Ampliganda

C’è un buon articolo sull’Atlantic di cui cito un po’ di passaggi perché sono un arricchimento rispetto alle riflessioni su quali siano nei fatti le conseguenze della leggerezza con cui molti si pretendono non responsabili delle cose che scrivono o condividono online, solo per il fatto che “non sono mica un giornalista”. Ne avevo scritto qui, e in questa conversazione.
Renée DiResta, autrice dell’articolo, introduce il termine “ampliganda” per raccontare come le persone “normali”, i singoli, ciascuno di noi, sia diventato un veicolo – consapevole o no – di comunicazioni che definiscono l’informazione condivisa e anche la realtà stessa. Qualcuno decide di promuovere un messaggio propagandistico online, e alla sua amplificazione provvedono non strutturati strumenti del potere – politico, mediatico – ma noialtri sui social network.

Far from being merely a target, the public has become an active participant in creating and selectively amplifying narratives that shape realities. Perhaps the best word for this emergent bottom-up dynamic is one that doesn’t exist quite yet: ampliganda, the shaping of perception through amplification. It can originate from an online nobody or an onscreen celebrity. No single person or organization bears responsibility for its transmission. And it is having a profound effect on democracy and society.

E DiResta spiega che anche il solo “engagement” con alcuni post o hashtag sui social network – persino quando è critico – contribuisce a questo lavoro ampligandistico, sia perché la nostra partecipazione rende sempre più visibile quel post a qualcun altro, sia perché gli algoritmi leggono quell’engagement come un dato che spinge più in alto gli hashtag nelle classifiche e i post o i tweet nelle visibilità sulle timeline. Non c’è più bisogno, per i messaggi di propaganda, di bot o inganni digitali che li sospingano: ci pensano le persone.

More and more, I noticed, ordinary people had been stepping up to spread messages that, in the past, might have been amplified by bots.

Although it is tempting to believe that foreign bogeymen are sowing discord, the reality is far simpler and more tragic: Outrage generates engagement, which algorithmically begets more engagement, and even those who don’t want to shred the fabric of American society are nonetheless encouraged to play by these rules in their effort to call attention to their cause.

Social media has ended the monopoly of mass-media propaganda. But it has also ushered in a new competitor: ampliganda—the result of a system in which trust has been reallocated from authority figures and legacy media to charismatic individuals adept at appealing to the aspects of personal or ideological identity that their audiences hold most dear.

DiResta spiega che alla diffusione di messaggi concorrono interessi frammentati, non sempre unanimi, ma che il potere di questi meccanismi – forse inevitabili, ma meglio averli presenti e non lavarsi le mani del proprio ruolo – sta superando quello della propaganda tradizionale.

Each individual act of clicking or resharing may not feel like a propagandistic act, but in the aggregate, those acts shape conversations, beliefs, realities.

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