Un po’ alla volta si comincia a dire che la narrazione per cui rabbia, risentimento, egoismo e aggressività che affollano questi tempi sarebbero tutti spiegabili con le ragioni degli ultimi e degli sfortunati è molto parziale ed elusiva, e spesso serve ad assolvere le frustrazioni di piccoli e grandi privilegiati del Primo Mondo che chiedono di più: oggi Michele Serra su Repubblica, con l’esempio delle smodate proteste della sorella di Cristiano Ronaldo per il mancato Pallone d’Oro.
La frase della signora (a partire dall’invocazione a Dio, che c’entra come i cavoli a merenda) è una specie di bandiera del nostro pauroso momento storico, che non è affatto condizionato dal lamento degli ultimi (bastonati e naufraghi, come dall’alba dei tempi), ma dalla bile dei secondi. Di chi ha avuto molto, ma pensa non sia mai abbastanza. Di chi considera la sconfitta un’onta anche se arriva dopo cento vittorie, e nel merito degli altri vede solo una sporca trama.
O anche:
La misura nelle parole usate per definire i propri guai è una delle cose che abbiamo perduto, convinti tutti che terribili persecuzioni e sfortune si accaniscano sulle nostre nobili e autorevoli esistenze.
Poi non significa che non si debba tenerne conto, di questa “bile dei secondi”: anzi, distinguerla dalle fatiche degli ultimi è prezioso. Ma pensare che siano la stessa cosa e che si affrontino negli stessi modi (“tornare a parlare con le periferie”) è un’ingenuità superficiale che non tiene conto che mentre ci chiediamo come “redistribuire” intanto si stanno alzando le aspettative di tutti.