Adesso dico questa cosa che mi fa sembrare quello che va contromano in autostrada: ma tutta la letteratura degli scorsi giorni su “i giornali non hanno capito Trump/i giornali hanno sottovalutato Trump” è basata su una balla, ed è diventato un pigro format del giorno dopo motivato appunto da pigrizia e conformismo di analisi, e da ricerca di capri espiatori e bersagli da criticare (e non sono sospettabile di indulgenza nei confronti degli errori dei giornali).
I giornali non avevano capito Trump un anno e mezzo fa, sottovalutando la sua candidatura quando avvenne: ma questa discussione l’abbiamo già fatta e messa in archivio da un pezzo. Almeno da questa primavera i giornali di tutto il mondo hanno seguito e coperto i successi crescenti di Trump con enormi spazio e attenzioni: quelli americani sono stati persino accusati di averlo sopravvalutato, Trump, e aiutato. E per le settimane precedenti le elezioni tutti gli allarmi sui giornali – che sono stati continui, enfatici – su una possibile rimonta di Trump, sono sembrati persino esagerati: è vero che probabilmente erano spesso dettati più dall’inclinazione al sensazionalismo che da una reale conoscenza esatta (che non aveva nessuno) ma questo non cambia che sia ridicolo oggi sostenere “non era stata prevista”. (Il direttore del Foglio oggi lo scrive di nuovo per sfottere i giornali americani, ma confonde gli endorsement con le previsioni: e i primi casomai sono stati incentivati dalle previsioni preoccupate, non dalle previsioni a favore di Clinton).
Quello che è successo – e questa è la smentita più importante alla narrazione schematica per cui nel giro di una notte si è rovesciata un’idea dell’America, che gli sciocchi avrebbero immaginato clintoniana e invece era trumpista (“L’America di Trump”) – è che nel giro di una notte, rispetto alle previsioni si è spostata una piccola ma decisiva quota di voti.
Come già sapete tutti, intanto, Clinton ha avuto più voti di Trump: nell’ordine dell’1% dei voti finora, ma si fanno ipotesi che la differenza possa crescere (non sono ancora stati completati i conteggi). Ma soprattutto, i voti che hanno permesso a Trump di vincere negli stati in bilico che hanno fatto da ago della bilancia sono davvero pochi (naturalmente, pochi quanto bastano):
This election was effectively decided by 107,000 people in these three states. Trump won the popular vote there by that combined amount. That amounts to 0.09 percent of all votes cast in this election.
Quindi tutto quello che state leggendo da giorni sull’incapacità dei giornali – e di tutti noi scemi che non stiamo ammettendo di non avere capito niente – di “capire” Trump, è frutto della scelta dello 0.09% degli americani che hanno votato. 107mila persone, non sono poche, in assoluto: ma ad avere rovesciato il racconto delle elezioni e del mondo è lo 0,09% degli americani che hanno votato (lo 0,03 degli americani, quindi), come accade spesso con le cose che diamo per frutto di ineluttabili meccanismi di causa ed effetto. Questo non significa minimizzare il risultato delle elezioni: ma la storia era già avvenuta ed era già chiara a tutti, ed era che Trump fosse in quest’anno arrivato fino a lì, fino a un passettino dal diventare presidente (la seconda storia era la debolezza di Clinton, anche quella arcinota): e queste storie, peraltro, non sarebbero cambiate se quei 107mila avessero votato Clinton (e invece ora stareste leggendo “l’America di Hillary”).
Erano quelle decine di milioni di americani per Trump, la storia: martedì scorso c’è stato solo il passettino, 107mila in più aggiunti a circa 60 milioni di cui sapevamo.
E direi quindi che su questo possiamo metterci d’accordo: i giornali, per primi quelli americani, non sono stati capaci di prevedere il voto dello 0,09% degli elettori americani.
