Non ci sono putiniani

“Putiniani”, cosa vuol dire? Persone che ammirano Putin come leader politico? Che ne condividono i metodi repressivi e omicidi? Che ne apprezzano le ambizioni di egemonia russa, e che approvano le sue aggressioni militari, sostenendo la necessità di conquiste territoriali maggiori? Che disprezzano la democrazia, rimpiangono l’URSS, sperano che il modello autoritario e liberticida si estenda anche al nostro paese? Che aderiscono a un pensiero o progetto politico di Vladimir Putin? Che lavorano per estenderlo e renderlo più condiviso?

Io non ho mai usato la definizione di “putiniani” per nessuno dei più scellerati, bugiardi, falsificatori, che in queste settimane hanno perdonato le scelte di Vladimir Putin, hanno trovato loro alibi e scusanti, hanno persino predicato le sue presunte ragioni. Non credo che questa quota esigua ma rumorosa di italiani con diverse visibilità sia “putiniana” in nessuno dei sensi che ho esposto sopra (così come non direi che Enrico Letta sia “grillino” osservando i suoi sforzi per dare dignità e occasioni di sopravvivenza elettorale al M5S: per fare uno dei tanti esempi di complicità per interesse che non implicano adesioni).

Non lo dico per assolvere nessuno: anzi. La sciagurata e immorale indulgenza nei confronti della guerra russa a cui assistiamo potrebbe essere persino giudicata più rispettabile se invece discendesse in effetti da un desiderio sintetizzabile in “vorrei che Putin governasse l’Italia, ammiro il suo pensiero”. Ma in realtà si tratta del risultato di valutazioni di interesse individuale di varia scala, assai più riflettute e micragnose: da quelle più concrete ed economiche, a quelle che ambiscono ad appoggi politici, a quelle in cerca di lettori e di ascolti, alle vanità personali, al bastiancontrarianesimo, al dico-l’opposto-di-quelli-che-non-sopporto, ai “mi si nota di più”. Non ci sono “putiniani”, in giro: ci sono persone che in ruoli diversi – persino nella loro quotidiana necessità di affermazione di sé nei propri piccoli spazi – usano l’aggressione russa per rosicchiare soddisfazioni di queste necessità, argomentando creativamente e ingannevolmente a favore di Vladimir Putin, o spostando altrove le discussioni (sul premiato modello di “parlateci di Bibbiano”). Raggranellatori di piccoli gruzzoletti che si fingono vittime, presunti censurati col megafono, saputi esibitori di cinismo.
(nel caso di alcuni giornali e giornalisti, poi, di chi facciano gli interessi già lo dicemmo)

Tutto questo per dire che usare la definizione di “putiniano” – per quanto chi la usa si illuda ingenuamente di affibbiare un insulto, segnare a sua volta un punticino – è invece del tutto sterile e persino controproducente: è facile per i complici di Putin trovare occasioni per prenderne le distanze o esibire circoscritti dissensi per smentire l’accusa in questione (“premesso che condanno l’aggressione” è diventato l’equivalente di “ho molti amici gay”), e mettere nel torto e nell’irrisione i loro critici. E hanno ragione, non sono “putiniani”: sono complici di Putin, complici delle falsificazioni della realtà, complici della guerra che ha iniziato e di cui è responsabile, complici dei massacri che genera, complici per personale interesse o ricerca di attenzioni e consensi. Descriviamoli con maggiore correttezza.

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