Forse avete letto questa storia, che gira da qualche giorno sui siti di stranezze o cose buffe. Una giovane donna in California ha raccontato su Facebook di avere scoperto dopo due anni che la piantina grassa che aveva curato con amore ed entusiasmo, innaffiandola con attenzione e parsimonia, era una pianta finta. La storia ha preso una piega “virale” e ha fatto il giro del mondo: lei ora è lì che commenta questo ulteriore sviluppo.
Story time. I’ve had this beautiful succulent for about 2 years now. I was so proud of this plant. It was full,…
Publiée par Caelie Wilkes sur Vendredi 28 février 2020
È una bella storia, e interessante, al di là della tenerezza che si prova per lei che racconta la sua ingenuità. Fa venire in mente almeno un paio di cose, speculari e forse contraddittorie. La prima riguarda il piacere e il conforto di occuparsi di qualcosa, metterci dell’amore, anche quando tutto questo è letteralmente sterile. C’è della bellezza in quella cura e quella passione, no?, anche se nessuna piantina ne ha beneficiato. Racconta qualcosa di buono. Certo, a volte ha dei limiti anche l’eccesso di cura nei confronti di esseri vari: la storia è piena di malvagi o psicopatici che curavano amorevolmente i propri francobolli o pappagallini, ma non abbiamo ragione di pensare che sia il caso. Anzi la condivisione della storia suggerisce il contrario. C’è della bellezza.
L’altro pensiero è che questo è l’opposto della riflessione fatta qui spesso sul fatto che contino i risultati, a prescindere dalle intenzioni. Quando le persone fanno delle cose utili per gli altri, è una cosa buona, qualsiasi siano le loro motivazioni, persino le più egoiste e vanitose: e andarne ad accusare le ipocrisie o i secondi fini spesso è frutto di invidie o pigrizie da parte di chi quelle cose buone non le fa e basta.
In un caso opposto lei avrebbe potuto innaffiare una piantina viva di cui non le importava niente solo per timore che un qualcun altro in famiglia la sgridasse, magari persino pensando “dannata stupida piantina”: e avrebbe fatto una buona cosa lo stesso.
Qui invece è successo il contrario: buone intenzioni non hanno prodotto nessun risultato per altri, piantine o persone (salvo, per eterogenesi dei fini, che per qualche minuto ci sentiamo tutti più commossi e buoni). E quello che fa stare insieme i compiacimenti per l’uno e l’altro percorso, apparentemente opposti, è una cautela di pensiero che vale per ogni giudizio: la consapevolezza che una cosa vera non ne esclude un’altra vera. Contano i risultati, ma un po’ contano anche le intenzioni. L’amore è meglio dedicarlo a chi ne goda, ma migliora anche chi lo abbia e basta. Chiudere le scuole non risolve, ma aiuta. La mascherina serve poco, ma un po’ serve. Eccetera.