Quello che lei scrive è verissimo. Però a fianco c’era anche questo.http://www.ilpost.it/2016/05/22/la-teoria-del-cigno-nero-e-tutti-noi/ insomma io penso che facciamo un po’ tutti fatica e che questo sia normale
Direttore, come al solito lei è il miglior cane da guardia contro la pigrizia giornalistica nostrana. Ma sui numeri non sono d’accordo. Quelli che cita – ritengo – sono fuorvianti: Trump avrà anche vinto per 107mila voti meglio distribuiti di Hillary, ma il racconto delle scorse settimane non si è basato su (o a partire da) questi 107 mila. Nel giro di una notte non si sono rovesciate le preferenze un paio di strade di NewYork, ma milioni di voti (tutti quelli che Hillary non ha preso, più quelli che nessuno aveva immaginato Trump prendesse). Nessuno, né in America né altrove, aveva mai raccontato dei voti necessari per la vittoria elettorale partendo da una situazione di parità, quella reale, ma dal differenziale dato di giorno in giorno dai sondaggi. Anche perché, dire e ripetere che basta un voto in più (o – in questo caso – di un pacchetto di grandi elettori in più) è cosa banale. Per la Clinton si parlava di aumentare la distanza, per Trump di recuperare uno svantaggio. Prima della storia dell’Fbi, si parlava di dieci punti di distacco, che come capirà sono ben più di 107 mila voti. La narrazione ne è stata influenzata fino all’ultimo: chi ha evitato figuracce divinatorie come il buon Costa si è tenuto buono le probabilità fino all’ultimo, dicendo che era improbabile ma non impossibile che Trump vincesse. Ma da qui a dire che era stato capito, o raccontato in termini di pochi voti (quali 107 mila sono) di distacco, ce ne vuole.
E figuriamoci se un presuntuoso come Sofri ammetterà mai di “non averci capito niente”.
“E direi quindi che su questo possiamo metterci d’accordo: i giornali, per primi quelli americani, non sono stati capaci di prevedere il voto dello 0,09% degli elettori americani.”
Si si è proprio cosi, come no.
Raccontatevela.
Io non ci ho capito niente, ma non ho la pretesa di raccontare come va il mondo, nella vita faccio un altro mesitere, mi sono fidato di quello che leggevo:
http://www.nytimes.com/interactive/2016/upshot/presidential-polls-forecast.html?_r=0
“Mrs. Clinton’s chance of losing is about the same as the probability that an N.F.L. kicker misses a 37-yard field goal”
Si si Sofri lo 0.09%.
Caro Linux, devo pensare dopo averti letto, di essere così intelligente che da quaggiù, con le sole letture de Il Post del presuntuoso e del NYT, io ero molto propenso a pensare che vincesse Trump. Non scrivo che fossi sicuro perché potrei sembrare presuntuoso, ma avendo io, lei e tanti altri cannato di brutto una ventina di anni fa, difficilmente mi dimentico di quante persone votavano il nano senza mai averlo confessato ad anima viva. Perché avrebbe dovuto essere diverso in un paese puritano ed anche molto calvinista?
I numeri vanno presi per quello che sono, a volte presentano quadri sorprendenti.
In questo caso, che sproporzione fra causa e effetto… Fa pensare: le persone contenute in uno stadio decisive per una caterva di questioni a livello planetario. (Ovviamente, a livello delle politiche ufficiali e governative. Per fortuna, non è tutto lì, e certe correzioni possono venire dai movimenti. Com’è sempre stato, no?).
Beh mi sembra un po’ una forzatura. Fino a una settimana fa dicevate tutti che la Clinton avrebbe vinto in un landslide e che Trump non aveva nessuna possibilita’. Il problema non e’ se abbia vinto o perso di 100.000 voti, il problema e’ che a leggere i giornali sembrava che Trump dovesse perdere di milioni di voti, che i Repubblicani dovessero perdere Camera e Senato, e che la Clinton avesse messo insieme una macchina inarrestabile e infallibile. La Clinton ha fallito dimostrando che 1) i giornali avevano torto; 2) buttare milioni di euro in sondaggi, ground game etc senza avere un candidato decente non serve a nulla; 3) Tutti i “tabu'” che Trump ha calpestato senza troppi problemi (tasse, battute sulle donne e sui soldati caduti, etc) sono evidentemente tabu’ per i giornali ma non per gli elettori, che sono un po’ piu’ “sgamati” di quello che si crede. Poi possiamo anche raccontarci che abbiamo sbagliato solo per centomila voti, per carita’.
@Cleooo: secondo me ti sbagli. Ma puoi mostrarmi qualcosa che dimostri che “dicevate tutti che la Clinton avrebbe vinto in un landslide” e che “la Clinton avesse messo insieme una macchina inarrestabile e infallibile”. Io non l’ho notato, ma in quel caso cambio volentieri idea.
@gianluca.amato: quello che dici ha in parte senso, ma mi pare che anche tu confonda sondaggi e analisi: ovvero il “non aver capito/previsto Trump” dei giornali. Io parlo della seconda accusa, ampiamente smentita non solo da titoli e articoli dei giornali prima delle elezioni (se devo, produco dei link, ma credo li abbiate tutti presenti), e dalla reale distanza in numeri tra quelle previsioni e i risultati. Che i sondaggi fossero in buona parte errati (anche perché le loro letture sono spesso sbrigative) è un’altra cosa.
