La storia del pluralismo

In Italia non c’è e non c’è mai stato dal fascismo in poi un problema di pluralismo dell’informazione. Meno che mai ai tempi di internet. C’è da tempo, e ogni giorno di più, un ignorato problema di qualità dell’informazione: perché riempiendo il dibattito di allarmi sul pluralismo – un termine scelto sapientemente per legittimare il senso di qualunque tipo di informazione, anche la più scadente e inaffidabile – chi fa i giornali, chi li difende, ordine professionale e associazioni sindacali, organizzazioni in difesa di, e infine lettori stessi, hanno rimosso completamente il tema della qualità. Schiantato, lasciato a Beppe Grillo: come avvenne coi problemi della Giustizia, lasciati a Berlusconi: e le reazioni a sinistra sono infatti le stesse, come sono le stesse le difese corporative che rimuovono ogni problema e nobilitano sentenze sbagliate e giornali mediocri a baluardi della democrazia. Ogni giornale, ogni prodotto di informazione, è presentato come buono in quanto è: questo è il pluralismo italiano. Ma che mancassero le presunte “voci”, non è mai successo: è successo invece che abbiano prevalso voci che urlavano, dicevano balle e parlavano di scemenze, su quelle che raccontavano, verificavano quello che dicevano e parlavano di cose utili a capire il mondo e noi stessi. Ed è successo che questa prevalenza sia entrata e sia stata accolta quasi ovunque, e abbia vinto, malgrado isolate sacche di buon lavoro compiuto da giornalisti i cui articoli vengono però plagiati dagli stessi linguaggi assurdi e inclinazioni sensazionalistiche: ha vinto perché da anni le reti televisive di Berlusconi, i più letti quotidiani “di sinistra” e il blog di Beppe Grillo – per fare degli esempi di presunta offerta plurale – fanno lo stesso tipo di informazione, con identici linguaggi e obiettivi, e letteralmente “incredibile”.

Quindi, proporrei di eliminare questa ipocrisia della necessità di pluralismo, fino a che lo si intende pluralismo politico o di contenuti: non sono altre opinioni diverse che servono, ma opinioni formulate e costruite diversamente. Il pluralismo che serve è quello per cui accanto a moltissima informazione sciatta, irrilevante ed egocentrica ci sia anche un’offerta differente, in cui allarmismo, titolismo e ricerca di un ruolo e di un posto in classifica non siano i criteri prioritari con cui rivolgersi ai lettori.

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7 commenti su “La storia del pluralismo

  1. Pingback: La storia del pluralismo | Wittgenstein | NUOVA RESISTENZA

  2. peogbert

    Caro Sofri, nel paese in cui “i microchip avanzano” (cito) mi pare difficile che la tua proposta venga accolta..

  3. splarz

    TV, Repubblica e il blog di Grillo si rivolgevano, negli anni scorsi, a fruitori diversi tra loro, senza contare che i telespettatori erano ordini di grandezza diversi rispetto a lettori di carta e blog. In TV il problema del pluralismo era notevole e in parte c’è tutt’ora: hanno cacciato Biagi, Santoro e Luttazzi, i telegiornali erano sotto l’egemone controllo di B. (fatta eccezione del TG3), durante le regionali del 2010 B ha bloccato i talk show purchè non si parlasse di quanto male stava facendo. Da ciò derivava una informazione di pessima qualità infarcita di balle: ancora ricordo il lancio del TG5 “Napoli finalmente ripulita dai rifiuti” che m’ha lasciato sgomento.
    Perchè ci si ostina a negare quest’evidenza? L’unica voce fuori dal coro in quegli anni era AnnoZero, e andava in onda non certo per scelta editoriale di Rai2.

  4. George

    @splarz: hai fatto la solita cantilena antiberlusconiana. Ti informo che siamo nel 2014 e Berlusconi è ai servizi sociali. Smettila di vivere di nostalgia per il bel ventennio passato dove avevi un chiaro nemico contro cui sfogarti, e guarda al futuro (e magari sforzati di capire quel che leggi, e di commentare in tema).

  5. Marco Mytwocents

    Aggiungo: se questo vale per quei pochi organi di informazione “accreditati” figurarsi per lo sconfinato web.

    Dopo l’overdose del crowdsourcing, spero che ci si renda finalmente conto che “tanti” non è affatto sinonimo di qualità. In tutti i settori.

    Se la qualità deI contenuti è tema fondamentale, non meno fondamentale sarà il ruolo di chi avrà gli strumenti, la preparazione e in seguito l’autorevolezza per scremare, selezionare, proporre, contenuti di qualità.

  6. splarz

    Oh George, sforzati tu di leggere bene quel che scrivo: usi i tempi al passato perchè al passato mi riferisco. Se Sofri scrive degli anni passati e in quegli anni c’era B non è colpa mia: se ci vedo un problema di pluralismo, non solo di qualità dell’informazione, portando esempi coerenti, vorrei mi si rispondesse nel merito. Il tifo calcistico, e l’acrimonia contro le squadre avversarie, non è una cosa che mi appartiene.

  7. steamerbag

    Manca un pluralismo in verticale, mentre a livello terra, e anche più giù, c’è di tutto. Manca il giornalismo che rischia, quello vero, manca uno come Udo Ulfkotte.

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