Torno a suggerire in particolare l’intervista con Goffredo Fofi che ho citato spesso, negli anni. Ma metto qui una manciata di cose sue che erano valide quando le spiegò e restano validissime oggi. La prima, sul populismo e sul populismo “di sinistra”.
Ovviamente, pensando e studiando, per proporre un’idea adeguata del mondo e del futuro, che vuol dire ricostruendo un corpo di idee di sinistra, il che avverrà solo se si rinuncerà a piacere alla massa e si accetterà anzi di dispiacerla per lungo tempo. Indicare il vero e il giusto, in particolare in Italia dopo trent’anni di cedimenti e corruzioni d’ogni tipo, non sarà facile, e non porterà per lungo tempo molto “consenso”
La seconda, sulla priorità di intervenire sulla povertà di conoscenza e non solo su quella economica.
Ma io credo – e voglio insisterci – che in Italia bisogna pensare anche ad altri tipi di «poveri», agli oppressi della coscienza, a tutte le persone che vivono in una condizione di anomia morale o di servitù materiale […] Si può venire usati come carne da macello non solo per la conquista di un territorio o la difesa di un’ipotetica frontiera: si è trattati da carne da macello, lo si voglia o meno, anche davanti a una banale cabina elettorale.
La terza, sul rischioso compiacimento del sentirsi minoranza e sulla convinzione di meritare di più per sé (Fofi si sentiva minoranza e predicava però un ruolo delle minoranze nel cercare di diventare maggioranze):
Si tratta di lobby, alcune forti e alcune deboli, alcune governanti altre semplicemente insoddisfatte del loro posto nella scala dell’importanza. Queste ultime sono diffusissime, sono lobby di paese o di mestiere o di gusti, ciascuna con il suo egoismo e con il suo «particolare», ciascuna organizzata in una sua piccola o grande lega che alla collettività offre solo le proprie rivendicazioni, senza però nessuna preoccupazione di agire su di essa per riformarla. E si può arrivare a prendere facilmente gusto a sentirsi minoranza oppressa e a pretendere, per questo, attenzione e riconoscimenti.
La quarta, su come impiegare le proprie vite:
dedicare la nostra esistenza a qualcosa che non appartiene alla sfera della sopravvivenza, del successo o dell’arricchimento, alla sfera della cosiddetta felicità privata, ma a qualche cosa che dia valore e sostanza all’idea dell’uomo che tu ti fai e che l’umanità si è fatta nei momenti migliori della sua storia.
Goffredo Fofi è morto oggi, e l’ha impiegata bene.