@Luca Sofri se vuoi rispondo io per @Cleooo: nelle settimane dei dibattiti, Francesco Costa disse che Clinton era nella posizione di decidere se vincere o cercare di stravincere. Per tutta la campagna, ha detto, basandosi su dati e fonti autorevoli, che la macchina di Clinton era molto più smart e ricca di quella di Trump.
Questo non per accusare Costa: l’ho seguito con interesse per tutta la campagna, e non ha sbagliato più di tutti gli altri osservatori. Però adesso non facciamo gli gnorri: chi si informa principalmente su ilpost.it era, diciamo, più sereno di chi segue altri media mainstream, perché a ilpost avete insistito sul fatto che Trump era gonfiato dall’enfasi dei media mainstream stessi, ma poi avrebbe capitolato. Costa ha riportato più volte che i sondaggi sottostimavano Clinton. Paradossalmente, l’accusa di non avere capito Trump in questo caso vale più per voi che per gli altri quotidiani…succede
Non so Trump, ma la mia impressione è di una insufficiente comprensione della Clinton.
Non rimprovero tanto l’incapacità di realizzare che il suo carisma è pari a quello di un termosifone (rotto), ma proprio di averla idealizzata e trattata per quello che non è — e probabilmente non ha mai inteso essere.
Qui, ad esempio, veniva collocata sic et simpliciter a “sinistra” (laddove all’arriffapopolo Sanders si attribuiva l’intenzione di creare/insinuarsi-in uno spazio ancora più a sinistra); senonchè a stretto giro — o, come si dice nei fumetti: poco dopo… — veniva fuori che la diretta interessata si considera “Center-Left to Center-Right”. Ora: certi concetti hanno un po’ di gioco, e la signora ha idee piuttosto camaleontiche; resta, però, la grossa problematicità di considerare “di sinistra” uno che “parla alle banche” come San Francesco agli animali, e farebbe scoppiare una guerra mondiale per il timore che “un nuovo Ruanda” incomba sulla sua tavernetta.
Sembra anche a me che attaccarsi a quei 107.000 voti sia un po poco per nascondere l’ampiezza della vittoria di Trump, cito volentieri “gianluca.amato14 novembre 2016 at 12:38
Direttore, come al solito lei è il miglior cane da guardia contro la pigrizia giornalistica nostrana. Ma sui numeri non sono d’accordo. Quelli che cita – ritengo – sono fuorvianti: Trump avrà anche vinto per 107mila voti meglio distribuiti di Hillary, ma il racconto delle scorse settimane non si è basato su (o a partire da) questi 107 mila. Nel giro di una notte non si sono rovesciate le preferenze un paio di strade di NewYork, ma milioni di voti (tutti quelli che Hillary non ha preso, più quelli che nessuno aveva immaginato Trump prendesse). Nessuno, né in America né altrove, aveva mai raccontato dei voti necessari per la vittoria elettorale partendo da una situazione di parità, quella reale, ma dal differenziale dato di giorno in giorno dai sondaggi. Anche perché, dire e ripetere che basta un voto in più (o – in questo caso – di un pacchetto di grandi elettori in più) è cosa banale. Per la Clinton si parlava di aumentare la distanza, per Trump di recuperare uno svantaggio. Prima della storia dell’Fbi, si parlava di dieci punti di distacco, che come capirà sono ben più di 107 mila voti. La narrazione ne è stata influenzata fino all’ultimo: chi ha evitato figuracce divinatorie come il buon Costa si è tenuto buono le probabilità fino all’ultimo, dicendo che era improbabile ma non impossibile che Trump vincesse. Ma da qui a dire che era stato capito, o raccontato in termini di pochi voti (quali 107 mila sono) di distacco, ce ne vuole.” Direi che in questi termini saremmo più vicini al non aver capito nulla.
saremmo più vicini al non aver capito nulla
@Linux. Forse ti sei fidato di quello che leggevi, ma non lo hai capito. Il NYT diceva che la probabilita’ di vincere di Trump era il 15%. Il 15% vuol diure circa 1/6, non vuol dire mai. Per intenderci, e’ come la probabilita’ di morire giocando alla roulette russa una volta sola (un colpo in canna su sei). Fammi capire: tu alla roulette russa giocheresti? Io, no. Insomma, io di football americano non me ne intendo, ma evidentemente uno che se ne intende capisce cha la probabilita’ di fallire quel colpo piazzato e’ abbastanza alta: una volta su sei, si fallisce. Mi spiego meglio: il 15% e’ circa la probabilita’ che a Milano un giorno a caso d’inverno piova. Tu ti stupisci quando a Milanod’inverno piove? Pensi che sia un evento eccezionale? Io, no.
