The answer, my friend

Pur tra le enormi differenze, le similitudini tra quello che succede in America con Trump e quello che successe in Italia con Berlusconi sono state abbondantemente notate: con l’imbarazzo dovuto a essere stati noi, una volta, paese all’avanguardia. Poco dopo – i percorsi, una volta avviati, procedono con uguali meccanismi e sviluppi – si sono notate le similitudini tra l’antitrumpismo e l’antiberlusconismo, almeno nelle loro parti più vistose e promosse. E soprattutto nei risultati fallimentari, e nell’adesione ai modi di colui che si pretendeva di criticare.

Lunedì sul New York Times c’era un bell’articolo avveduto di David Brooks, su questo tema, con un’ulteriore similitudine: il timore dell’autore che non ci sia spazio per essere antitrumpisti in modi diversi, più lucidi ed efficaci. Ne incollo alcune parti senza commenti perché i richiami, inconsapevoli per Brooks, sono palesi per noi. L’articolo inizia spiegando che qualunque frequentatore o visitatore della Casa Bianca ha l’impressione che le cose funzionino in modi molto più normali e produttivi di come vengono dipinte dal grosso della stampa.

La Casa Bianca sta diventando più professionale. Immaginate se Trump non twittasse. La follia di queste settimane non esisterebbe, e vedremmo una Casa Bianca che sta decisamente perseguendo i suoi obiettivi: la modifica della politica sul Pakistan, quella sui progetti di estrazione, lo sfruttamento della strategia contro l’ISIS, le nomine dei giudici e la formazione di politiche sulle infrastrutture, il DACA, la Corea del Nord e il commercio.
È come se ci fossero due Case Bianche. La Casabianca Potemkin, a cui dedichiamo la nostra attenzione: Trump che smatta in tv, gli avvocati alle prese con l’inchiesta sulla Russia, e le iniziative mediatiche. E poi c’è la Casabianca Invisibile di cui non sapete niente, che sta imparando a fare le cose intorno al capo affaccendato in altro.
A volte mi chiedo se la Casabianca Invisibile abbia capito come usare la Casabianca Potemkin per distrarci mentre cambia la nazione.

Cito queste scomode osservazioni perché pare che il movimento contro Trump, del quale sono un orgoglioso membro, stia rimbambendo. Pare accomodarsi in una versione compiaciuta e fiabesca della realtà che filtra le informazioni difformi. Sempre più antitrumpisti sembrano raccontarsi una storia da “Pazzia di re Giorgio”: Trump è un folle semianalfabeta circondato da servi che sono moralmente, intellettualmente e psicologicamente inferiori a quelli come noi. Mi piacerebbe pensare che sia possibile essere dei ferventi antitrumpisti senza ridurre tutto a una favoletta.

L’antitrumpismo soffre di isolazionismo. La maggior parte delle persone che detestano Trump non conosce nessuno che lavori per Trump o che lo sostenga. E se hanno amici o parenti a cui piace Trump, hanno imparato a non parlarne. Quindi la maggior parte delle informazioni che raccolgono su Trump viene da altri che detestano Trump, che è una ricetta sicura per la diffusione di epidemie interne.
L’antitrumpismo ha anche un disprezzo verso l’accuratezza, la qualità, la cultura. Questo disprezzo lo ha lanciato Fox News, ignorando gli standard giornalistici o intellettuali usuali e creando uno stile di comunicazione che non ti fa pensare di più: ti fa pensare, e osservare, di meno. Offre una continua dieta di certezze, si concentra su temi semplificati che richiedono poca competenza o informazione, e rende il pubblico dipendente da dosi quotidiane di indignazione e ritorsione.

Anche noi antitrumpisti abbiamo atteggiamenti del genere, soprattutto nei programmi tv notturni. Ma si è toccato il picco con il libro di Wolff. Wolff non pretende di seguire i normali standard giornalistici. Ammette felicemente che sta soltanto buttando lì voci e storie troppo belle per essere verificate.

In ogni guerra, le nazioni finiscono per somigliare ai propri nemici, quindi immagino sia normale che gli antitrumpisti finiscano per somigliare ai trumpisti. Ma non è una cosa buona. Ho sentito un sacco di giovani che trovano ridicola l’isteria monotematica di noi antitrumpisti.

Questa non è una battaglia su un presidente. È una battaglia sulle regole con cui vogliamo giocare dopo Trump. Vogliamo abbassarci definitivamente agli standard di comportamento di Trump?

Ok, qui un commento ce lo metto: la risposta è “sì, caro Brooks”, fattelo dire da noi. Ci è successo esattamente questo (e anche voi avevate cominciato già anni fa). E “dopo Trump”, se tanto ci dà tanto, vorrà dire che tra dieci anni torna Trump, e a qualcuno sembrerà meno peggio del resto.

Oppure vogliamo ricostruire la distinzione tra qualità e mediocrità, tra vero e falso? Vogliamo far valere la differenza tra un esperto vero e un fanatico ignorante?

Volevamo, Brooks. Alcuni di noi. Hanno vinto gli altri, e noi ce la raccontiamo.

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