La censura senza dirla

La discussione sul figlio di Totò Riina a Porta a Porta ha preso una piega fuorviante e pericolosa da quasi subito. Basta un ipotetico scenario, sono convinto, a smontare gran parte delle obiezioni di chi si è indignato: immaginiamo che Milena Gabanelli avesse intervistato a Report il figlio di Totò Riina. Io sono sicuro che la maggioranza di quelli che hanno chiesto che l’intervista non andasse in onda non avrebbe fiatato, a cominciare da Rosy Bindi e Pietro Grasso.

E questo è il grande equivoco di questo dibattito, che poteva essere interessante e proficuo ed è diventato come al solito rapidamente urlato, suggestivo, strumentale, esibizionista. Per molti critici, infatti, il problema non era evidentemente Salvo Riina, ma Bruno Vespa. Ed era un problema fondato – molto fondato – se si fosse stati sinceri e chiari, invece di buttarla sulle “mani macchiate di sangue” come ha fatto Pietro Grasso, o in generale sul “non si dà spazio alla mafia”.

La discussione infatti è una discussione sul giornalismo. Nel dettaglio, il programma di Bruno Vespa è una trasmissione giornalistica, come può essere Report, ma anche Piazza Pulita o Di Martedì? Oppure è un talkshow di costume e attualità popolare, come l’Arena o Pomeriggio Cinque? È vero che i confini tra l’una e l’altra tipologia sono da tempo saltati, ma è anche vero che il direttore generale della Rai ha stabilito di recente che non si parli più di cronaca nera a Domenica In, cominciando a ricostruire una distinzione.

Ed è ovvio che non si possa pretendere da una trasmissione giornalistica di non intervistare dei criminali, ci mancherebbe: che cos’è il giornalismo, se no? E infatti ci sono criminali intervistati sistematicamente da molte trasmissioni, ogni settimana: alcune sono proprio dei format di interviste-a-criminali (e molti degli scandalizzati stavolta saranno probabilmente fan delle grandi ricostruzioni americane intorno ad assassini plurimi). E anche in quei casi ci sono delle vittime, a cui si deve rispetto, e che probabilmente soffriranno di quelle scelte. Ma a nessuno verrebbe in mente di chiedere a Repubblica di non intervistare Raffaele Cutolo, o Annamaria Franzoni, per fare degli esempi (la differenza è il “servizio pubblico”? e quindi il servizio pubblico diventa una limitazione per pratiche giornalistiche legittime e condivise, ovvero una diminuzione invece che un servizio più accurato?).

Ed è interessante notare come la parola “censura” di cui tanti si riempiono la bocca ogni volta che si chiede a un programma di non trasmettere qualcosa, questa volta sia stata strumentalmente omessa da tutti: come se la censura esistesse solo quando la chiedono gli altri. A dimostrazione di come questa e altre parole siano sempre un paravento ingannevole dietro cui nascondere contesti e questioni più articolate.

Insomma, che un tema delicato come quello rappresentato dalla storia di Salvo Riina vada affrontato con approcci e iniziative giornalistiche qualificate e affidabili è indubbio: e che la trasmissione di Bruno Vespa abbia dimostrato in molte occasioni – compresa questa – di non avere questi approcci e iniziative, di non garantire completezza di informazione e imparzialità nei confronti degli ospiti, è altrettanto indubbio. Questa era la cosa da dire: Porta a Porta tratti la Meloni e Don Matteo, i dietologi e Giovanardi, quello che quel programma sa fare. Perché se per far risuonare frasi a effetto si arriva invece a sostenere che bisogna censurare le interviste a chi è stato condannato per dei reati, anche i peggiori, poi è difficile dirsi dalla parte della libertà di informazione e contro i bavagli, eccetera, la prossima volta.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

11 commenti su “La censura senza dirla

  1. paiola

    Un elemento da non dimenticare è che l’ospite di Vespa era lì per promuovere un suo libro. A mio parere questo discosta molto la sua presenza in tv da un’intervista giornalistica a un criminale. Me la fa apparire un’ospitata.
    E onestamente non la ho apprezzata per niente.

