Era bella, l’intervista di Staino a Ellekappa sull’Unità di sabato, e lei spiritosa.
Non ho capito bene a chi alludi. Ti riferisci ad una persona del nostro recente passato o a D’Alema nel nostro immediato futuro? Anche se, a pensarci bene, non ha la erre moscia.
«Non facciamo di questi paragoni. Nei miei sentimenti D’Alema non potrebbe mai appartenere alla categoria del disprezzo. Da sempre D’Alema è stato il mio mito, il leader della sinistra che più ho stimato e ammirato, di cui mi fidavo ciecamente. Dunque provo solo dolore per le sue posizioni attuali. E non me le spiego, perché nell’attuale segretario del Pd vedo solo la prosecuzione di D’Alema con altri Renzi. Furono D’Alema e Veltroni, in nome della realpolitik, a entrare nel Camper di Craxi nel 1990 per cercare un accordo con quello che a sinistra veniva considerato un vero nemico, che Berlinguer aveva già definito un giocatore di poker, e con le nubi di Tangentopoli che si stavano addensando su tutti i craxiani. Fu sempre D’Alema a informare Occhetto che doveva andarsene in quanto “tecnicamente obsoleto”: dunque la rottamazione non l’ha inventata Renzi. E il duro scontro con la Cgil di Cofferati, sindacato definito dal mio leader Maximo “sordo e grigio”. Come dimenticare l’estenuante fase della Bicamerale con Berlusconi per le riforme costituzionali e poi, per inseguire l’elettorato leghista, la famosa riforma del Titolo V approvata a colpi di maggioranza. Insomma, il massimo che può rimproverare a Renzi è che lo stia copiando, e pure bene visto che qualche risultato riesce a ottenerlo».
Bella davvero, da mandare a memoria.