Creduloni e ciarlatani

La discussione sull’allarmismo smodato che fu prodotto da uno sforzo congiunto di politica, organizzazioni mediche e scienziati sull’influenza suina è complicata. Ci sono autorevoli scienziati che pur riconoscendone l’esagerazione sostengono che fu un’esagerazione prudente e anche benefica nel diffondere cautele. Ma di certo le conseguenze negative in termini di mai-gridare-al-lupo e generale disinformazione sono state massicce. E in generale, chi ha responsabilità di qualunque genere dovrebbe dire solo cose che conosce e padroneggia, e sui giornali, nelle tv, e al ministero si padroneggiava poco.

Comunque, oggi ci torna Michele Serra, gettando un carico di colpa anche alla razza umana in generale – a cui appartiene sempre più schifato – composta da “pavidi creduloni”.

Rischia di farla franca, però, il vero mandante di quel delitto, che è l’isterismo salutista di buona parte degli occidentali, presso i quali qualunque allarme sanitario trova immediata e direi entusiastica adesione. Pur di impasticcarsi, ospedalizzarsi, sindromizzare ogni aspetto della vita, crearsi sempre nuove dipendenze da farmaco, c’è una marea di persone che è disposta a credere a qualunque spettro. Non sono un esperto, ma credo che l’ipocondria stia diventando una delle malattie più diffuse. Quanto è sana e giudiziosa la medicina preventiva, quanto è perniciosa e stupida quella parodia dell’immortalità che è il salutismo. Le speculazioni e le furbate dell’industria farmaceutica avrebbero molto meno spazio se la clientela non fosse costituita, in larga parte, da pavidi creduloni che evidentemente stanno perdendo ogni rapporto con la realtà materiale del loro corpo, e ne hanno fatto un fragile feticcio per il quale ogni disagio, ogni imperfezione è causa di panico.

Ora, sul giudizio Serra ha probabilmente ragione. Ma è un po’ elusivo e parziale il giudizio che ignori da dove venga la costruzione di questo “salutismo pavido e credulone”. Il “vero mandante del delitto” Serra lo conosce e la sua rubrica ne è circondata: è chi ha male informato ed educato i lettori per anni, e diffuso “qualunque spettro”. Se io ti racconto che esistono i fantasmi e tu ci credi, lo scemo sei tu: ma il mandante sono io.

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15 commenti su “Creduloni e ciarlatani

  1. rafeli

    Serra ha ragione quando dice “non sono un esperto”.
    Non si puo’ essere autorizzati a discutere di tutto, per certi argomenti forse serve essere esperti.

    Per esempio.

    Se credono che ci sia stata un’esagerazione, dovrebbero copincollare i comunicati del WHO o di altri “autorevoli scienziati” e poi dire, questi sono stati esagerati perche’ e percome bla bla bla.

    Sicuri sicuri che gli allarmi siano stati esagerati? Oppure piuttosto gli strumenti della popolazione per comprendere il reale contenuto di quei messaggi erano “esageratamente” inadeguati?

    E poi, i giornalisti che scrivevano di influenza suina, avevano gli strumenti necessari per farlo?

    Eccetera eccetera.

  2. Broono

    C’è già chi ha confermato la responsabilità dei comunicati del WHO, non serve lo faccia Serra.
    I parametri contenuti in quei comunicati, parametri che stabiliscono i diversi gradi di emergenza, vengono modificati proprio per avvallare le tesi utili alla diffusione dei farmaci, quidi utilizzarli come prova dell’opportunità di quelle diffusioni è quantomeno curioso.

    E’ una cosa molto banale ma più che normalizzata dal mondo scientifico: si abbassa istituzionalmente la soglia dela pressione sanguigna considerata “sana” = improvvisamente un popolo sano diventa per censimento un popolo di ipertesi.
    Se per sapere se quel popolo è realmente iperteso si va a guardare quale sia la soglia certificata, non si compie l’esame più furbo, diciamo.
    Lo sanno anche i sassi.

