La legge sulla diffamazione non va bene

Sul progetto per una nuova legge sulla diffamazione organizzammo una proficua discussione a Pescara, a novembre, con persone esperte e di opinioni diverse. Ma trovammo alcune condivisioni, e da allora mi ero messo da parte alcuni appunti per spiegare semplicemente cosa va e cosa non va in questa legge. Adesso vedo che Luca De Biase ha scritto una cosa sensata e articolata che vi consiglio, e approfitto per aggiungere qualcosa. Scrive intanto De Biase, ed è una premessa fondamentale rispetto alla pretesa di irresponsabilità di alcuni suoi colleghi:

I giornalisti che fanno diffamazione commettono un reato più disgustoso delle persone che fanno diffamazione e non sono professionisti dell’informazione: perché i giornalisti che fanno diffamazione tradiscono il loro compito sociale. E vanno puniti dopo un giusto processo. Stroncare la disinformazione a mezzo stampa è un obiettivo sacrosanto.

Non hanno quindi nessuna legittimità – dettate solo da un comprensibile ma irrilevante interesse corporativo – le proteste di chi si lamenta che abolendo la pena del carcere e trasformandola in multe, queste multe siano troppo alte (fino a 50mila euro): anche perché questi massimi sono indicati quando “l’attribuzione di un fatto determinato falso” sia stata diffusa “con la consapevolezza della sua falsità”. E non si capisce che maggiori indulgenze si debbano avere nei confronti di simili comportamenti: casomai la richiesta di indulgenza mostra proprio quale consuetudine incosciente ci sia con la pubblicazione di false notizie con la consapevolezza che sono false (consiglio anche un buon Michele Serra sulla questione).

Nelle discussioni sulla diffamazione “a mezzo stampa”, poi, si tende ad affrontare il tema come un confronto tra i diritti del presunto diffamato e del presunto diffamante. Ma il soggetto principale di cui vanno tutelati i diritti non è né l’uno né l’altro, ma un terzo: il lettore. Ogni volta che un giornale diffama un individuo, migliaia di persone hanno letto una notizia falsa e hanno ricevuto un’informazione distorta: il problema delle notizie false non è tanto che danneggino e rovinino la vita delle persone citate – che pure è un problema – ma che concorrono a una demolizione del servizio di informazione corretta nei confronti dei lettori (o ascoltatori, o spettatori, ci capiamo). Una buona legge non sarà fatta quindi per tutelare le “vittime” o potenziali tali della diffamazione: ma per tutelare un sistema dell’informazione responsabile e affidabile, e persino un corretto funzionamento delle nostre società. Lo nota anche De Biase quando parla infatti non di combattere la diffamazione ma di “stroncare la disinformazione a mezzo stampa”.

In questo senso la legge proposta è in parte utile, perché costringe i media al rispetto delle proprie responsabilità e a minori pretese di impunità rispetto alle conseguenze del loro modo di raccontare le cose.

Però questo progetto di legge contiene anche due cose enormemente superficiali e scellerate – che denotano una scarsa conoscenza di alcune materie, sia anche in buona fede – che non possono essere accettate in cambio dei progressi che propone.
Una è l’estensione delle regole all’online, ma solo alle “testate giornalistiche”: scelta che suggerisce a qualunque prodotto di informazione online di non registrare la testata (conseguenze pressoché inesistenti) e permette a siti di informazione simili di diffamare impunemente o no.
L’altra è l’inclusione di un mal formulato “diritto all’oblio” dentro un testo che non c’entra niente con quella questione, probabilmente in conseguenza di un’eccitazione mediatica intorno al suddetto “diritto all’oblio” nei giorni in cui il testo di legge fu progettato. Col risultato di prescrivere cose sbrigative, e inattuabili senza gravi conseguenze, semplificando un dibattito che è tuttora molto delicato e complesso.

