Come si è comportato il Post in queste tre settimane

Il sequestro iraniano di Cecilia Sala ha creato una situazione eccezionale anche per i giornali, e in un suo modo ulteriormente particolare anche per il Post, che ci ha costretti a scelte anomale e anche a qualche mancanza di chiarezza, che adesso è giusto e utile spiegare, o anche farci sopra delle riflessioni.
La situazione eccezionale per tutti i giornali è stata dovuta, come si è molto scritto, alla possibilità che la liberazione di Sala (eviterò il “Cecilia”, qui) potesse essere aiutata da un’autocensura sulle notizie e sugli aggiornamenti: e alla ovvia considerazione che la sua salvezza e protezione fossero una priorità maggiore dell’informazione pubblica. Che, come tutto a questo mondo, non è mai una priorità assoluta ma fa sempre i conti – quando è gestita con qualità e responsabilità – con variabili, contesti, attenzioni, cautele, rispetto, sicurezza, diritti, eccetera. Il giornalismo non vive in una bolla né al di sopra di tutto. In questo caso le variabili e i contesti erano particolarmente rischiosi e responsabilizzanti. E le reali necessità di informazione completa “del pubblico” particolarmente limitate, lo scrivo considerando il pubblico tutti noi, me compreso: non era importante che sapessimo ogni cosa, e chi ha scritto per pretenderlo o rivendicarlo ha mostrato una certa superficialità, o qualche strumentale interesse.

La condizione ulteriormente particolare per il Post è stata che attraverso Daniele Raineri – compagno di Sala e giornalista del Post da quattro mesi, dopo alcuni anni a Repubblica e prima ancora un lungo periodo al Foglio – il Post ha avuto dal primo momento accesso a informazioni aggiornate su quello che stava succedendo, almeno per quanto era possibile sapere. Questo non solo ha messo Daniele in una situazione delicata rispetto al proprio doppio ruolo di famiglia dell’ostaggio e di giornalista (e il Post in un conflitto di interessi sulla divulgazione di informazioni), ma ha generato all’esterno la convinzione fondata che quello che avrebbe e che ha scritto il Post fosse più attendibile, di prima mano e garantito, nella vaghezza delle cose che venivano scritte. E ha fatto sì che persino ogni singolo tweet o impressione trasmessi all’esterno dalle persone del Post rischiassero di essere interpretati in maniere ambigue o equivoche, in quanto legati a una conoscenza o a un’agenda particolari.

A questo punto sarebbe giusto spiegare quale sia stata “la scelta” del Post dal primo momento della notizia della scomparsa di Sala, quindi. Ma la verità è che non c’è stata una singola e convinta scelta: c’è stato piuttosto un cercare di adattarsi giorno per giorno a queste condizioni e alle impressioni che si potevano avere degli sviluppi delle cose. Abbiamo taciuto la scomparsa prima e la notizia dell’arresto poi, per diversi giorni, fino a che c’è stata la speranza che le cose si potessero risolvere prima che dar loro pubblicità rischiasse di complicarle maggiormente. Dal momento che il governo ha poi reso pubblica la notizia, dopo una settimana, abbiamo dato conto solo di quello che veniva detto e dei fatti inequivocabili di cui eravamo a conoscenza, muovendoci sempre un momento dopo di tutti, per evitare di essere le fonti di qualunque ipotesi se non di elementi molto singolari ed estranei alle discussioni e alle trattative del governo, e alle speculazioni sugli scenari.

Proprio perché, ripeto, non pensiamo che esistano gerarchie universali, assolute e sempre valide di priorità, ma perché queste sono da ponderare e adattare alle condizioni ogni volta che le condizioni cambiano.
Quindi quando l’impressione della famiglia di Sala è stata che la situazione non si sviluppasse favorevolmente e che la sua detenzione diventasse particolarmente pesante e preoccupante, abbiamo convenuto di partecipare – assieme ad altre testate – alla divulgazione di queste informazioni e impressioni. E quando questi allarmi – il giorno dopo – hanno ottenuto rinnovate e decise attenzioni da parte del governo, abbiamo rispettato la richiesta della famiglia di dare un credito di fiducia a queste attenzioni e di collaborare tornando a un maggiore silenzio.

In quel momento si è svolta un’interessante discussione, sui giornali, pur con qualche superficialità e sbracatura, intorno alla valutazione delle priorità di cui ho scritto. Lasciando da parte chi ha sostenuto la necessità universale dell’informazione pubblica, o chi ha elencato strumentalmente casi in cui liberazioni di ostaggi sarebbero state ottenute solo con la incessante partecipazione di grandi mobilitazioni pubbliche (senza ricordare i molti casi in cui liberazioni sono state invece ottenute solo grazie a caute e riservate trattative di cui si sapeva e si scriveva pochissimo), c’è stato invece un benintenzionato argomento a favore della necessità dell’attenzione pubblica non tanto come strumento per ottenere la liberazione di Sala da parte dell’Iran (figuriamoci) ma come strumento di pressione nei confronti dei responsabili delle trattative nei nostri paesi democratici, Italia e Stati Uniti. Argomento importante, e che aveva dalla sua l’effettiva risposta data in quelle ore dal governo agli allarmi della famiglia promossi con grande visibilità dai giornali, Post compreso.

Ma proprio considerando la rapidità di quella risposta, e rispettando senz’altro la richiesta della famiglia, il Post ha ritenuto di dare una possibilità ai responsabili delle trattative, acconsentendo e tornando per tre giorni a tacere sugli sviluppi e sulle informazioni che riceveva e a limitare così il suo lavoro e la sua responsabilità nei confronti delle persone che lo leggono, che se ne fidano, che si aspettano di esserne informate. Una possibilità a tempo, naturalmente, consapevoli che presto avrebbe potuto essere necessario rivedere questa scelta e aderire all’argomento di una maggiore pressione: come ci siamo scritti in un messaggio scambiato in quei momenti

Quel credito di fiducia, sappiamo, è stato ripagato. L’obiettivo prioritario – la liberazione di Sala – è stato ottenuto ieri, con indubitabile e riconosciuto merito da parte del governo (che non faccia dimenticare il demerito e l’ignominia di chi l’ha sequestrata, e sequestra e perseguita quotidianamente un paese intero) e in particolare della presidente del Consiglio, senza se e senza ma.
In un angolo dimenticabile di questa storia c’erano quindi anche l’unicità e la difficoltà di questi giorni per il Post, che meritavano delle spiegazioni e delle completezze, ora che si può. Non siamo mai sicuri di fare le scelte migliori, questa volta forse lo sono state, o almeno non hanno creato guai: ma la mancata condivisione con lettori e lettrici è una condizione anomala che preferiamo superare rapidamente.

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