Un lettore del Post laureando mi ha segnalato come molte delle cose che notiamo oggi nel linguaggio giornalistico vengano da lontano e fossero state citate in un saggio del linguista Tullio De Mauro contenuto in una estesa Storia della stampa italiana in sei volumi pubblicata nel 1976 da Laterza. I libri non sono più in commercio, ma ho trovato a un buon prezzo una copia di quel volume su eBay. E il testo di De Mauro è in effetti molto interessante: parla dell’uso della lingua italiana nella storia del giornalismo italiano dall’Ottocento a oggi, delle sue evoluzioni, dei suoi meriti e delle sue colpe. Insegna diverse cose su tempi remoti e sulle ragioni storiche di certi sviluppi, e poi mostra quanto siano antiche certe questioni di cui oggi parliamo come attualissime. Naturalmente De Mauro parla molto di linguaggio (è più volte citato anche l’uso sciatto e ingannevole delle virgolette), e di quanto sia antico (ma sconfitto) il fastidio per quella che poi è stata chiamata “lingua di plastica“.
Ma è più interessante il discorso sul disinteresse del giornalismo italiano verso l’uso e la citazione delle fonti, discorso già ampiamente articolato nel 1976:
E soprattutto sulle conseguenze gravi di questo disinteresse. De Mauro spiega con grande efficacia come una notizia sia più credibile e affidabile tanto più essa è confutabile e contestabile: ovvero fornita di dettagli, contesti, fonti. Le notizie che danno meno garanzie ai lettori non sono quelle implausibili, ma quelle vaghe.