Il problema e’ che molti non capiscono il significato della probabilita’. Una probabilita’ di vittoria del 15%, per uno come Trump, e’ altissima. Altro che sottovalutato.
@ggiudici: continui a fare confusione. Io non ho ovviamente scritto un post per dire: al Post avevamo previsto la vittoria di Trump. Sarebbe stato ridicolo, e soprattutto chissenefrega. Certo che tutti davano per favorita Clinton, ci mancherebbe. Ma è falso che “i giornali non abbiano capito Trump” e sono sciocche le accuse di averlo sottovalutato e di “non aver capito l’America” o la realtà. La dimensione del sostegno di Trump è stata estesamente raccontata e presa sul serio, e quello che ha fatto la differenza – che c’è, ci mancherebbe – non può essere trasformato in un capovolgimento totale di letture, come se la realtà fosse un sistema maggioritario in cui chi vince ridisegna a posteriori tutto. Nessuno sapeva come sarebbe andata: nel novero delle possibilità c’è stata sia una grande vittoria di Clinton che una rimonta di Trump, con successive oscillazioni. Ma se le elezioni sono state un Titanic, allora “C’è un grosso iceberg!” in questo caso l’avevano detto in molti e l’avevano presente in molti. Poi non si è riusciti a scansarlo, di pochissimo, e questo ha affondato la nave.
@Stefanof Grazie per la lezione sulle probabilità, anche se non necessaria, ma non sono certo uno di quelli che “non accetto lezioni”, anzi io sono sempre in cerca di lezioni, però magari prima di accusare qualcuno che non si conosce di leggere e non capire io ci andrei piano.
Ad ogni modo la mia critica a Sofri che se la racconta dicendo che “tutti avevamo capito, e che in fondo si è sbagliato di poco”,è che certo Trump aveva probabilità di vittoria e nessuno l’ha eslcuso, e ci mancava pure questo, ma da qui a dire che l'”avevamo capito tutti” ce ne passa.
Inoltro Sofri vuole separare i sandaggi dall’analisi politica, come se quest’ultima non fosse stata influenzata dai primi.
Ed è proprio qui l’accusa a giornalisti ed analisti, si sono basati esclusivamente sui numeri, sui sondaggi, certo utilissimi ma non esaustivi a capire una situazioni complessa come questa.
E non è certo sufficiente aver detto che Trump aveva probabilità di vittoria, per poter dire “l’ avevamo capito tutti”, è una farsa, una presa in giro.
I giornalisti non ci hanno capito niente perchè sono stati pigri, hanno raccontato la realtà leggendo numeri che mai fotografano completamente il reale, ed in più se sono sbagliati il risultato è un disastro.
Poi può anche essere che sono uno dei pochissimi a non averci capito niente, c’è una probabilità anche qui, non sono certo un presuntuoso io.
Siccome vedo qualche altro caso di equivoco per cui questo Post – che aveva altri orizzonti e riferimenti – sarebbe un’autodifesa mia o del Post: per sgombrare il campo, rimando a questo post di giugno. Se le mie intenzioni fossero state così banali e personali, mi sarebbe bastato citare quello. Non lo erano, stiamo parlando assai più estesamente dell’accusa fatta contro giornali e commentatori di “non avere capito Trump e il suo sostegno” (e quindi di non capire il mondo, la realtà, la sofferenza e incazzatura della gente, eccetera), non di avere sbagliato le previsioni su chi vincesse.
http://www.wittgenstein.it/2016/06/25/cosa-sta-succedendo/
“negli Stati Uniti, dove è in ballo che gli argomenti di Trump facciano il colpaccio”
@Luca Sofri Non sto dicendo che stai facendo autodifesa, né sto polemizzando: sto analizzando serenamente. Secondo me, nonostante le valutazioni di Costa e del Post fossero palesemente molto meglio informate di quelle degli altri, voi più di altri avete finito per sottovalutare Trump sulla base dell’expertise che avevate.. Il che non significa che dicevate che il problema non ci fosse: avete detto che c’era, e grosso, ci mancherebbe. Però, il vostro framework era, come quello di altri media (es. il New Yorker) “il trumpismo, anche se minoritario, sopravviverà a Trump e dovremo farci i conti”. Sembra una valutazione solo quantitativa, ma è anche qualitativa. Credo comunque di non starmi spiegando bene, quindi la mollo qui…ad ogni modo, spero si sia capito, il mio non era un “non avete capito niente perché siete nei salotti!!1!1!” di quelli che si sono letti in questi giorni
Avevo lasciato un altro commento ma forse non ha funzionato perché era troppo lungo. Davvero, direttoee,- miro il suo giornale e il lavoro incredibile che ha fatto Francesco Costa per “coprire” le elezioni. Ma se la maggior parte dei giornali il giorno prima danno hillary intorno al 90% significa che escludono esattamente quello che dice lei, cioè che una fluttuazione insignificante possa portare al risultato opposto. Altrimenti è più onesto dire “non lo so”, il rischio è grosso, i dati non mi permettono di dire niente. Oltre a questo ci sono una serie di letture e interpretazioni che probabilmente erano tutte sbagliate, come stressare il voto anticipato, il fatto che le donne fossero spaventate da trump, etc.
