La storia della canzone è influenzata tantissimo dalla lingua in cui i parolieri scrivono, e ci sono tecniche e procedure completamente differenti se cerchi di comporre dei testi in inglese, o in italiano, o in francese. Tra le scelte che denotano maggior prigrizia e minore ricerca di originalità, con le canzoni italiane, c’è l’abuso di monosillabi riempitivi: invece di costruire dei versi efficaci che si attaglino alla metrica richiesta, molto spesso si costruiscono dei versi un po’ come vengono e poi si mettono delle piccole pezze per raggiungere la lunghezza desiderata. O si temono parole un po’ lunghe e difficili da gestire si mettono in fila articoli, pronomi e congiunzioni uno alla volta. I monosillabi e bisillabi sono un po’ come i pezzi da uno e da due del Lego quando sei arrivato alla fine del muro e gli strati non corrispondono.
Poi a volte coi monosillabi si possono fare lo stesso grandi cose, e dar loro un senso che supera ogni rischio di questo genere: prendete “E io tra di voi” di Aznavour o “Le tue mani su di me “ di Venditti o “Non son degno di te” di Morandi, in cui piccole parole diventano praticamente una sola. O “E tu come stai”, di Baglioni – che di bisillabi e monosillabi ha fatto metà dei suoi titoli – la cui grandezza è nelle implicazioni che attacca a una domanda così banale. Ora Baglioni lo ha rifatto, con una nuova canzone che si chiama “E noi due là”: e stavolta, mi pare, non è la stessa cosa.
Microsinging
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Baglioni è un ex cantante da almeno vent’anni. Ha perso la strada, e smarrito la via del ritorno. E un po’ mi dispiace.