Un po’ di anni fa alcuni avvenimenti internazionali furono l’occasione di una riflessione preziosa e precoce intorno al valore della democrazia, valore che siamo abituati a considerare indiscutibile, pur con tutte le battute attribuite a Churchill o attenuazioni simili. Era successo che c’erano stati degli interventi militari in paesi a maggioranza musulmana che avevano deposto dei regimi di islamismo fanatico o che ne avevano impedito l’affermazione, affermazione avvenuta o prevista però attraverso l’applicazione delle regole democratiche: le persone che vanno liberamente a votare ed esprimono il loro giudizio su chi vorranno che le rappresenti. In quel caso, movimenti fanatici e liberticidi. Governi e persone delle democrazie consolidate avevano quindi accolto con sollievo quegli interventi militari antidemocratici, per giustificatissimi timori della direzione autoritaria e retrograda che il fanatismo religioso – eletto dalla popolazione – avrebbe imposto in quei paesi.
Non sto parlando delle antiche tentazioni di alcuni governi occidentali per i regimi militari e per i colpi di stato che difendessero i loro interessi economici in altri paesi, quella è un’altra storia. Sto parlando di sinceri interessi di difesa dei cosiddetti “valori democratici” (l’uguaglianza, la libertà, la tutela delle minoranze, i diritti delle donne…) che venivano messi in pericolo dall’applicazione del processo democratico. Generando una contraddizione logica ed etica su cui appunto si provarono a fare occasionali riflessioni.
Quando parliamo di informazione accurata e credibile, negli incontri pubblici sui giornali che facciamo col Post, spieghiamo che la buona informazione non è un valore da tutelare in quanto valore, in quanto fine; e che però non è nemmeno semplicemente uno strumento importante per il buon funzionamento delle democrazie; è proprio il funzionamento delle democrazie. La democrazia da sola – ovvero la libertà delle persone di andare a scegliere il proprio futuro votando – non è più nemmeno “il meno peggio” tra tutti i sistemi di governo (come dicono appunto quelle battute attribuite a Churchill), ma è un sistema di governo fallimentare e suicida, i cui fallimenti aumentano all’aumentare dell’ignoranza di noi elettori ed elettrici. Noi persone.
Noi persone, quando prendiamo decisioni senza conoscere le cose, combiniamo guai di cui poi siamo vittime, e per questo nelle decisioni di tutti i giorni ci informiamo e ci facciamo consigliare da fonti e persone competenti e autorevoli. Se le fonti di queste informazioni sono invece inadeguate, ingannevoli o interessate, finiamo delusi, insoddisfatti o truffati.
Nel caso dell’applicazione della democrazia ci sono diverse forme di ignoranza che possono generare conseguenze pessime, per le singole persone e per le loro comunità. Vanno dal non conoscere abbastanza le questioni su cui i loro rappresentanti prenderanno decisioni che le riguardano, al non conoscere abbastanza quei rappresentanti e la loro credibilità e buona fede, al non conoscere abbastanza la realtà per capire le conseguenze di scelte che all’apparenza sembrino desiderabili, fino al non essere istruite e consapevoli abbastanza da condividere i valori di convivenza civile che le nostre società hanno costruito nei secoli, e la loro efficacia nel farci vivere meglio anche come singole persone. Anche l’egoismo, la mancanza di senso del bene comune, sono a loro volta forme di ignoranza. Di cui non sempre le persone sono responsabili, ma non è questo che ci interessa qui.
Quello che ci interessa è che il miglior sistema di governo è quello di una democrazia ben informata, non di una democrazia e basta.
E ora veniamo alla Romania. In Romania è successa una cosa terribilmente complicata per tutti, e per questi discorsi. Ovvero la manifestazione della contraddizione simmetrica e complementare a quella che ho citato all’inizio a proposito dei colpi di stato. Un’importante istituzione democratica, la Corte Costituzionale del paese, ha annullato il processo democratico – le elezioni – ritenendo che il livello di disinformazione degli elettori e delle elettrici fosse stato tale da cancellarne il valore. Ha deciso, cioè, di applicare drasticamente quello che abbiamo appena detto: l’idea che il libero voto delle persone non sia sufficiente a dare una forma di governo soddisfacente, ma che debba essere un libero voto non ingannato dalla disinformazione.
Solo che questo crea un guaio grosso. Grosso grosso.
Il guaio è che la disinformazione non la puoi misurare per legge. Per la stessa ragione per cui diciamo spesso che la buona informazione non la puoi misurare per legge (e quindi non la puoi sovvenzionare con l’intervento pubblico, o certificare coi bollini). La verità è un concetto assai sfuggente persino filosoficamente, e stabilire un’autorità sulle opinioni, sulle propagande, sulle promesse, sul futuro poi, è impossibile. E quindi come si fa a decidere quale soglia di disinformazione annulli la validità del processo democratico? Tutte le campagne elettorali sono affollate di menzogne, anche da noi, ma non abbiamo mai invalidato le elezioni per questo. E per stare a esempi recenti e importantissimi, nel 2016 Donald Trump vinse le elezioni grazie anche a campagne di disinformazione acclarate, finanziate da interessi stranieri: applicando i criteri esposti fin qui dalla Corte Costituzionale romena quelle elezioni si sarebbero dovute annullare. E il voto su Brexit, influenzato senza dubbio da narrazioni e ipotesi false e ingannevoli, che valore avrebbe avuto?
Lo scarto che avrebbe fatto traboccare il vaso, in Romania, è che della campagna di disinformazione sarebbe responsabile uno stato straniero, e persino uno stato straniero “ostile”. Ma a parte che questo fu appunto valido anche negli Stati Uniti nel 2016 (e in qualche misura, sappiamo, la disinformazione sovvenzionata da regimi antidemocratici circola anche in Italia), l’accusa è piuttosto misteriosa, fin qui, e lontana dall’essere provata. È molto credibile, e probabilmente fondata, certo: ma si può invalidare un’elezione sulla base di un’accusa proveniente da indagini dei servizi segreti e tutta da provare?
Ma per non far sospettare che stia portando a una conclusione certa (sto invece segnalando una contraddizione – un grosso guaio – di cui bisogna essere consapevoli), tornerò al punto iniziale: l’intervento della Corte Costituzionale ha scongiurato che uno stato europeo democratico potesse essere governato da un partito liberticida, amico delle tirannie e vincitore tramite inganno degli elettori e propaganda corrotta. E infatti l’unico argomento eventualmente solido dell’annullamento sarebbe la violazione di leggi e regole elettorali, come quelle che riguardano la trasparenza dei finanziamenti. E qui però c’è un altro problema, perché questo genere di violazioni andrebbe indagato e confermato, e solitamente quando si arriva a farlo le nostre istituzioni hanno paura a sovvertire risultati elettorali già sanciti da tempo.
In questi giorni Donald Trump sta annunciando interventi scellerati e autoritari appena si sarà insediato: graziare decine di golpisti e assaltatori di parlamento, incarcerare oppositori. Sono tempi in cui quelli che gli americani chiamano “checks and balances” – i sistemi di garanzie dei regimi democratici – sembrano diventati insufficienti e fragili, e in cui le democrazie non sembrano in grado di difendere il proprio valore se non con interventi “antidemocratici” come quello romeno.
Il guaio grosso grosso è che questi interventi creano precedenti, danno alibi agli antidemocratici e liberticidi di professione, indeboliscono tutti i principi ufficialmente condivisi su cosa si può e cosa non si può fare. Dimostrando che regole e divieti e “battaglie” servono a poco, in assenza di quelli che chiamiamo – perdonate l’espressione trombona – progressi civili: senso del bene comune, della convivenza, consapevolezza che si sopravvive facendo le cose insieme prima che contro qualcuno. Educazione delle masse, ovvero di tutti noi. E leadership politiche che lavorino in quella direzione, e media che non si prestino all’abbassamento della qualità dell’informazione giustificandosi coi propri bisogni commerciali. È un circolo vizioso (le élite disinformano, i popoli votano le élite che li disinformano) che in questi anni nessuno si prende la responsabilità di interrompere con qualche capacità superiore alla media, e poi si finisce a interromperlo con la forza, come in Romania.