L’attenzione e la curiosità nei confronti dei cosiddetti “esperti di geopolitica”, delle loro spiegazioni e considerazioni, delle pubblicazioni vecchie e nuove dedicate alla geopolitica, sono confortanti e benvenute, e sono ammirevoli i tentativi di dare loro risposta da parte degli esperti suddetti (trascuriamo gli improvvisati, per oggi). Cercare di capire le cose è sempre bene, cercare di spiegarle pure. Dagli esperti e dalle pubblicazioni di geopolitica se ne imparano.
Poi mi resta qualche diffidenza per i limiti di un approccio – la geopolitica – che cerca di ricondurre i grandi accadimenti del mondo a fattori e meccanismi astratti e generali, da spiegare in termini scientifici o riproducendo precedenti storici (le “aree di influenza”, le “necessità espansionistiche”, la “scala più generale”), e trascurando le rilevantissime variabili umane, individuali, psicologiche che da sole fanno deragliare i complessi schemi descritti nei manuali.
Qualche giorno fa Michele Serra ha scritto un’ottima e sensatissima cosa sull’importanza di considerare la vanità umana rispetto alla “lotta di classe” per spiegare i cambiamenti politici e sociali in genere. Simili riflessioni erano anche qui, su quanto sentimenti e pensieri personali, necessità individuali, governino gran parte delle nostre azioni e reazioni e anche quelle di chi ha grandi poteri: probabilmente è una parte almeno equivalente a quella occupata dai contesti economici reali e più generali a cui spesso si ricorre per aggregare e spiegare i comportamenti di assai estese e assai varie categorie di persone.
Ecco, torniamo alla guerra e alla geopolitica: mi pare che, accanto alle grandi analisi, ci sia stata e ci sia in queste settimane una larga condivisione dell’idea che Vladimir Putin sia un fattore decisivo in quello che è successo e che sta succedendo. Senza arrivare alle ipotesi che persino una sua presunta malattia sia la causa che spiega le sue scelte recenti – ipotesi fumose che però già suggeriscono la necessità di analisi più personali -, la gran parte di quelli che chiamiamo “osservatori” e di tutti noi sembra pensare che se non ci fosse Putin le cose sarebbero diverse; che le sue singolari visioni, ambizioni, progetti, siano decisive; che se morisse, fosse destituito, o che so io, qualcosa cambierebbe sensibilmente; che insomma la persona Vladimir Putin faccia nel più moderato dei casi una sensibile differenza nel decidere i destini della guerra e di un pezzo di mondo. E allora, domando, se una singola persona e le sue singolari intenzioni, volontà e bisogni (è successo nella Storia e succede continuamente nell’attualità) sono un fattore così decisivo – non unico, per carità – in quello che è accaduto e che accade, non le staremo almeno un po’ sopravvalutando le aree di influenza, le necessità espansionistiche, la scala più generale, la geopolitica?