Un anno di canzoni

«Che uomo sublime», mi ha risposto il mio amico Maurizio a cui avevo mandato una foto di Neil Hannon sullo schermo del mio computer, ieri sera. Con Maurizio eravamo andati insieme a un concerto dei Divine Comedy, la band di Hannon, a Brescia, qualche anno fa. Ieri sera era in treno e mandargli quella foto è stato probabilmente un modo – ci ho pensato poi – di andare di nuovo a un concerto assieme: Neil Hannon era sullo schermo del mio computer perché stavo guardando la diretta in streaming del concerto che i Divine Comedy stavano tenendo al Barbican di Londra. Pubblico in sala distanziato, dodici sterline e cinquanta per vederlo dal soggiorno di casa come ho fatto io. Da solo. Ma con voglia di condividere.

Anni fa, a un concerto di Jovanotti, mi tornò in mente un pippone sfinente che stava dentro il disco doppio dal vivo di Claudio Baglioni, Alé-Oò: c’è un passaggio in cui lui dice cose commosse sul trovarsi tutti insieme lì, felici, e che da ragazzo mi erano sempre sembrate retoriche e insignificanti. Ne avevo scritto qui (ho già scritto tutto quello che avevo in mente almeno due volte), concludendo a mia volta con enfasi teatrale che “la musica non cambia il mondo, come dicono in molti: la musica è il mondo. Il bicchiere mezzo pieno del mondo”.

I concerti a cui ho continuato ad andare in tutti questi anni, fino a febbraio, mi fanno ogni volta impressione per come si dileguino tra le persone tutte le ostilità, risentimenti, diffidenze, competizioni, egocentrismi che affollano le vite e il mondo: con le piccole eccezioni di quello che si incazza perché gli avete chiesto di non spostarsi continuamente davanti alla vostra visuale o piccolezze istantanee simili, ai concerti le persone sono “insieme”, e sono contente. Davvero “dimenticano quello che c’è fuori” e anche i loro stessi di fuori: diventano migliori e più vicine. Io sono stato da solo a molti concerti in questi anni, in diversi posti del mondo, ma ci sono stato insieme ai militari muscolosi che si commuovevano per Billy Joel nella fila davanti a me, alla signora che voleva fare il bump durante Back in the USSR di Paul McCartney, alla ragazza più felice che abbia mai visto al concerto di Cremonini, alla coppia scozzese che si era appena conosciuta in un bar ed era venuta a sentire gli Ocean Colour Scene, alla mia ormai amica toscana che era arrivata a Londra per farsi tutte le quattro sere dei Pet Shop Boys alla Royal Opera House, ai vicini di tavolo nel locale di Chicago dove cantava Rickie Lee Jones.

Un anno fa oggi mandai la prima newsletter Le Canzoni a 440 abbonati al Post a cui l’avevamo appena annunciata. Quei 440 diventarono di più, cominciarono subito a dire cose belle, e ora sono un po’ di migliaia e continuano a dire cose molto belle e gentili.
Dico sempre che uno che salta ogni giorno di palo in frasca come me, non avendo mai trovato una cosa su cui essere davvero bravo, alla fine non conosce gratificazioni e commozioni maggiori di quelle che dà chi ti ringrazia per la musica: ho sempre invidiato i deejay per quello.

Ma la newsletter è anche ancora quella cosa lì: di godersi insieme la bellezza e le cose che rendono contenti per qualche minuto, e che avvicinano invece che allontanare e mettere in competizione (persino le mie diffidenze sul repertorio di Zucchero sono state accolte con pazienza e buone maniere dai suoi fan). Ricevo mail bellissime, in cambio. Vediamo quanto dura, che vorrei tenere gli standard alti rispetto all’ambizione di rendere dolci e piacevoli le serate di chi riceve la newsletter: ma ce n’è ancora per un bel po’, e buon primo compleanno a chi c’è stato finora.
Che uomo sublime.

(questa fu la prima Canzone, un anno fa, questa l’ultima, ieri: la riceve ogni sera, se vuole, chi si abbona al Post)

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