Non sto parlando del merito, o di torti e ragioni sul referendum, d’accordo? (anche se questo ricatto continuo del dover spiegare, premettere, anticipare sta diventando una specie di squadrismo via web: ci torneremo). Quello che mi interessa è il caso esemplare su una questione di giornalismo di cui abbiamo parlato a suo tempo, e come è stato raccontato.
I giornali hanno dato esteso spazio a una contestazione nei confronti dei leader della minoranza PD (assenti) alla riunione della Leopolda. Diversi articoli lo hanno definito un “coro“; per il Corriere, inevitabilmente, era un “coro da brivido“, con addirittura “mezza Leopolda che grida «fuori fuori! fuori!»”. Io non c’ero e non so come sia andata, ma persone che c’erano hanno riferito di pochissimi presenti, forse persino uno o due, che hanno urlato “fuori” (dei fessi, ovviamente) in riferimento alla minoranza PD. Uno di loro ha sostenuto tra l’altro di essere stato l’unico, e ha negato di essere stato seguito, spiegando che gli altri si sono alzati in piedi ad applaudire Renzi: anche in questo video l’impressione è che abbia urlato solo lui, o al massimo non più di un paio di persone. Gli altri si sono alzati per applaudire quello che Renzi stava dicendo, e questo ha creato rumore e agitazione intorno, ma a urlare “fuori, fuori” non sembra proprio un “coro”: giudicate voi. Altri hanno raccolto testimonianze simili.
Adesso, può darsi che le ricostruzioni dei testimoni siano false e di parte, o che sia loro sfuggito un vero coro di folla e di “mezza Leopolda”. Può darsi che “mezza Leopolda” abbia urlato dei cori “fuori fuori” e nei video questo non ci sia, o che ci siano video che non ho trovato. Diciamo che non lo escludiamo: non ho dati sufficienti per negarlo.
Però consideriamo invece per un momento quello che i dati in nostro possesso in questo momento suggeriscono più plausibilmente: che ci siano state ovvero da una a tre persone che hanno gridato “fuori fuori”. E questo è stato trasformato dal racconto giornalistico in “cori”, “mezza Leopolda”, “la platea”, che contestava Bersani. E su questo allarmante racconto sono state imbastite ennesime ipotesi di scissioni; e poi lo stesso Bersani, richiesto di una reazione, non ha domandato “ma siete sicuri?”, o “quanti erano?” o “sicuri non fosse uno dei soliti squinternati che ci sono sempre, anche quando parlo io?”; ma ha invece detto immediatamente delle cose severe e preoccupate sui “cori” (avrebbe avuto ragione, se ci fossero stati i cori) e poi anche sulla dirigenza – “se il segretario dice ‘fuori, fuori’ bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto” – (e ha avuto torto, visto che il segretario non l’ha detto, ovviamente). E allora altri leader del PD gli hanno risposto, in una polemica che ha occupato entusiasti spazi di news e che ha incarognito persone e posizioni, se fosse stato necessario incarognirli ancora, ed è diventata un ulteriore pezzo di “dibattito politico” e di politica stessa. Come li trovi, accordi e unità e compromessi, quando le cose si spingono fino ad attribuirsi volontà di espulsione, persecuzioni, teppismi, da una parta e dall’altra?
Allora – ripeto, ammettiamo che sia andata così – questa sarebbe la conferma più esemplare, da scuola di giornalismo e di politica, di una tesi su cui ammetto di avere insistito in passato: ovvero che il racconto distorto della cronaca politica diventa a sua volta politica, diventa realtà e fatto politico con delle conseguenze. E che quindi l’informazione politica non registra e racconta quello che avviene, ma spesso racconta quello che non avviene, e però raccontandolo lo rende reale, o lo fa addirittura avvenire (e meno che mai l’informazione viene orientata dallo spin politico, anzi succede il contrario). E che questo si applica soprattutto nel campo della zizzania e della costruzione di tensioni e rotture – l’ultima cosa di cui avrebbero bisogno questi tempi. Per capirsi, io non credo che ci sarà nessuna “scissione nel PD”, sulla quale i giornali titolano da anni senza aver mai reso conto ai propri lettori di anni di fallimento di questa previsione: però la cronaca politica dei giornali ce la sta mettendo tutta.