Il re è nudo

La storia della lista dei parlamentari gay non racconta niente del nostro parlamento e niente dei gay: ma parecchio dei nostri media, ormai vittime del meccanismo di promozione della fuffa che hanno creato. Basta leggere il candore con cui venerdì Repubblica riportava nel suo articolo in homepage le ragioni per cui non si dovrebbe fare un articolo in homepage.

Gli autori dell’iniziativa, un gruppo di internauti anonimi presumibilmente residenti in un Paese estero, non forniscono alcun tipo di prova o dimostrazione che avvalori la loro tesi

Oggi, però, sempre su Repubblica, c’è un equilibrato commento di Michele Serra che nella sua conclusione ha la lucidità e il coraggio di dire una cosa molto controcorrente nei media tradizionali italiani.

Gli internauti in questione sostengono di rivelare “vere identità sessuali” con la stessa compiaciuta enfasi con la quale i peggiori tabloid promettono “scottanti rivelazioni” e “clamorosi retroscena” per attirare i gonzi e gratificare il pubblico di bocca buona. C’è già abbastanza approssimazione, già abbastanza volgarità (si pensi al caso Boffo, o alle parole di Fede su Vendola) nei media ufficiali perché si senta il bisogno di una loro superfetazione incontrollata, generalizzata e capillare. Se Internet diventa una metastasi della stampa più sommaria, perde del tutto la sua auspicata funzione contro-informativa e la sua utilità democratica.

Serra quindi sa, e non teme di dire, quello che in molti diciamo da tempo: che la realtà è rovesciata rispetto a come viene disegnata dai media tradizionali, che le fesserie che circolano in rete discendono dalle fesserie che abbiamo creato fuori dalla rete, che il peggio delle bufale online e degli allarmi infondati e della violenza verbale, internet lo impara dai media tradizionali, che quello che succede in rete è creato da persone in carne e ossa i cui modelli sono quelli del mondo “esterno” (se ancora esiste una distinzione): la politica, i giornali, la tv. I “media ufficiali”, dice Serra. Sono i difetti di questi modelli a propagarsi in rete, e non il contrario: e così “Internet diventa una metastasi della stampa più sommaria”.
E se la stampa diventa generatrice di metastasi – parole di Michele Serrra – è evidente che il suo ruolo si sia un tantinello spostato da quello di “sentinella della democrazia”. Forse bisognerebbe farci un pensiero.

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12 commenti su “Il re è nudo

  1. Roberto Manassero

    Mi hai fatto pensare a quello che scrive Martin Amis in “La vedova incinta”, romanzo ambientato nel 1970.

    “Non è la posta, disse Whittaker. La posta te la portano a casa. Qua dentro c’è – il mondo. Vedi?” Ed eccolo lì, il mondo: dei “Time”, dei “Life”, dei “Nation”, e poi i “Commentary”, i “New Statement”, i “Listener”, gli “Spectator”, gli “Encounter”. Allora era ancora là fuori – il mondo. E già sembrava molto silenzioso e lontano.

  2. unespressoprego

    Sono abbastanza sconvolto non per il contenuto della lista (chissenefrega), ma per la quasi totale mancanza di prese di posizione che mettano in luce l’orrore puro della cosa. Fare delle liste? Delle delazioni anonime? E senza prove? E poi prove di cosa? Di quale “crimine”? E a che pro?
    A parte il citato Serra e un articoletto sull’Unità on line non ho trovato nulla. Mah…

  3. Esau Sanchez

    Bah, mi sembra un’analisi a senso unico: se i media tradizionali si affidassero di più alla rete, avremmo centomila bufale al giorno.

    Quanto poi, ai “peggiori tabloid che promettono scottanti rivelazioni”… vogliamo parlare di tutte le intercettazioni irrilevanti che finiscono sui giornali solo perché pruriginose e che puntualmente la Rete riprende per sguazzarci?

  4. Pingback: Links for 24/09/2011 | Giordani.org

  5. Raffaele Birlini

    L’informazione è passata da cane da guardia della democrazia a mute da caccia al servizio dei partiti. Non c’è la dialettica centrodestra-centrosinistra, non c’è un’alta discussione della vita pubblica e delle gestione del paese, non c’è una classe dirigente intelligente e responsabile. Ci sono partiti che si sbranano per rubarsi l’osso di soldi e potere per conto di editori, faccendieri, potentati, associazioni, inquisitori, referenti, complici e nemici giurati. E c’è la gente che deve e vuole fare il pubblico, con la tifoseria violenta pronta a scontri nelle piazze. Se fai il cane da guardia composto e ben addestrato poi la gente si annoia e non ti compra e non ti vota, perché vuole roba forte, sesso e violenza e morte.

