La sinistra che è uguale alla destra, reloaded

Quando ero ragazzino è capitato che conoscessi e incontrassi in più di un’occasione Elsa Morante. Un’altra persona che vidi spesso allora, anzi assai più spesso e con minor distacco, fu Pablo Echaurren, disegnatore e artista che fece molte delle cose più visibili e familiari nella produzione culturale di sinistra degli anni Settanta. Ho ancora alcuni suoi disegni, appesi qua e là.

Oggi Pablo Echaurren si è fatto intervistare dal Giornale, che come è infantilmente tipico nei quotidiani italiani di destra trova il modo di far deragliare persino le cose che dice Echaurren in un’accusa contro “i compagni”: ma non importa, qui. A un certo punto Echaurren spiega come nacque il suo dissenso dal gruppo di fantasiosissimi autori del Male, il giornale satirico allora molto popolare e tuttora ritenuto “storico” nell’essersi permesso sovversioni mai viste rispetto ai bigottismi del tempo.

Accadde che con il rapimento Moro, nel ’78, cambiò tutto. Sul Male un giorno apparve la foto di Aldo Moro prigioniero in camicia con il fumetto: “Scusate abitualmente vesto Marzotto”. Mi scontrai con gli altri. Per loro era satira, io dicevo che non era una foto innocente. Ma come? Siamo contro il carcere e contro la pena di morte e poi facciamo ironia su un detenuto che forse sarà condannato a morte? E mi allontanai dalla politica»

La sola cosa un po’ più articolata che mi ricordo di Elsa Morante, probabilmente l’unica che mise in relazione la mia ingenua ignoranza di adolescente con le cose che pensava e diceva lei, la disse un giorno a Roma che eravamo per strada, sono quasi sicuro che fossimo in via di Ripetta e che fosse mattina, il ricordo è luminoso.

Quelli del Male sono dei fascisti.

Non so dire quando fosse, ma il Male durò poco, quindi io avrò avuto quindici anni, probabilmente. Io andavo matto per il Male, come poteva andarne matto un quindicenne di allora: divertito, a volte scandalizzato e imbarazzato, incapace di afferrare alcune implicazioni che andassero oltre la vignetta o il titolo buffo o la derisione dei suddetti bigottismi.
Quella cosa che disse Morante mi colpì abbastanza da ricordarmela ancora oggi con una nitidezza che hanno perso molti miei altri ricordi: perché per me era inconcepibile l’accusa di fascismo nei confronti di compagni e amici (alcuni lo erano pure per me quindicenne, Vincino per primo, il più esente dall’accusa di Morante) e che trovavo così divertenti, nelle visioni manichee che avevo allora. Nessuno si scandalizzò della frase di Morante, che io ricordi, invece, tra le altre persone che erano con noi quella mattina.

Molti anni dopo ho avuto frequenti discussioni con persone care intorno all’alibi che si cerca di dare ancora oggi alla “satira” per poterla far godere di libertà teppiste, maramalde, spietate, e persino “fasciste”. E molti anni dopo, come tanti, ho cominciato a vedere quanto i modi fascisti siano sempre stati parte delle pulsioni e persino delle argomentazioni di molte persone che si credono di sinistra. Qualche settimana fa mi sono imbattuto in una cosa che scrissi più di vent’anni fa su questo, in cui tra l’altro ho ritrovato una citazione attuale in modo impressionante di Furio Colombo.

“Ecco il punto a cui voglio arrivare, quello che a me sembra il problema storico del pacifismo italiano. Esso è parte di una cultura che, per ragioni della nostra formazione storica, retorica, logica, chiede di avere un nemico. Ora, come può avere un nemico il pacifismo? Si tratta di una contraddizione, ma a me sembra che la cultura italiana, fondata su una tradizione filosofica di antagonismo, forzi inconsciamente molti militanti giovani a portarsi addosso questa contraddizione. Ovvero l’impossibilità di vivere senza un nemico. Ecco il disagio che mi sembra di cogliere nella definizione del pacifismo italiano: resta forte (più dannoso se inconscio) il problema del nemico”.

Sono passati vent’anni da quell’articolo, ne sono passati quarantacinque da quell’incontro con Elsa Morante, ma le cose restano le stesse: a testimonianza del fatto che in una grande quota di persone prevalgono spinte umane e irrazionali – il desiderio del nemico, il desiderio di prevaricazione, il desiderio di menare le mani e di prevalere sugli altri piuttosto che di conviverci, il fine che giustifica i mezzi, il diritto di rivalsa e vendetta, il “se lo fanno loro, perché noi no?” – rispetto all’evoluzione intellettuale verso pensieri e scelte progressiste e di rispetto degli altri (vedi il grande equivoco sull'”elettorato di sinistra”). Ovvero quello che una parte della destra ha sempre rivendicato, capendo che è più facile raccogliere consenso così piuttosto che chiedere alle persone di essere migliori (e in quella destra nessuno prende mai le distanze, come fa Echaurren), e che invece una parte della sinistra ha nascosto – e nasconde – dietro argomenti più ipocriti. Ma quelli davvero di sinistra non erano in buona parte del Male e non sono oggi nel pacifismo filorusso né tra i difensori di Hamas né tra chi si rallegra della galera per i propri nemici: sono Elsa Morante e Pablo Echaurren.

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