Il quarto disco dei Toto, noto come “totofór”, Toto IV, uscì oggi 35 anni fa, nel 1982. Come si vede da un’abitudine adolescenziale (avevo diciassette anni), io e mio fratello ci mettemmo un mese e mezzo a decidere di comprarlo, ma allora tutto era meno immediato.
In quel mese e mezzo probabilmente avevamo già ascoltato un mezzo milione di volte in radio i due singoli “Rosanna” e “Africa” (in mezzo ci fu “Make believe”, ma andò peggio), che negli anni successivi tutto il mondo avrebbe ascoltato mezzo miliardo di volte. Poi il disco vendette uno sfracello di copie, e vinse sei premi Grammy. Erano i Toto, “rock per adulti” come si sarebbe chiamato, disdegnato dagli amanti del rock più inventivo e duro e puro, e considerati però eccellenti manovali del genere, musicisti che suonavano con i più grandi. Nel 1978 il loro primo disco era andato molto bene (aveva dentro due pezzoni come “Hold the line” e “Georgy Porgy”), mentre i successivi due così e così. Toto IV andò fortissimo, e non si inventò niente ma fece benissimo quello che si poteva fare con del rock americano da autogrill, arrangiamenti ricchi e orchestrali (a cui collaborò James Newton Howard, grande compositore di colonne sonore), e qualche canzone indovinatissima: e rimase nei cuori di un sacco di noi, che nella musica spesso contano più delle teste.