Non ho visto nessun giornalista – tranne che in alcuni tweet – approfittare della guerra ai giornalisti scatenata da Beppe Grillo per togliergli la gestione della questione e affrontare il tema della qualità dell’informazione italiana seriamente e in maniera estesa. L’informazione italiana ha inghiottito anche questo come fenomeno di colore da polemiche, indignazioni e baracconate congiunte, “non accettando lezioni”. E pazienza per Grillo, ma non si sono finora riviste simili riflessioni neanche relativamente alla più generale crisi economica del settore e alla perdita di senso dei giornali di fronte a internet, in Italia. Tanto che persino questa breve assunzione di responsabilità vista ieri sul New York Times – dico, sul New York Times – sul disprezzo conquistato dai giornali al pari della politica, è più di quello che si è letto da nessuna parte sui giornali italiani.
Some of you are nodding and saying: “Great! You journalists have brought this on yourselves.” To a large extent, we have. With our cynicism, superficiality, susceptibility to carnival barkers and tendency to see all politics in terms of the contest rather than the content, we’ve earned a level of public esteem not much higher than the one that members of Congress bask in. The repugnant hounding the reviled: that’s the Beltway media situation in a rancid nutshell.
Beppe Grillo avrà anche scatenato la guerra contro i giornalisti ma se le sue truppe sono costituite da cialtroni del calibro di quel tale che mandato in televisione, per l’anagrafe Sergio Di Cori autonominatosi vezzosamente anche Modigliani tanto per darsi un tono, non spezzerà le reni a nessuno, anzi riuscirà nella titanica impresa di far giganteggiare anche Pierluigi Battista, come si può vedere qui
:http://www.la7.tv/richplayer/index.html?assetid=50341940 dopo 1 ora e 33’ di trasmissione.
copio – incollo 2 post pubblicati tempo fa nella pagina fb del processo Rostagno:
«Qualche giorno fa Sergio Di Cori Modigliani ha avuto un momento di celebrità in rete grazie a un pezzo nel quale rivelava che la Grecia era “crollata definitivamente “ secondo quanto gli aveva riferito un suo amico neozelandese col quale stava giocando a scacchi. La clamorosa notizia (ovviamente tenuta nascosta all’opinione pubblica italiana per via della campagna elettorale e al resto degli europei per motivi tuttora oscuri) è stata diffusa in rete da Di Cori, che si è subito lanciato, non appena ha finito la partita a scacchi, “mettendosi a fare telefonate e buttandosi in rete a caccia di notizie : notizie strabilianti in Sudamerica, in Canada, in California e sembra dovunque tra i bloggers scandinavi e nord settentrionali che scrivono nelle loro lingue.” Lingue che ovviamente non conosce. Perché trattasi di bufala, diffusa da Sergio Di Cori Modigliani con consumata abilità da professionista. »
http://www.valigiablu.it/ci-dispiace-internet-la-grecia-non-e-crollata-definitivamente/
«Il 13 luglio 2011, in una inaspettata, per un’aula di tribunale, riedizione di un antico spettacolo teatrale che una volta era detto atellana, il “sociologo” Aldo Ricci che in questa farsa impersona Pappus parla di Buccus (tale Sergio Di Cori) accusandolo di avergli portato via la moglie danarosa , (dal 30° minuto). Questo tale Pappus-Ricci aveva in precedenza pubblicato un libro fasullo corredato da una prefazione altrettanto fasulla di Marco Travaglio, ma non voglio parlarne qui. Buccus ha deposto oggi facendo onore al suo immortale archetipo. »
http://www.radioradicale.it/scheda/332080/speciale-giustizia
Se consideriamo che la situazione politica ed economica in Italia è completamente impantanata, il giornalismo, almeno quello dei grandi numeri, purtroppo non è da meno. Si muove a fatica, seguendo la stessa bussola impazzita delle persone che vogliono compiacere. Rendendo ancora più difficile il compito di uscirne fuori. L’ho notato soprattutto di recente, almeno in tv, quando in quasi tutti i dibattiti televisivi i politici che vengono invitati sono spessissimo uno del Pd e l’altro del PdL. E basta. Lo stesso dicasi per i giornalisti invitati. Prima aveva senso, perché significava invitare un rappresentate del governo ed uno dell’opposizione, ma adesso? Basterebbe invitare solo uno di loro e poi magari uno di Sel o della lega (visto che Grillo ha la sua strategia comunicativa). Perchè non si segue più la vecchia e giusta regola? Cos’è cambiato? Sarò un po’ leggero, ma interpreto così il loro pensiero: se chiamo uno del Pd come rappresentate del governo e non uno del Pdl quest’ultimo mi fa il mazzo, e viceversa. E come facciamo allora ad uscire dal pantano se siamo tutti così piccoli e spaventati.
«La politica ha praticato una troppo lunga latitanza» ha detto il presidente Fieg Giulio Anselmi, commentando la notizia di oggi: «Giornali, in 5 anni persi un milione di copie». Oh no, a me pare che la politica sia fin troppo presente, in ogni modo possibile: con finanziamenti pubblici e interferenze; poi c’è da registrare l’atteggiamento compulsivo e asservito di molti giornalisti verso le vicende interne. La crisi dei giornali italiani ha ragioni proprie. Altro esempio: tranne qualche rara eccezione, da noi c’è più differenza tra quotidiani di qualità e tabloid, a differenza di quanto accade nel Regno Unito o negli Stati Uniti. Noi abbiamo un solo tipo di giornale. Un giornale con la pretesa di essere di qualità malgrado il pathos scandalistico e i rumors da portineria. Mi dite quale credibilità può avere, per esempio, il Corriere quando, nello stesso giorno, nella colonna di sinistra ospita contributi per denunciare la violenza contro le donne e favorire una cultura capace di rispettare il corpo femminile, e poi nella colonna di destra, in fondo, laddove c’è il cesso, abbonda in stranezze e nudità? http://alternativanomade.wordpress.com/2013/06/04/il-cesso-e-sempre-in-fondo-a-destra-anche-su-corriere-it/
Il tema è caldo, spinoso, e come tale si presta non solo alle battute in stile Grillo o twitter, ma soprattutto alla semplificazione dei problemi. Come se questioni complesse, contraddittorie e articolate potessero essere non dico risolte ma almeno capite proprio della loro complessità. Ormai il luogo comune vincente (anche sul Post, vedo) è che la carta stampata perde perchè il web vince. Di più: in qualche consiglio di amministrazione si sostiene che il business (i danè, insomma, come dicono a Milano) sì è spostato dalla carta stampata al web. Suggerirei di leggere l’editoriale di Pier Luigi Vercesi su Sette del 24 maggio. Dove si ricorda che il business del web è quasi esclusivamente dei produttori di tecnologie e dei venditori di connessione. Pochi, pochissimi, soprattutto ma non solo americani, e ai quali non interessa la qualità dei contenuti. La nuova religione del web suggerisce scorciatoie molto accattivanti. Ma navigare sul web porta a verificare (purchè, appunto, liberi mentalmente dalla nuova fede) che la qualità -dell’informazione, dell’approfondimento, della riflessione, della conoscenza storica- è merce rara. L’attivismo digitale porta a imparare poco, ma alimenta l’illusione di “esserci”. Anche se sarebbe sufficiente analizzare i numeri per verificare se è vero che il business ha definitivamente traslocato sul web. Qualche analisi, qualche dubbio credo che sarebbe opportuno. Per riflettere, per capire. E per verificare se la parola qualità (dell’informazione, del sapere, ecc.) ha ancora un senso, e uno spazio.
Il cesso è sempre in fondo a destra: togliete il finanziamento pubblico ai giornalai.
Togliere fino all’ultimo cent di finanziamento pubblico è il minimo ma non basta.
Mi dispiace per quei giornalisti che vorrebbero lavorare onestamente, rispettando i lettori offrendo loro la semplice verità delle cose che accadono intorno a noi, invece della propaganda a favore di Tizio o dell’odio verso Caio, ma i giornalacci italiani devono fallire, chiudere, tutti a casa e poi si ricomincia da zero. Gli editori che promuovono giornalismo pornografico vanno messi all’angolo da regole severissime e multe salate (non è censura) da pagare. Chi sbaglia paga.
Non basta certo. Ma è una buona base da cui partire.
Nel frattempo ….nel cammino di un paese che affonda due prodi timonieri come Schifani e Alfano si fanno le ferie a sbafo.
Ma ancora …Bruxelles non aiuterà le PMI. Una notizia pessima per il nostro Paese che non è stata ripresa dalla stampa italiana.