Not in my hate

Ieri c’è stato un incontro alla Camera dei Deputati sui temi dello “hate speech” su internet. Ha ricevuto lodi e critiche: io tendo a vedere i bicchieri mezzi pieni e lo giudico una cosa benintenzionata e che ha per la prima volta provato a coinvolgere, nei luoghi dove si fanno le leggi e si prendono le decisioni, un po’ di persone che su internet e i suoi meccanismi hanno competenze un po’ più longeve ed estese. Parlare con gli esperti, è una cosa che la politica fa su molti temi, delegando giustamente alle competenze maggiori le analisi, mentre su internet ognuno pensa di essere esperto e di avere capito tutto. Poi c’erano troppi temi, troppi interventi, obiettivi confusi: ma quello è il mezzo vuoto, a cui aggiungerei anche gli eccessi demolitori pregiudiziali di alcuni.

La necessità di dialogo e comprensione che superi la tradizionale macchiettizzazione reciproca incentivata dai media – smanettoni per il liberi-tutti contro imbavagliatori e censori – è secondo me uno dei temi più importanti, e appunto penso che un passetto avanti si sia fatto: malgrado alcuni giudizi suggeriscano il radicamento di questo desiderio di macchiettizzare e sentirsi i-buoni-contro-i-cattivi.
L’altro tema su cui era importante essere chiari ieri, è quello della radice della violenza e dell’odio di cui si parla: che non è internet, ma è la società in generale e le persone nei loro comportamenti. Come scrivono gli autori di Viral Hate, libro sul tema appena uscito, quello fuori da internet è

«un mondo dove gli standard tradizionali di onestà, tolleranza e civiltà si stanno rapidamente deteriorando»

Spesso – come in molti casi di bullismi tra i giovani – internet è rivelatrice di violenze che già esistevano taciute, non generatrice. E le violenze che “amplifica” e moltiplica sono figlie di comportamenti, inclinazioni e modelli che discendono da persone e responsabilità, non nascono lì. Lo ha detto molto bene Rodotà, dedicando tutta la seconda parte del proprio intervento a questo. Mia sintesi: “il problema non è internet, siamo noi”. Con che faccia vanno a protestare contro le tempeste di insulti e aggressività online coloro che seminano vento ogni giorno – quando non direttamente tempeste – sui giornali, in tv, in politica?

Mi sono permesso ieri, rispettosamente, di ricordare che nel luogo dove ci trovavamo sono state elette persone e ultimamente addirittura partiti che del “linguaggio d’odio” sono non solo soventi interpreti, ma che addirittura ne hanno fatto parte fondamentale del proprio messaggio e della propria campagna elettorale. Non vedo convegni o seminari su questo, in giro: e lo capisco, porsi il problema della violenza e dell’odio che dilagano ovunque e di cui siamo tutti responsabili ammazzerebbe qualunque buona volontà, immaginare di poterlo controllare nello spazio di internet è meno frustrante, così come pensare di relegare la questione alle scuole. La repressione è stata sempre una strada più facile dell’educazione, soprattutto di quella degli adulti.
Mi sarebbe piaciuto poter sentire qualcuno dei molti deputati presenti intervenire e difendere questi linguaggi e queste violenze, indiscutibili: non l’hanno fatto, ho immaginato non ce ne fossero, in quell’Aula del Mappamondo.

Ho scoperto invece oggi che per esempio c’erano alcuni deputati del M5S, e che con alcuni di loro ha parlato Pietro Salvatori. La disarmante contraddittorietà delle cose che dicono, e la vile sottrazione alla responsabilità, sono palesi. Mi limito a riprendere una risposta, una sintesi definitiva della confusione tra ciò che è legale e ciò che è responsabile, nel momento in cui si parlava delle conseguenze che può avere la violenza verbale, anche quando si tratta “solo di parole”.

«Credo che finché non si commette alcun reato si è liberi di dire quel che si vuole e di leggere ciò che si ritiene più opportuno»

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11 commenti su “Not in my hate

  1. tonio

    Sono tanti i fatti negativi, e alcuni raggiungono il livello di tragedia, che vengono ricondotti all’uso di internet, immaginato sempre più come un vaso di Pandora ricolmo di mali. In effetti giorni fa mi trovavo in un commissariato per rinnovare il mio passaporto e sono rimasto colpito nel vedere un discreto numero di persone in sala d’attesa, perché i loro figli avevano ricevuto noie da internet. E però, anche se la frustrazione era tanta, queste persone sembravano rassegnarsi a dover convivere con questo tipo di allarme, perché l’ipotesi di togliere la connessione al pc è davvero senza fondamento. Significherebbe buttare via il bambino con l’acqua sporca. In qualche modo tutto questo mi ha ricordato le polemiche, un tempo molto accese ed ora obsolete, sulla “tv spazzatura” e sui pericoli di un imbarbarimento che andava insinuandosi tra gli spettatori passivi. Un po’ credo che quel passaggio sia stato “formativo” per molti utenti che oggi nascondono una condotta a tratti irresponsabile sotto il tappeto di una vaga legalità. Ma poiché in questi casi le responsabilità hanno matrice solamente morale, l’imbarbarimento non si può arrestare e a compierlo sarà purtroppo una fraintesa ed abusata libertà d’espressione.

  2. lorenzo68

    Luca, non passa giorno in cui non tenti di lisciare il pelo a Grillo. Non stiamo forse esagerando?

    Ma come lo valutati il messaggio del ministro Cancellieri CHE DICE (La Stampa di oggi)
    “meno gente nelle carceri – più scarcerazione e meno arresti”

    ma come la riconduciamo questa VIOLENZA VERBALE, inaudita e oscena per un Ministro della Repubblica anche verso chi (oltre che verso i cittadini rispettosi delle leggi) ogni giorno rischia la vita nelle strade per garantire un minimo di convivenza civile? Non c’è vergogna , pudore nel presentarsi al cospetto di giornalai che fotocopiano e incollano ormai più senza porre barriere tutto quello che viene vomitato da questi signori che conducono questo sgangherato paese?

    Si sono costruite accuse da parte del PD verso i condoni berlusconiani e oggi permettiamo che per risolvere
    le carceri affollate si aprano le porte e poi i cancelli ai delinquenti?

    E’ questa la nuova frontiera di questo paese? E’ questa la propaganda di governo per risolvere il problema del
    lavoro della disoccupazione e delle aziende che chiudono? Cos’è la paura verso un comico? Non pensare che a breve
    dopo che i sindacalilisti verranno lanciati nel vuoto la gente (quella con cittadinanza italiana) sarà per davvero in piazza con i forconi?

  3. Giordano

    @Michele Mauri
    Anche io lo pensavo all’inizio, che ci fosse un pò troppo astio verso Grillo. Poi mi sono accorto che per Grillo era un vantaggio non parlare dei suoi contenuti. Prima delle elezioni, per fortuna.

  4. lorenzo68

    Uno vale uno quando è consapevole che l’opportunità unica che gli è stata offerta non è per i suoi meriti, ma per servire un Paese alla canna del gas e i suoi disperati cittadini.
    Quando invece crede di essere diventato Onorevole per chissà quali fortune, per chissà quali divine investiture, e usa il progetto di milioni di italiani per promuovere se stesso e assicurarsi un posto al sole, allora è uno che non vale proprio niente.

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