Comunque sia, l’articolo del Washington Post e i relativi garfici (per chi si è dato la pena di leggerli) corregge la lettura di una grande vittoria di Trump (leggersi i titoli dei quotidiani di quei giorni) dimostrando che il meccanismo delle elezioni americano lo ha favorito in modo abbastanza casuale (107.000 voti non sono certo molti), spostando il risultato di tre stati chiave. Questo, mi pare il succo della questione, in termini numerici, e apprezzo che Sofri lo abbia riportato come contributo per chiarire cosa è successo.
Da un punto di vitsta più ironico, vi invito a leggere qui:
http://www.internazionale.it/opinione/giovanni-de-mauro/2016/11/03/amicizia-elezioni-clinton-trump
anche questo è un lato poco noto di come sono andate le cose, e fa pensare.
Ultimo commento: secondo me il problema vero per cii la lettura è un po’ forzata è che hillary cljnton non ha perso di 100.000 voti, ma dei 5 milioni di voti che ha perso rispetto a obama. Se li avesse avuti non ci sarebbe stata partita. Trump in proporzione non ha perso così tanti voti, nonostante fosse descritto sempre come un candidato improbabile.
Trump, i media americani l’avevano capito eccome, e quueto chiarische anche perché si siano affannati ad endorsare Hillary Clinton, anche quelle testate che normalmente non si esprimono. Il “pericolo” era evidente e anhe molta stampa tradizione americana è establishment o è ritenuta tale.
Francamente mi lascia un po’ perplesso il tentativo di separare nettamente analisi e previsioni: se le previsioni non fossero state inadeguate (la questione dei 100 mila voti decisivi lascia il tempo che trova, anche perché si immaginava uno scarto molto diverso) probabilmente Trump sarebbe stato preso più sul serio e magari l’analisi si sarebbe concentrata meno sulla persona della candidato, discutibile quanto si vuole, e più sulle ragioni del suo consenso, che per me rimangono la cosa più interessante da capire. Purtroppo i sondaggi errati condizionano l’analisi ed è inevitabile che succeda se ci si fida troppo di questi dati.
Come ha detto già qualcuno, l’impressione che ho avuto è che gli organi di stampa non abbiano saputo comprendere le priorità di una buona fetta del corpo elettorale USA, immaginando che certe esternazioni infelici di volgarità e incompetenza da parte di Trump contassero molto più di quanto si sia verificato nei fatti. Quindi non si può dire che il fenomeno Trump fosse compreso pienamente, almeno nelle sue reali dimensioni.
A me sembra che a fianco di analisi e previsioni ci sia anche un’altra questione in sospeso che riguarda i media e la scelta di grosso modo metà dell’elettorato americano. Si fanno da molti anni analisi anche solide sul ruolo dei media nella costruzione del consenso, compreso il saggio di Noam Chomsky con lo stesso titolo, che identificano nei media un elemento centrale nell’accompagnare e influenzare le simpatie pubbliche. In questa competizione elettorale i media americani hanno formato un’onda compatta di opposizione a Trump, ma nonostante la compattezza questa non ha avuto gli effetti di spostamento attesi. Gli umori hanno preso una direzione diversa che, se non è stata maggioritaria, è stata abbastanza diffusa da far vincere Trump. Ecco, questo dell’efficacia dei media nella formazione del discorso pubblico e del consenso mi sembra un ulteriore elemento importante nelle mutazioni in corso, e forse la diffusione dei social non è l’unico elemento da tenere d’occhio per osservarlo.
Credo che effettivamente Trump l’avevano capito tutti, e che invece nessuno ha capito veramente Clinton: o, meglio, nessuno ha capito quanto inadeguata fosse agli occhi degli elettori.