Bisogna tornare a parlare a

Ci sono due cose che si dicono spesso, intorno al generico e grossolano concetto di “elettorato”, che una volta ogni tanto è il caso di mettere in discussione: in realtà, quasi tutte le formulazioni che pretendano di attribuire tratti comuni a milioni di persone, vite, teste, sono un imbroglio, così come gli usi demagogici e superficiali del termine “popolo”, eccetera. Ma ne cito qui solo due, appunto.

Una è quella che va sostenendo che ci sia un esteso “elettorato di sinistra” che storicamente ha votato per il PCI e per le sue evoluzioni successive, fino al PD di Renzi: e che ora non lo vota più e si è “spostato” – l’elettorato di sinistra – su altri partiti, soprattutto il M5S e pure la Lega. Ora, sarebbe facile ribattere che un elettore “di sinistra” smette di essere di sinistra se vota un partito che ha poco di progressista e molto di destra, come i suddetti: e quindi quello non è “un elettorato di sinistra”. Ma non voglio spostare la discussione sul tema di cosa sia il M5S (sulla Lega mi pare che possiamo convenire).

Il punto è che non esiste, non in quelle dimensioni nelle quali vi si allude, “l’elettorato di sinistra”. Le persone che hanno pensieri progressisti, riformisti, non razzisti, democratici, non egoisti e che privilegiano un senso civico di appartenenza a una comunità in quanto tale e come mezzo di miglioramento della vita di tutti, sono e sono sempre state una quota esigua degli elettori dei partiti “di sinistra”. I milioni e milioni di persone che li hanno votati sono sempre state in gran parte persone che avevano un desiderio di cambiamento e di miglioramento delle proprie condizioni, per le quali persone i partiti di sinistra sono stati convincenti nel rappresentare questo desiderio. Non esiste paese al mondo in cui le maggioranze dei cittadini sentano dentro di sé i principi della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo o i valori delle costituzioni democratiche. Li impariamo a scuola o da qualche buon esempio e maestro, nel migliore dei casi ne registriamo alcuni, ma poi vogliamo ottenere il meglio per noi stessi, e quella resta la nostra priorità: almeno per le maggioranze di noi. A seconda di quanto facciano invece prevalere differenti principi progressisti e il bene di tutti sul nostro, alcuni possono – se proprio vogliono – definirsi o meno “di sinistra”.
Ma che votiamo partiti di sinistra non ci rende di sinistra, non è mai stato così. I partiti di sinistra hanno avuto la fortuna e l’intuizione – per decenni – di fare proprio il voto di tante persone non di sinistra: nei momenti migliori sapendolo usare per farle diventare un po’ più di sinistra.

Poi i tempi sono cambiati, le intuizioni sono calate, le fortune svanite, e quelle persone là sono andate a votare altri. A dirla completa, sono andate a votare partiti che hanno avuto un’intuizione nuova e più avanzata: somigliare a quelle persone, invece che rappresentarne i desideri. Rappresentare noi stessi come siamo invece che quello che potremmo essere: i nostri egoismi, i nostri razzismi, le nostre frustrazioni, le nostre mediocrità, i nostri bisogni di nemici, di capri espiatori, di sentirci vittime e incolpevoli dei nostri destini. Nei momenti peggiori aumentandole, tutte queste cose.

Perché sto dicendo tutto questo?, cosa ne facciamo? Perché sono sterili i discorsi sul “recuperare l’elettorato di sinistra” passato ad altri partiti, visto che non c’è l’elettorato di sinistra (quello di sinistra davvero è rimasto, o in parte non vota): la riflessione che andrebbe fatta è su come recuperare un elettorato che non è mai stato di sinistra e che si è dimostrato disponibile a muoversi, in tempi completamente cambiati – ma che molti pigri e stagionati osservatori trattano come il Novecento – senza smettere di essere un partito di sinistra.

E qui, benché l’abbia fatta già lunga, aggiungo una seconda ingannevole lettura sull'”elettorato”. C’è, tra chi fa politica e chi ne scrive, quest’idea rigida e monocorde dei rispettivi elettorati: salvo scoprire poi che se Trump diventa presidente non lo possono avere votato soltanto dei cowboy texani con gli stivaloni e il fucile. Tutte le analisi macchiettizzano enormi quote di una popolazione che non è mai stata tanto diversificata come oggi: le “periferie”, la “classe media”, i “giovani”, gli “anziani”, le “donne”, sono solo alcune delle macrocategorie a cui di volta in volta si decide che “bisogna rivolgersi a”. Ma queste macrocategorie sono molte cose diversissime al loro interno, oltre ad essere a loro volta minoranze, sempre. Un pensiero che sposta tutte le attenzioni su una soltanto a ogni fallimento dell’attenzione precedente (“bisogna tornare a parlare a quelli che prendono l’autobus” ho sentito dire a un aspirante segretario del PD di recente) è un pensiero cieco e superficiale, che ogni volta perde il pezzo precedente, conosce un solo registro, e poi li perde tutti. Prendete Renzi e la sua palese incapacità di conservare il consenso di una gran parte di elettori che si sentono esclusi dalla trasformazione del mondo contemporaneo e che non condividono le meravigliose sorti progressive del presente promosse da Renzi stesso: quella miopia è stata sconfitta, come si sa. Ma il risultato è che oggi viene sostituita da miopie nuove e da progetti di maggiori attenzioni “alle paure della gente” che stanno perdendo completamente di vista una cospicua parte di italiani che quel pensiero di contemporaneità, di trasformazione progressista e di prospettive promettenti lo condivideva (ricordo che il PD è stato ancora il secondo partito alle elezioni) e lo condividerebbe tuttora, ma lo vede sparito da qualunque idea di Italia circolante. Molti di quelli, si vede già, guardano con indifferenza ed estraneità alle primarie del PD. Persi anche loro (buona parte di loro, certo).
“Bisogna recuperare i giovani”, e però “bisogna pensare agli anziani”: ed è vero, sono vere entrambe. Il consenso si recupera recuperando “i consensi”, e lavorando su più fronti e con più progetti e visioni di un’Italia molto varia: molto varia. Non sarà “una soluzione” che salverà i partiti di sinistra in Italia – qualsiasi siano -, non sarà un deus ex machina: a meno che quel deus ex machina non abbia uno sguardo assai più mobile e duttile di quelli di noialtri persi a chiedere indicazioni nelle periferie.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro