Il falso equilibrio nel giornalismo

Vale la pena di riprendere un dibattito su un aspetto del giornalismo contemporaneo che da qualche mese raccoglie molti autorevoli interventi, negli Stati Uniti. Lo possiamo riassumere così:

L’equilibrio di un resoconto giornalistico su un tema controverso non si ottiene sentendo e riportando accuratamente e con identico spazio e peso l’uno e l’altro parere. Questo è un falso equilibrio. Lo si ottiene invece mettendoli alla prova di dubbi, domande, dati e contraddizioni e dando al lettore la sintesi credibile di questo lavoro, rinunciando a ipocrite o vili equidistanze.

Potrei dirvi che se ne è parlato pure in The newsroom, ma non vi annoierò ancora con la serie più istruttiva sullo stato del giornalismo mai pensata. O che anche Barack Obama ha cara la questione. Ieri ne ha scritto invece Margaret Sullivan, public editor del New York Times, spiegando che del “falso equilibrio” i lettori non ne possono più.

In poche parole, il falso equilibrio è la pratica giornalistica di dare lo stesso peso a entrambe le versioni di una storia, a dispetto quella che sia una dimostrata verità in una delle due. E molte persone ne sono stufe. Non vogliono sentire bugie o mezze verità accreditate da una parte e demolite dall’altra. Vogliono risposte reali.
È tutto parte di un movimento – avviato, in parte, da un pubblico più esigente, sospinto dai critici dei media, dai blogger e dai frequentatori dei social media – che vuole si racconti la verità, non soltanto degli argomenti in conflitto che generano confusione.

Ed Ezra Klein, sul Washington Post, a proposito della pretesa che la campagna Democratica e quella Repubblicana ricevessero uguali critiche e uguale avallo dal suo giornale, ha spiegato che per titolare un pezzo “Il vero e il falso nel discorso di Paul Ryan”, ha dovuto leggere due volte il discorso e alla fine per miracolo ha trovato una cosa buona a giustificare la categoria “vero”:

Siamo stati condizionati a cercare di dare a entrambe le parti lodi e critiche relativamente uguali, e il fatto è che io vorrei davvero dare a entrambe le parti lodi e critiche relativamente uguali. Mi sentirei meglio se il nostro resoconto non suonasse così di parte. Ma prima bisogna che le campagne siano relativamente uguali.

I lettori, spiega Sullivan, vogliono che i giornalisti si prendano maggiori responsabilità nel giudicare cosa è vero e cosa no, cosa è fondato e cosa no, cosa è contestabile o falso nelle dichiarazioni che raccolgono e nei dati che riportano. Se declinate queste riflessioni sullo scenario del giornalismo italiano – come al solito – le cose si presentano irriformabili: limitarsi a fare da microfono e deresponsabilizzarsi con l’alibi che le falsità sono state effettivamente dette da qualcuno, sono abitudini che fanno metà dell’informazione qui (l’altra metà invece presenta tesi precise, ma senza dimostrarle). Pensate solo a quanta poca abitudine c’è a contraddire i politici nei talkshow o a chiedergli conto delle cose che affermano. Essere obiettivi, non è dare spazio alle posizioni dell’uno e dell’altro su una questione: è trattenerne solo quello che c’è di buono.

La questione è peraltro delicata. Non solo i “fatti” sono una cosa molto più sfuggente e scivolosa di quanto siamo abituati a pensare, non solo la loro verifica implica tempi che non sono quasi mai quelli di molto giornalismo, ma soprattutto la richiesta di esprimere posizioni chiare a dispetto del loro allineamento a quello di una parte o dell’altra, implica il forte rischio di sdoganare l’allineamento strumentale. Chi eviterà che cronisti e commentatori di parte e in cattiva fede, contestati sulla loro obiettività, comincino a sostenere di essere solo dei nemici del “falso equilibrio”: avvenne la stessa cosa col politically correct, che qualcuno obiettò alle sue storture, e aprì la porta alla scorrettezza libera. Oggi l’anti-politically correct è stato totalmente dirottato dagli scorretti, violenti e bugiardi per giustificare le proprie bugie, violenze e scorrettezze. Domani le battaglie contro il “falso equilibrio” riempiranno gli editoriali del Giornale e abbatteranno ogni equilibrio.
Detto questo, consapevoli dei rischi, c’è comunque il modo giusto di fare le cose.
Conclude Sullivan:

I giornalisti devono fare ogni sforzo per andare oltre la propaganda e aiutare i lettori a capire a cosa credere, per aiutarli a farsi strada in questioni complicate e rilevanti.

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8 commenti su “Il falso equilibrio nel giornalismo

  1. atlantropa

    Quote approval ed “interrogation methods” in luogo di “tortura” (quando questa è fatta dai nostri, beniteso); e l’equilibrio vero, buono e giusto del Giornalismo è servito.

  2. george kaplan

    Io non sono così sicuro di voler leggere l’opinione di un giornalista.
    In fondo, il “falso equilibrio” non mi pare esista davvero.
    Se uno compra (ad esempio) Libero o Il Giornale leggerà una certa verità (che vuole sentirsi raccontare).
    Se uno legge (ad esempio) Repubblica o Il Fatto leggerà un’altra verità (che vuole sentirsi raccontare).
    Direi che è proprio l’esatto opposto di un “falso equilibrio”.
    Da noi il problema è semmai opposto: si antepone il giudizio personale alla notizia.
    Io, in genere, preferisco formarmele da solo le opinioni. Da un giornalista gradirei un racconto piuttosto ogettivo. Ma è evidentemente un mio problema.
    Quando sono cursioso di sapere come la pensa un particolare giornalista che stimo (o, meglio, di cui stimo il pensiero) leggo un post o un articolo di Sofri (anche padre) o di Giuliano Ferrara o di Galli della Loggia o di Michele Serra.
    Ma sono IO che scelgo il giornalista del quale voglio conoscere l’opinione su di un determinato fatto.
    Non può essere il giornalista ad autoeleggersi.
    Perchè a me, francamente, del parere di Travaglio o di Belpietro su un determinato fatto non importa un fico secco.
    Lo stesso dicasi per i giornalisti da TV.

  3. lorenzo68

    Più che ad aiutare i lettori servirebbe un giornalismo che aiutasse i ministri a non spararle troppo grosse. Un po’ come l’intervento di oggi di Profumo che vorrebbe che la scuola iniziasse a 5 anni e accolto dal silenzio tombale dei media. Silenzio di contradditorio non di diffusione.
    Poi i genitori fanno le collette per gli acquisti scolastici (carta igienica, saponi, salviette, etc…) ma questo al ministro poco importa, l’importante è aprire bocca.

  4. johndoe

    Io resto sempre stupefatto di come si crei un problema che non esiste in natura, e poi slo si affronti come una cosa seria. Onestà e decenza non sono doti professionali ma personali, sono come gli occhi azzurri, se non li hai non te li puoi dare. Se sei un idiota o scrivi solo marchette non è una questione di giornalismo.
    Quindi delle due l’una, o scrivi cose oneste con onestà oppure no, e in un mondo ideale la gente protesta, io giornale non si vende e qualcuno ti restituisce all’agricoltura.
    Poi vabbè, siamo in italia e non solo non ti licenziano ma uno come me, che non compra i giornali, è costretto a pagargli lo stipendio con le tasse.
    Io però resto della mia idea, qui non ci sono le mezze misure e non c’è neanche il problema, l’unico giudice dovrebbe essere il lettore-cliente. Se così fosse sarebbero già tutti al lavoro, che ora è tempo di vendemmia e tra un po’ si colgono le olive. Roba vera, altro che giornalisti.

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