Su quello che la legge prescrive rispetto agli “obblighi di rettifica” nei confronti di chi voglia dire la sua su un articolo che lo abbia a suo dire diffamato, a Pescara abbiamo discusso molto animatamente. La mia opinione, avendo letto accuratamente il testo della legge, è che la tesi per cui questo sia un obbligo inderogabile che rende i media succubi dei capricci del presunto diffamato sia una tesi infondata. La legge dice infatti che i responsabili del giornale o del sito sono “tenuti a pubblicare” le rettifiche, sì: ma “purché non siano documentatamente false”, ed evocando la possibilità del rifiuto da parte del giornale, e la conseguente decisione di un giudice. Del quale si dice “qualora accolga la richiesta”, implicando quindi che la richiesta debba essere valutata ed eventualmente accolta o respinta: nessun automatismo, nessun obbligo.
Ma di certo, per fare maggiore chiarezza su questo possibile equivoco, sarebbe il caso di usare un linguaggio più netto e definire meglio i criteri sulla base dei quali una rettifica sia obbligatoria, come indicazioni per il giudice. Questo soprattutto come deterrente al rischio di richieste di rettifiche gratuite e pretestuose: che un giornale può ignorare se le ritiene tali, ma sarebbero lo stesso una complicazione evitabile del suo funzionamento.

E bisogna aggiungere che nel testo di legge le modalità di pubblicazione della rettifica online entrano in un campo nuovo e sono quindi formulate in modo da generare confusioni e impraticabilità: in testa, in coda, in che modo rispetto a tutte le reiterazioni di quel testo diffuse online, in che modo rispetto ai mille formati di un contenuto online (se è un video?). È una materia che non so neanche dire se sia fisicamente possibile governare: di certo non la si regola con poche indicazioni rigide e sommarie scritte da qualcuno che non sa neanche cosa sia l’HTML.
Un elemento positivo del testo è invece l’implicazione della possibilità di condannare il querelante per “querela temeraria”: un deterrente nei confronti dei querelatori professionali a scopo di minaccia e intimidazione. Ma anche questo andrebbe articolato un po’ meglio.

Insomma, non è una buona legge: pur con tutto il fastidio per i vittimisti del “bavaglio” preoccupati solo di essere costretti a controllare, verificare e rispondere delle cose che scrivono, di questa legge vanno riprese le ambizioni di migliorare la qualità di informazione, per riformularle dopo estese consultazioni e comprensione migliore delle articolazioni della materia. Non è stato un lavoro inutile, ma ora rifacciamolo daccapo.

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3 commenti su “La legge sulla diffamazione non va bene

  1. Pingback: Contro la diffamazione: e contro una legge che fa confusione | Luca De Biase

  2. cinziaopezzi

    quando ho imparato a gestire un blog, tenendone uno con testi di altri,

    mi hanno raccomandato di non scrivere tutti i giorni, di saltare almeno

    un giorno alla settimana, perchè è così che si differenziano le testate

    giornalistiche dai privati scribacchini.
    io, terrorizzata all’idea di grane legali, ho ottemperato

    coscienzionsamente, nello stesso tempo però mi sono chiesta se risulta

    così difficle differenziare un privato, o due o tre, che nel tempo libero

    e senza remunerazione di sorta, pastrocchiano con il computer,

    prevalentemente copia e incollando quello che gli sembra pregevole, o

    scrivono le proprie dubbie opinioni.
    il punto è proprio che non avrei avuto i soldi per le consulenze legali

    necessarie a tutelarmi, che non ho idea di come acquisire altrimenti le

    informazioni necessarie a non pestare i piedi a nessuno e che se non si

    trattava di materiale di altri, di cui ritengo gli altri responsabili,

    sono sempre stata, e sono tutt’ora, molto attenta a distinguere quello

    che so da quello che presumo, sospetto, spero, m’illudo, credo, sono

    convinta, temo, potrebbe essere vero, verificabile, ecc.
    ad esempio io so benissimo che luigina si sofferma spesso sul marciapiede

    sotto casa mia, di notte, dove si possono trovare professioniste del

    sesso, però appunto perchè anche io vado e vengo su quel marciapiede,

    evito di dare per scontato, di insinuare di suggerire, di lasciar credere

    che io sappia cosa fa luigina sulle numerose macchine su cui sale.
    proprio come me che ho tanti amici e ricevo tanti passaggi.

    spero di aver dato un contributo definitivo alla questione :-)

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