Anni fa, quando mi dedicavo a scrivere un libro di playlist – uno dei molti che uscirono in quel periodo di rivoluzioni nella gestione delle canzoni che possediamo e ascoltiamo – mi incuriosii a un aspetto laterale e centrale che fino ad allora avevo trascurato, perché mi era sempre sembrato naturale: quelle cose che a un certo punto chiedi “perché, non è così per tutti?”. Ovvero il rapporto di dipendenza e bisogno psicologico e quasi fisico con la musica, che si manifesta in quote diverse tra le persone in modi diversi: in alcune neanche si manifesta, in altre è naturale come avere sete e bere l’acqua (con molta più assiduità dell’acqua, forse più vicino al respirare, ma con maggiori emozioni). Era uscito un bel libro di Oliver Sacks, sugli aspetti scientifici della questione, e altri studi americani simili. Feci diverse riflessioni proprio sulle analogie con alcune droghe: dipendenza e piacere, soprattutto, ma anche perdita di lucidità.
Mi è tornato in mente leggendo il bel librone di Maurizio Blatto pubblicato da Baldini&Castoldi: si chiama Mytunes, sono 77 canzoni raccontate attraverso avvincenti e familiari esperienze biografiche dell’autore e informazioni e storie sulle canzoni stesse. Ma soprattutto sono testimonianze continue e imbattibili della necessità per alcuni umani di nutrirsi di musica e goderne, come un libro di ricette racconta quanto sia importante e bello mangiare, per altri umani.
Farsi di canzoni
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Mi aspetto qualcosa sullo scandalo EXPO, i silenzi di Renzi e del PD e l’exploit della tardiva procura che fa i botti giusto la settimana dopo le elezioni.
E di Venezia naturalmente.