crtiico sarcastico di cui sopra sono A) dei VIP-si,parola schifosa lo so-a cui raramente è possibile rivolgere-ammesso che prestino attenzione,critiche dirette; sono spesso inavvcinabili,specie se politici o icone pop (e certi politici lo sono,ormai) B) se un nazi scrive-esempio a me caro- una bestialità,in quel caso farglielo rilevare è il minimo,non c’è etichetta che tenga; cioè:dipende pure da cosa si risponde e a chi.Ovviamente si,se il punto A fosse eliminato,io non avrei problemi a dire di persona ciò che scrivo.E più la critica è feroce più le maniere civili nell’esporla le danno linfa.il B.,invece,è imprescindibile;puro buon senso e,termine desueto,civismo.
Ciò detto,da lettore abbastanza affezionato a questo blog,Caro Sofri,ma anche-come nel mio caso,bloccare una persona perchè ti ha criticato(parlo di me,certo) è-per quanto in buona fede un atto,per quanto piccolo o in buona fede,di vigliaccheria.Se ci volessi pensare @ilmondoperfetto,sbloccami:la critica che non piace,quando la si ferma si fa,nè più ne meno,lo stesso che insultare.Da illuminista a illuminista (spero).
boh, non lo so. questa cosa del “dimmelo in faccia” secondo me la butta sullo “sfidarsi”, ma è comunque una reazione che suona provocatoria ed un pò ci colloca sullo stesso piano dell’altro.”
Selvaggia Lucarelli fa qualcosa di simile rintracciando gli autori e chiamandoli
Secondo me é giusto farlo, non é una questione di sfida ma é un modo per stimolare una forma di educazione alla convivenza digitale.
Non abbiamo ancora imparato ad usare le potenzialità della rete, siamo come bambini a cui hanno messo in mano una Ferrari .
Se qualcuno non ci aiuta in fretta a moderare la velocità da soli rischiamo seriamente di schiantarci.