Parte del problema

Craig Silverman, giornalista canadese di grandi attenzioni nei confronti della circolazione di notizie false e delle pratiche giornalistiche di verifica e controllo, ha pubblicato una ricerca (in pdf, in inglese, online, gratis) molto accurata che sarebbe bene leggessero tutti: perché l’informazione accurata o inventata riguarda giornalisti e lettori, e perché ormai non esistono più giornalisti e lettori, ma siamo tutti mittenti e destinatari di notizie e informazioni.

Ma soprattutto – non lo faranno, lo so – sarebbe bello la leggessero quei giornalisti che invece teorizzano l’esistenza di una distinzione tra testate giornalistiche buone e accurate, e “rete” ingannevole e propalatrice di falsità. Loro lo fanno per autoassolversi, ma la distinzione attuale è un’altra (la “rete” infatti è fatta in gran parte di testate giornalistiche tradizionali): tra chi ha più potere di diffondere notizie e chi ne ha meno. E da maggiori poteri, al solito, discendono maggiori responsabilità e conseguenze.

Journalists today have an imperative—and an opportunity—to sift through the mass of content being created and shared in order to separate true from false, and to help the truth to spread.
Unfortunately, as this paper details, that isn’t the current reality of how news organizations cover unverified claims, online rumors, and viral content. Lies spread much farther than the truth, and news organizations play a powerful role in making this happen.
News websites dedicate far more time and resources to propagating questionable and often false claims than they do working to verify and/or debunk viral content and online rumors. Rather than acting as a source of accurate information, online media frequently promote misinformation in an attempt to drive traffic and social engagement.

The result is that today online news media are more part of the problem of online misinformation than they are the solution. That’s depressing and shameful.

E un altro tema accessorio molto interessante è quello di come ci si comporta nei confronti delle pratiche deteriori e come le si combattono: solo proponendo un modello corretto e “nobile” alternativo che le ignori e competa, o denunciandole e affrontandole? Il primo presuppone una sensazione di superiorità – legittima nelle testate più autorevoli e accurate – e il secondo una di inferiorità – comprensibile, visto che l’informazione pessima sta prevalendo -, e la scelta non è irrilevante in quel che trasmette. Fare la propria gara o attaccare l’avversario?

Meanwhile, news organizations that maintain higher standards for the content they aggregate and publish remain silent and restrained. They don’t jump on viral content and emerging news—but, generally, nor do they make a concerted effort to debunk or correct falsehoods or questionable claims.
This leads to perhaps my most important conclusion and recommendation: News organizations should move to occupy the middle ground between mindless propagation and wordless restraint.
Unfortunately, at the moment, there are few journalists dedicated to checking, adding value to, and, when necessary, debunking viral content and emerging news. Those engaged in this work face the task of trying to counter the dubious content churned out by their colleagues and competitors alike.

Probabilmente entrambe le cose.

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2 commenti su “Parte del problema

  1. Pingback: Parte del problema | Wittgenstein | NUOVA RESISTENZA

  2. rodo

    Un’idea:
    una rubrica intitolata “NOTIZIE FALSE”, che notifica le notizie rivelatesi false, appunto,
    pubblicate dalle testate giornalistiche “forti”.
    Diventerebbe uno stimolo alla verifica delle fonti ed un deterrente alla superficialità.

Commenti chiusi