Il governo di lavarsi le mani

I commenti agli annunci di Giuseppe Conte di ieri sera sono stati assai unanimi: l’impressione di quasi tutti è che le nuove limitazioni introdotte siano piuttosto insignificanti, e che Conte non abbia avuto il coraggio di commisurarle ai rischi realistici delle prossime settimane ma solo ai peggioramenti già avvenuti nei giorni passati. Come dice Claudio Tito in prima pagina su Repubblica, “ieri non è stata assunta sostanzialmente nessuna decisione. Tutto rinviato. Tutto procrastinato ad un prossimo bilancio di contagiati e di vittime, di terapie intensive e di guarigioni”.

Già a marzo il governo si era comportato così, però. Misurando di giorno in giorno la crescente paura delle persone e degli interlocutori in generale da cui riceve pressioni, per fare scelte di severità crescente e conseguente. In questo momento le resistenze a maggiori chiusure sono molto forti, e le notizie sulle conseguenze della crescita dei contagi non ancora abbastanza sconvolgenti: questo equilibrio dà come risultato il divieto delle sagre e l’altra manciata di limitazioni proclamate ieri sera. Quando vedremo cose peggiori, il governo si sentirà di poter chiudere di più, sempre agendo “tempestivamente dopo”.

È interessante notare a margine la strategia di comunicazione scelta dal governo, di giustificare la mancata individuazione di luoghi maggiori di potenziale infezione dove intervenire (i mezzi di trasporto, dicono le opinioni prevalenti; poi ci sono pareri sui bar e ristoranti, o sulle palestre e lo sport, e quelli che dicono le scuole; ma il governo li ha comunque ignorati tutti) con la tesi che la crescita dei contagi si debba invece a trascuratezze di comportamenti individuali e che la loro riduzione (dei contagi) sia possibile mettendo con maggior frequenza la mascherina e lavandosi spesso le mani. Conte ha insistito molto su questo ed esibisce da giorni la sua mascherina come non faceva a marzo o aprile (ed è stato esemplare il suo passaggio sulle palestre: non luoghi eventualmente a rischio per condizioni di fatto, ma in cui qualcuno si comporta male). Ma quella più insistente nello spostare sui comportamenti individuali la responsabilità di una pandemia è stata la ministra De Micheli domenica da Lucia Annunziata (il problema sono quelli sulla metropolitana con la mascherina sotto il naso, ha detto). Non lo fanno per cercare capri espiatori, ma per sostenere che non ci siano pericolosi focolai da chiudere o limitare e che il problema sia un altro, di cui non può occuparsi il governo.

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