Non che manchino agli storici e ai commentatori del tempo gli episodi efficaci per sintetizzare ed esemplificare cosa fu l’Italia all’inizio del Duemila. Ogni giorno ne capita una, e in più in questa èra tutto è registrato e archiviato. Non si saprà da dove cominciare.
Ma una parola di cinque lettere (ne avrebbe sei, ma appunto) pronunciata la settimana scorsa potrebbe bastare da sola a raccontare tutto il disastro di arretratezza, palude culturale, ignoranza scientifica, antimodernità e resistenza al progresso dell’Italia del 2010.
La parola l’ha pronunciata il Presidente del Consiglio italiano, un uomo di settantaquattro anni che guida il paese e le sue pigrizie quasi ininterrottamente da un decennio e mezzo, e ne cura la cultura e l’informazione attraverso i pigri e diseducativi palinsesti delle sue televisioni da ancora più tempo. Il paese gliene è riconoscente, che migliorare se stessi e il resto del mondo sarebbe faticoso.
Così, l’uomo di settantaquattro anni alla guida della nazione, ospita un uomo di ottantadue anni alla guida di un altro paese, l’Egitto, e durante la congiunta conferenza stampa gli spiega che “noi abbiamo dlele tecnologie, diciamo, molto avanzate in moltissimi settori” e che “abbiamo bisogno di conquistare i mercati stranieri”. E ha un primo consiglio in questo senso.
“Un uso di gògol”.
Meraviglioso. Lo trovate su iutàub.