Noi e i nostri peluche

La cultura della riga in mezzo, e noi di qua e loro di là, e di qua amici e di là nemici, distrugge le vite quotidiane e le democrazie occidentali, creando la sottocultura de “gli amici dei miei nemici sono miei nemici e i nemici dei miei nemici sono miei amici”: esistono solo il bianco e il nero, si diventa amici dei peggiori e nemici di certi rispettabili con opinioni diverse. Ma soprattutto si classifica superficialmente ogni cosa che abbia invece mille sue sfumature e complessità, e di ogni persona si fa un mostro o un eroe: simmetricamente eroe o mostro per i nostri nemici.
Anzi, proprio perché i nemici creano un eroe, per noi diventa un mostro, o viceversa.

Adesso è il turno della comandante della nave Sea Watch 3: obiettivo perfetto della misoginia da strapaese di fascisti e sovranisti (donna, straniera, colta, altruista) ma anche poster girl perfetta per le ingenuità superficiali di progressisti disperati, e per gli scellerati orientatori del pensiero di sinistra, ovvero politici e giornali che consegnano ai loro elettori e lettori un peluche al giorno – Greta è già passata, era il mese scorso – in assenza di pensieri o progetti più impegnativi e faticosi. E un peluche è quello che chiediamo noi, elettori e lettori progressisti, per attenuare le nostre ansie e disperazioni, convinti e sollevati con qualche compiaciuto paternalismo che a farci dormire tranquilli ci pensino Greta, il ragazzino di Torre Maura, Carola Rackete, e domani qualcun altro: qui a farcela raccontare da una comunicazione strumentale in cerca di consensi e copie grazie a testimonial gratuiti, che ci tratta da rincoglioniti. E dall’altra parte, gaglioffi che fanno leva su questo per nutrire l’odio dei poveri di spirito. Come racconta oggi Annalena Benini sul Foglio in un articolo molto bello.

Si sfrutta una storia, ognuno ai propri fini, ci si serve di una donna coraggiosa che guida una nave in porto, o di un ragazzo coraggioso che difende i rom di fronte a un militante di CasaPound a Torre Maura, ci si affida a un eroe, offrendogliene immediatamente la patente e facendo il tifo, per sentirsi a posto con il proprio senso di giustizia e di coscienza. Si semplifica, si trova uno slogan: un eroe da esaltare oppure un nemico da distruggere. Sbruffoncella oppure Capitana.

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