«Gli italiani hanno bisogno di sapere come stanno le cose»
Luca De Biase, un bel post su una questione elementare ma fondamentale del giornalismo italiano.
«Gli italiani hanno bisogno di sapere come stanno le cose»
Luca De Biase, un bel post su una questione elementare ma fondamentale del giornalismo italiano.
Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.
E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.
È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.
Commenti chiusi
Da ingegnere, quoto. Oltre al fact checker ci vorrebbe un “correttore di numeri” nelle trasmissioni. E’ intellettualemente intollerabile che ognuno, su qualsiasi argomento anche il più verificabile, possa dire i suoi numeri senza timore di smentita.
La mia esperienza (piccolissima, aneddotica e tutto quello che si vuole) è che agli italiani mediamente non interessa “sapere come stanno le cose”.
Il problema però, in quel caso, è l’Effetto Dunning-Kruger… :)
Togliete il finanziamento pubblico ai giornalai di partito e rendete la RAI una televisione privata.
Ad esempio: quanto mi piacerebbe conoscere il tetto di spesa che la sanità pubblica si divora per mantenere gli extracomunitari?
Con il dovuto rispetto ma “lo slogan” in questione torna un tantino stonato in un blog che si chiama Wittgenstein; lo trovo, eufemisticamente, un po’ fuori luogo. Che ci sia la pretesa di sapere come stanno i fatti e pensare che li si debba disvelare ad un popolo ignorante mi rinvia a qualcosa di assai poco empirico e molto dogmatico. I fatti di cui normalmente trattano i giornali, politica, società, costume, giustizia, economia, sono fatti “sociali”, che appartengono al vivere sociale. Semmai ha senso dire che occorre una narrazione che parta dai fatti e sviluppi un’analisi.
http://guidovetere.nova100.ilsole24ore.com/2013/01/fact-checking.html
Occorre che sulla base di essere si possa assumere una decisione almeno informata, cioé consapevole del fatto e di come viene narrato. Pretendere che il fatto sia “oggettivo” é assurdo, poiché é filtrato da chi lo racconta che ha comunque un convincimento di esso che veicola esprimendo il proprio pensiero. Che i numeri siano fatti…filosoficamente e scientificamente non é neanche considerabile
Anzi se c’è una cosa che si può rimproverare all’informazione é quella della mancanza spesso di responsabilizzazione in chi legge dei dati, dei fatti, senza far comprendere come si sono formati, come possono essere cambiati, veicolando anche un’opinione su ciò ma mettendo il lettore in grado di farsi un’idea e quindi di valutare. Anche il fact checking, inteso come mera rappresentazione dei fatti, é effimero. Se così é allora io che leggo che “ci posso fare”? Sarò anche così e allora? Ci credo perché mi fido in chi lo dice a prescindere da ciò che dice? Come può incidere il fatto nella mia sfera e come posso agire in qualche modo per cambiarlo? Se manca questo si trasmette solo “impotenza”, “inutilità della valutazione e della scelta”, che poi si traduce in rabbia, scoramento, disinteresse progressivo.
“We live in a world where there is more and more information, and less and less meaning.” Jean Baudrillard
@Fagal
Quello che dici è parzialmente corretto ma pretendere che il fatto sia “oggettivo” é assurdo, non è vero.
Alcuni fatti sono oggettivi.
I partecipanti ad una manifestazione possono essere stimati: non è un numero che può variare da 50 a 500mila. I kilowatt ora che produce una centrale nucleare sono noti e paragonabili con quelli altri tipi di centrali. La percentuale di medici obiettori di coscienza è facilmente controllabile: non può essere l’80% o il 30% a seconda dell’interlocutore.
2+2 fa 4, sempre. Non 2 o 7. E da qui si parte per una discussione basata sulle opinioni, per capire cosa fare di quel 4 che è un dato di partenza.
L’osservazione é corretta. Ma rientra sempre nel metodo. Diciamo che i medici obiettori di coscienza sono l’80%. Detto ciò mi interessano due cose: 1) quale argomentazione da ciò sviluppi 2) Se proprio sono un lettore attento, ti chiedo di svelarmi la fonte e come viene fatto il calcolo. Cioé di rivelarmi la fonte e come é calcolato. Diversamente “l’oggettività” dell’80% é un atto di fede. Ora, nel mondo dell’informazione di massa, non conta tanto il punto 2 (a meno che tu non voglia convincere del contrario, ossia nel tuo caso che gli obiettori sono meno) quanto le conseguenze che ne trai (cioé il punto 1) Il caso esemplare é quello citato di recente degli economisti Reinhart – Rogoff e del mancato inserimento di alcune serie di dati per elaborare la tesi secondo la quale elevati livelli di debito espongono il paese a una lenta crescita economica. Ammesso l’errore, non si é formata una discussione su quali “oggettivamente” siano allora le conseguenze, al netto dell’errore. Semplicemente é stata cavalcata la questione per sostenere l’erroneità della tesi, cioé per negare tout-court che alti livelli di debito condizionano la crescita economica. Nella comunicazione di massa, nella comunicazione di fatti sociali, come il diritto, l’economia, la politica, etc.etc…, i “fatti” non hanno un senso per quello con sono ma per quello che si vuole “far significare” attraverso essi.
Vediamo un uso dei numeri per una teoria eretica
http://www.project-syndicate.org/commentary/the-mirage-of-high-youth-unemployment-in-europe-by-daniel-gros/italian