Deboli e assoluti

Nella sua ricca esposizione al Festival di Pescara, venerdì, Antonio Pascale ha suggerito una metafora semplice ma molto efficace, mi pare. Pascale ha mostrato un disegno di quelli che abbiamo visto molte volte e che ogni volta dimostrano la facilità con cui ci facciamo ingannare dalle illusioni ottiche.

illusione_ottica002

Quando noi vediamo questa figura, ci formiamo l’opinione che la prima linea orizzontale sia più corta della seconda: non possiamo sapere se lo è davvero, non abbiamo dati o misure che ce lo dicano, ma questo non ci trattiene dal farci un’opinione su questo, ed è normale che sia così. Avere delle opinioni anche senza sapere niente è lecito e normale – lo facciamo sempre, “giudichiamo” – fino a che si è consapevoli che sono opinioni basate sul niente o sul poco, potenzialmente modificabili in ogni momento. Io non ho mai letto Isabel Allende, e lo stesso penso che i suoi libri siano noiosi: però so bene che se un giorno li leggessi potrebbe benissimo capitare che mi piacciano molto, che cambi idea e che da quel giorno dica che è un’autrice fantastica.

“Le emozioni e le sensazioni vengono sempre prima della logica e dei dati, nel nostro giudizio. Poi quando misuri le cose”, ha spiegato Pascale, “scopri che le cose sono diverse da quello che ti dicevano le emozioni e le sensazioni”. E a quel punto la logica, che in ordine di tempo è arrivata dopo, occupa il suo spazio prioritario e noi le attribuiamo il potere maggiore nel formare il nostro giudizio. Misuriamo le due linee e vediamo che sono uguali. E come spero di fare io un giorno con Isabel Allende, constatiamo che la nostra sensazione era sbagliata e la accantoniamo, accogliendo un’altra opinione, “misurata”.

Il problema, ci siamo detti dopo con Pascale, è che spesso la misurazione delle cose non è sufficiente a farci rimpiazzare le emozioni con la logica: e che anzi, proprio altre emozioni generano una nostra scarsa disponibilità in questo senso. Perché per molti di noi il normale passaggio dall’impressione non misurata al dato misurato e da un’opinione a una diversa è vissuto invece come un proprio fallimento. E quindi, piuttosto che assumere il dato misurato, lo neghiamo e ricorriamo a costruzioni illogiche per sostenere la nostra prima opinione, consapevolmente o inconsapevolmente, indisponibili ad accantonarla. Questo ha a che fare con la frustrazione crescente che ricaviamo dal divario sempre più grande tra una sempre maggiore insicurezza di noi e una sempre maggiore quota di opportunità apparentemente afferrabili (di cui ho scritto altre volte, lo so). Più cose abbiamo a portata di mano, più ci sentiamo falliti a non ottenerle, e finiamo per vivere come un fallimento personale da occultare anche il semplice avere avuto un’opinione istintiva fallace. Marino Sinibaldi nel suo libro (presentato ieri a Pescara, ed è bello questo accavallarsi e relazionarsi di pensieri in un’occasione come un festival: e conferma il potere delle conversazioni) attribuisce alla lettura dei libri la possibilità di attutire queste inclinazioni.

mi sembra che dia un senso di relatività alla tua esistenza, ma anche di profondità, ti senti parte di una storia altissima che in larga misura non meriti… Insomma, mi sembra ci sia insieme un rafforzamento e una relativizzazione dell’io. Posso dire, senza paura di fare psicologia di massa all’ingrosso, che è proprio quello di cui la faticosa personalità dei nostri contemporanei ha più bisogno oggi? Rafforzare l’ego e insieme relativizzarlo, mentre oggi sembriamo deboli e assoluti.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

3 commenti su “Deboli e assoluti

  1. piero.vereni

    Bellissimo post, ottimo titolo, stimolante il collegamento col ruolo dei libri. Mi permetto un commento a latere che non inficia la conclusione, ma la premessa da cui muove, e cioè che il giudizio “razionale” corrisponda con l’espressione di una misura, e che quindi in quanto tale si contrapponga al “sentimento” sul piano conoscitivo. Va bene per la lunghezza delle frecce, ma già per la Allende questa contrapposizione non torna più: confermo il pre-giudizio del Peraltro, Isabel Allende produce una scrittura mortalmente noiosa, ma io ho elaborato questo giudizio informato senza “misurare” alcunché. Il mio giudizio è qualitativo, vale a dire l’articolazione in forma linguistica di uno stato d’animo, vale a dire di un effetto “emotivo” prodotto dalla lettura. Quel che conta, insomma, non è “il piacere del testo” (diceva Barthes) ma “perché il testo dà piacere” (diceva Eco). La razionalità non sta tanto nel contrapporre un giudizio “emotivo” a uno “quantificato” ma nel saper argomentare le motivazioni del nostro giudizio. Mentre è difficile argomentare anche una volta che conosciamo l’oggetto (abbiamo misurato la freccia, abbiamo letto la Allende), sicuramente l’ego assoluto nel quale siamo immersi ci fa credere che si possa giudicare senza conoscere (senza prendere il centimetro per misurare la freccia, senza inforcare gli occhiali per leggere la Allende), ma basandosi sul proprio “sentire” senza necessità di articolarne le motivazioni. Insomma, non è la quota di “razionalità quantitativa” che separa il pre-giudizio dal giudizio, ma piuttosto la “consapevolezza critica”, cioè la capacità di articolare a noi stessi e,se serve, agli altri, le motivazioni del nostro giudizio (quantitativo o qualitativo, poco importa).

  2. andrea ferrari

    ma poi, detto fra noi, non è anche bello che pur di fronte a una misurazione ci si possa permettere il lusso di pensare che le due frecce non siano uguali?
    Un conto è saperlo, un altro è sentirlo..ed è bello così
    così come è bellissimo il disegno delle due frecce, che ora copio e incollo…a Fausto Melotti sarebbe piaciuto parecchio!

  3. Pingback: Senso della misura » fulviocortese.it

Commenti chiusi