È passato un anno da quando le strade delle grandi città occidentali hanno cominciato ad affollarsi di monopattini in sharing, e qualcosa si è aggiunto a quel primo diario dello scorso ottobre.
Intanto sono arrivati in Italia, come si sa. A Milano ora ce ne sono abbastanza, con almeno sei società, ma credo di più. Ci sono anche a Roma, dove per ragioni di rilievo e di fondo stradale non mi sembrano altrettanto pratici, ma li ho usati meno e non so. Se prendiamo come esempio di massimo successo Parigi – dove sono tantissimi, a ogni angolo di isolato, e usati assai – a Milano sono tuttora in minor numero e con delle aree di copertura del servizio più limitate, malgrado siano state un po’ estese oltre il centro-centro.
Sulle polemiche e pretese di più severe limitazioni si possono dire due cose, opposte: da una parte è vero che ci sono un sacco di utenti cialtroni o incoscienti, che li abbandonano malamente e in posizioni fastidiose, o che li guidano altrettanto malamente intralciando il traffico oppure sui marciapiedi frequentati e creando pericoli. Come si dice sempre, il problema sono le persone, non gli strumenti (poi c’è quella cosa delle armi che mostra che non è tanto così, ma non divago). Dall’altra va anche detto che è chiaramente la novità a creare agitazioni e irritazioni: nessuno pretende di vietare le automobili perché un sacco di gente le parcheggia in doppia fila, né di vietare le biciclette quando un ciclista sta in mezzo alla strada o quando una bicicletta scalcagnata resta settimane legata a un palo sul marciapiede. E a Milano c’è una grande indulgenza sulla discutibile abitudine di andare con la bici sui marciapiedi, giustificata dal fondo sconnesso di alcune strade.
Sull’uso e la praticità aggiungo o ripeto poche cose rispetto a quelle dell’anno scorso: sono il mezzo più comodo e immediato per spostarsi in città (e il più piacevole per visitare le città, vedendole: l’effetto Vespa di Nanni Moretti in Caro Diario è l’attrattiva maggiore), vanno guidati con attenzione – sono il tipico strumento facilissimo da usare sulle prime e con cui non bisogna però mai distrarsi – e sono un po’ instabili soprattutto sul pavé e i sanpietrini (ma i Circ sono ammortizzati un po’ meglio), evitate assolutamente di usarli sul bagnato, spesso non sono dove la app dice che dovrebbero essere ed è abbastanza antipatico, a volte non si attivano, e alcuni si comportano in modo odioso fuori dalle aree di pertinenza. Mentre certe società permettono di lasciarli fuori con un sovrapprezzo o con una tolleranza, o avvisano tempestivamente che state uscendo dai confini, altre vi costringono a più lunghi rientri alla base a velocità ridottissima dopo avervi permesso di uscire di diverse centinaia di metri.
Probabilmente ha senso regolamentarli come le biciclette, mentre mi sembrano esagerati e ciechi i proibizionismi allarmati di cui si parla in queste settimane, sia a Milano che a Parigi (inciso: a Parigi sono tuttora tantissimi e usatissimi, non confondete gli annunci con la realtà). Mi sembrano più un miglioramento della vita che un peggioramento, al netto dei fastidi, sbuffi e indignazioni che molti di noi non riescono a trattenere sulle novità: certo, se la quota peggioramento la controlliamo e attenuiamo subito (alcune società a Parigi convocano lezioni pubbliche di guida, tipo alla spianata degli Invalides) magari non ci succede la Cambridge Analytica dei monopattini.