  6. madison

    A me ha colpito l’ipocrisia con cui tutta la stampa ha trattato una tutto sommato non-notizia. In assenza di dettagli e di possibilità di approfondimento andava semplicemente lasciata cadere. Invece no: lunghi sermoni (compreso il pezzo di Serra, a leggerlo tutto), grande risalto, ma nessuno che abbia riportato la lista, alla faccia del diritto di cronaca sempre invocato in questi casi.
    Mi chiedo come l’avrebbero trattata i giornali anglosassoni: forse ignorandola (come ha fatto Il Post), o rubricandola nelle sciocchezze, o i tabloid sparandola in prima pagina – solo dopo severe verifiche e richieste di commento agli interessati, però – ma certo se avessero scelto di stamparla l’avrebbero fatto integralmente, lista compresa.
    Da noi sopravvive (e bene in salute) l’idea pedagogica che al volgo occorre predicare ciò che è giusto, ma che la verità vada accuratamente selezionata, lasciando decidere ai chierici che cosa far passare e cosa no. Una antica pratica della chiesa cattolica, tuttora viva e vegeta anche nella sinistra. Mi pare che di fronte a questo la diatriba su da dove provenga l’informazione distorta, se dalla rete o da media tradizionali, passi decisamente in seconda linea.

  7. madison

    (Aggiungo solo che con tutta probabilità la motivazione principale di tutti i giornali per non lasciare cadere la cosa, pur se trattandola tartufescamente, è l’eterno, prosaico timore di “prendere il buco”)

  8. johndoe

    È giusto concedere anche a Serra il beneficio del dubbio anche se, visto dove scrive, viene da pensare che se queste cose non esistessere le inventerebbe lui, per poi alzare ditino e sopracciglio all’unisono e parlarne male.

    @ madison: i giornali anglosassoni farebbero quello che vggliono, e senza prendere un centesimo dei soldi pubblici.. Salvo poi, se sbagliano, pagare (in un paio di mesi e non in ventanni) paccate di risarcimenti ai danneggiati.
    Ecco la differenza, qui gli diamo soldi, e in anticipo, per scrivere queste cose, gli anglosassoni no, loro i soldi se li fanno dare dai giornali che sbagliano.

  9. reb

    della lista in se mi interessa molto poco per non dir nulla e nella norma non amo questo genere di protesta, pero’ capisco la frustrazione che ha portato a una mossa del genere, dove quel che si vuol denunciare non e’ l’orientamento sessuale delle persone – del tutto privato, e ci mancherebbe! – ma le scelte pubbliche che vanno a influire pesantemente sulla vita degli altri anche quando palesemente non dovrebbero, magari forti di privilegi che permettono a chi decide di non subirne le conseguenze

  10. heilandstark

    A me vien da pensare a Kent Brochman dei Simpsons: poco prima che gli alieni prendano il controllo della Terra manda in onda la lista di persone gay e Homer ovviamente prende nota.
    Visto che si parla di fuffa caro Direttore parliamone. Che i parlamentari siano gay non frega niente a nessuno visto che dimostrano di essere sessualmente molto aperti saltando da trans a minorenni, con discese tra le gambe delle veline o attricette nostrane in cerca di un posto al sole. Diciamo che non disdegnano nessuno.
    Ma ve lo ricordate invece voi che le Iene avevano dimostrato che molti politici erano positivi all’uso di sostanze stupefacenti? E che tale legittimo dubbio (a differenza delle preferenze sessuali che ognuno mantiene e deve mantenere per se) fu messo a tacere con il consenso della stampa e dei media tutti?
    Io non so cosa dobbiamo dire di più dei nostri polici perché si vergognino e vadano via.
    Ce li teniamo li e questo è tutto. Gay ed etero che siano.
    HS

  11. psylo

    questo pezzo mantiene una separazione tra i media tradizionali e la rete, tra una supposta ‘realta’ e quella dipinta dai media tradizionali, tra l’online e l’offline world. In tal modo si posiziona, piu’ o meno direttamente, in una delle due (op)posizioni morali in cui internet e’ vista, nel bene o nel male. Temo i presupposti del ragionamento (le separazioni di cui sopra) siano falsi. I media tradizionali modificano e sono modificati in simbiosi con la rete, al punto che non possono certo essere distinti da (e tantomeno paragonati ad) essa. Non c’e’ ‘internet che impara dai media tradizionali’ o viceversa, poiche’ essi sono inseprabilmente assemblati, concatenati, ed e’ tale assemblaggio su cui si deve riflettere e commentare, al di la’ del bene o del male delle sue parti.

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