  3. rafeli

    Broono:
    su quali basi scrivi che

    “I parametri contenuti in quei comunicati, parametri che stabiliscono i diversi gradi di emergenza, vengono modificati proprio per avvallare le tesi utili alla diffusione dei farmaci..”

    ?

    E’ un sospetto? E’ un dato di fatto?

  4. lucasimonetti

    In effetti è chiaro e evidente a tutti che gli allarmi per una malattia che ha colpito (e sto parlando solo di casi *accertati*, cioè che implicano strutture pubbliche di assistenza e rilevazione efficienti) oltre 1.600.000 persone and counting e ne ha ammazzato l’1%, sono solo il frutto di “salutismo pavido e credulone”, “ipocondria”, “speculazioni e furbate” ecc. ecc. ad nauseam.

  5. Marzio

    Quoto INTERAMENTE Michele Serra.
    Ci stiamo trasformando in malati che moriranno sani.
    Forse siamo un popolo di “diversamente impasticcati”?

    Ciao

    Marzio

  6. Broono

    @Rafaeli:

    Dovrei dirti che è un dato di fatto, ma poi dovrei anche portartene le prove e non mi è possibile per motivi che a loro volta non mi è possibile eccetera eccetera.
    Facciamo che è un sospetto nato a seguito di una certa serie di esperienze nel settore.

    In supporto alla tesi, posso suggerirti di guardare questo servizio:
    http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=exit&video=39021

    Se non hai 20 minuti interi, guardalo dal minuto 9 in poi, sono una decina di minuti, un caffè e…come si dice… passa la paura.

    Purtroppo non è la puntata intera, nella quale si sono anche raccontati i diversi ruoli controllori/controllati e i legami decisamente anomali degli uni e degli altri che meglio avrebbero spiegato il quadro.
    Se hai modo di trovarla intera, la visione ti leverà certamente non pochi dubbi o, se non ne hai, te ne regalerà qualcuno che forse converrebbe risvegliare.

  7. Denis Brandolini

    Vero, il rischio che in futuro allarmi anche più pericolosi siano ignorati per via dell’accaduto è consistente.

    Ciò non toglie che è facile capire quanto sia fondato un allarme… a posteriori. E’ come se tornati a casa da una bella gita in moto lamentammo “che idiozia l’obbligo del casco… ci siamo rovinati il panorama e sofferto il caldo per nulla!”.

    Il fatto è che quanto accaduto nei paesi oggetto dei primi focolai ha preoccupato tutti, a partire dagli addetti ai lavori. Le statistiche ufficiali portarono inizialmente tassi di mortalità attorno al 2% e risposta solo limitata agli antivirali; aggiungendo a questo l’alta mutabilità del virus influenzale prendere provvedimenti fu inevitabile.

    Il fatto è che in casi del genere il confine tra falso allarme ed ecatombe è davvero labile. Tra le altre cose bisogna non dimenticare che i casi gravi di H1N1 hanno portato tutti – anche la maggioranza che si è salvata – a lunghi periodi in terapia intensiva; struttura però che ha posti strettamente limitati. Al saturarsi di questi la mortalità sarebbe inevitabilmente aumentata, per l’indisponibilità dei supporti vitali.

    Mi chiedo: invece di fare sempre dietrologia, non potremmo semplicemente tirare un sospiro di sollievo, felici che sia andata molto meglio del previsto?

    Un’ultima cosa: questa spocchia nel criticare la prudenza e attenzione alla salute inizia a diventare davvero irritante. Nessuno è obbligato a curarsi, nessuno ad essere prudente, nessuno a vivere cent’anni. Io francamente sono molto felice della consistente probabilità di arrivare a 75 anni ancora attivo e indipendente, e verosimilmente di averne poi un’altra dozzina di tranquillità e lucidità.

    Se qualcuno vuol tornare alla situazione in cui a quarant’anni si era da rottamare, liberissimo… basta solo che dopo avermi sfottuto non pretenda da me, suo coetaneo e più in forma che mai, assistenza e coccole…

  8. Broono

    L’esempio del casco, per quanto pittoresco e certamente comico, non c’entra una mazza.
    Il casco serve a proteggerti da un’eventualità incerta ma con probabilità costante e continua nel tempo, data dal mezzo che usi e dal come lo usi.
    Motivo per il quale il casco va indossato per l’intera tua “esperienza” motociclistica, a prscindere dagli episodi personali di caduta.

    Una pandemia, per quanto nell’immaginario personale dannosa quanto un volo di dieci metri dal sellino e senza casco, è al contrario un’eventualità che viene certificata tale quando risponde a determinati parametri, quando quindi da eventualità passa al rango di “certa” perché misurata e in corso.

    La differenza, che probabilmente ti parrà questione di sofismi dialettici, è esattamente il motivo per il quale nessuno si sogna di dirti di non mettere più il casco dopo che per un annetto non hai avuto incidenti, mentre chiunque oggi ti dirà che non è più il caso di continuare a vaccinarsi per proteggersi da una pandemia il cui corso è stato definitito cessato.

    Libero di prendere medicine a raffica e ci mancherebbe, non siamo in pochi a dovere il mutuo di casa al fatto che siate in tanti a difendere questa posizione, ma se la tua filosofia è quella riassunta dall’immagine del casco da te offerta a riassunto, viene di conseguenza da pensare che per coerenza tu ti stia continuando a vaccinare per ogni possibile futura epidemia di qualsiasi tipo di infezione possibile e immaginabile, con rammarico rispetto all’impossibilità attuale di proteggerti pure da quelle inimmaginabili.
    Come il casco, tipo, che ti protegge da una scivolata su macchia d’olio ma non da un laser proveniente da un ufo che qualcuno dice di aver visto e quindi non si sa mai.

  9. Marzio

    Allora mettiamola così. Il rischio può essere definito come il prodotto tra una probabilità ed un danno potenziale. Diminuendo la probabilità si opera nella direzione della “prevenzione”, diminuendo il danno potenziale di fa “protezione”.
    Il problema nasce non nel momento in cui si procede ad un’analisi a posteriori ma si cerca di prevedere il futuro con gli strumenti della scienza.
    Guardare indietro è facile. Il senno di poi è sempre tranciante.
    Ma quando ragioniamo in termini di previsione e cerchiamo di limitare ancora di più le probabilità con le quali si manifestano alcune malattie partendo da dati incerti rischiamo che il “rumore” associato ai dati sovrasti il fenomeno medio.

    Quanti di noi hanno assunto vitamina E nella convinzione che, essendo antiossidante, fosse pure antitumorale. Non sapendo che studi successivi hanno dimostrato la fallacia di tale teoria:

    http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Vitamine_e_cancro_del_polmone/1324645

    Molti altri potrebbero essere gli esempi.

    Il problema non è nella prevenzione. E’ nel paradigma all’interno del quale si muove la prevenzione.
    Paradigma che elabora modelli di interazione per lo più lineari e nella maggior parte dei casi privi di retroazioni.
    Il contrario di come lavora la natura attorno a noi.

    Ciao

    Marzio

  10. piti

    @ denis brandolini

    Per quel che mi riguarda ti auguro sinceramente di arrivare a 75 anni ancora attivo e indipendente, e verosimilmente di averne poi un’altra dozzina di tranquillità e lucidità. Anzi, te ne auguro tanti di più.

    Ma non so in quali dati risieda tutta questa verismiglianza. Un uomo campa tutt’ora qualcosa meno di 80 anni, in media, ed è da vedere come passa gli ultimi due o tre. Se tu saprai andare oltre, benissimo, ma l’ottimismo geriatrico che circola serve solo a fotterci le pensioni, non è la verità dei fatti.

  11. Andrea Fenaroli

    ah sì certo è vero, è colpa di Repubblica anche questa volta! che stupido io che non l’avevo capito…

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