  2. asorbello

    Ma il problema non sarà anche che Bruno Vespa è una di quelle anomalie italiane, per cui tutti lo definiscono giornalista, tutti lo invitano a presentare il loro libro, tutti gli attribuiscono grandi capacità e bravura di scrittore e giornalista – almeno in pubblico – ma allo stesso tempo pensano, in privato, che il suo giornalismo non sia paragonabile ad altri, e che la sua trasmissione sia una cosa diversa, più appunto un talk pomeridiano? Insomma, tutti lo sanno, ma nessuno può dirlo, e poi succedono cortocircuiti come questo…

  3. johndoe

    Mi chiedevo però che senso abbia ascoltare Vespa, quando quello che aveva da dire se lo possono rivedere all’infinito. Cosa vorrebbero chiedergli, se intedeva appoggiare (magari esternamente) la mafia? Immagino che la commissione antimafia abbia il potere di convocare chiunque, ma fossi Vespa farei sapere che ho da fare e non ci andrei

  4. layos

    Secondo me tutto ruota attorno al modo, alle domande che gli fai e al fatto di metterlo o meno a disagio di fronte alle proprie responsabilità. Non ho apprezzato l’intervista di Calabresi ad Al Sisi, per dire. Così come non mi piacque il fatto che Santoro e Travaglio garantirono di non parlare di processi alla famosa ospitata di Berlusconi.

  5. gua2000

    Tutto molto vero. Solo che per focalizzare effettivamente il problema come dici – Vespa e non l’intervistato – i critici dovevano ammettere che non hanno poi tutto questo rispetto per il giornalista da cui corrono quando devono presentare un libro, difendersi da un attacco, vincere una elezione.

  6. Julian B. Nortier

    Si,credo anch’io che il tasso di critica sia stato evidentemente maggiorato dall’antipatia-e l’invidia-che molti hanno per Bruno Vespa-residuato,certo abile.dell’informazione cafchiana (nel senso del C.A.F).Per quanto mi riguarda credo però che fatta questa premessa,non si possa adottare come giustificativo per l’intervista incriminata.Una cosa è un’intervista alla Zavoli(i br de “La notte della Repubblica”,per intenderci) altra cosa il “marchettificio” librario al figlio di un boss.Ed,elemento non secondario,visto che Vespa in questi anni si è prestato alla connivenza(o,se preferite,alternanza)tra politica tout court(quel che ne resta);politica spettacolo;cronaca plastificata;varieta tout court; promozione fiction rai;promozione rai cinema etc:bene(anzi,male)per questi motivi quello era uno dei pegiori salotti dove ospitare una patomima del genere.Ma questo non significa che ce ne siano di autorizzati:trovo,personalmente,che se la Gabbanelli o fosse pure,per assurdo,un premio Pulitzer avesse compiuto lo stesso atto di Vespa,ugualmente sarebeb stato da stigmatizzare;appena un pò meno schifati ma comunque schifati.L’atto di Vespa lo inserisco alla stregua-benchè su un piano meno inconsapevole-della Sciarelli che sciacalleggia sul caso Scazzi.Casomai,con “Porta a Porta” a certe cose dovremmo essere abitutati(ricordate lo show dei Casamonica,in autunno?).E invece,bene è che a questa filosofia da “rollerball” non ci si abitui mai.Ho scritto-ironicamente-a Vespa se ha mai visto il film(divino) “Non si uccidono così anche i cavalli”?.Ecco,l’idea che la linea editoriale sia quella-ad insaputa del film-è quasi ovvia…

  7. Davide Simonazzi

    Condivido. Esiste ovviamente un pregiudizio su Vespa. Esiste, tuttavia, anche una presunzione di intoccabilità da parte di Vespa. Questa presunzione consente a Vespa di sentirsi al sicuro; qualunque cosa decida di fare, invocando il pregiudizio su di lui quale giustificazione di un clima poco favorevole alla libertà di espressione…
    Ulteriore rischio: Vespa spesso sopravvaluta il proprio lavoro.
    Forse una puntata sulla mafia avrebbe richiesto altri tempi di preparazione, altre modalità di conduzione…non so chi se lo ricorda, magari i più giovani no, ma La notte della Repubblica di Sergio Zavoli è ciò che intendo…

    Io credo che Vespa non sia così pacificamente paragonabile alla Gabanelli (forse a Mentana), sicuramente a Barbara D’Urso. Se la sua sia informazione e una trasmissione giornalistica non saprei, entrare nel dibattito non porterebbe da nessuna parte, tuttavia, lo spessore degli invitati (molto molto ricorrenti di qualunque cosa si parli), il montaggio della puntata, lo stile di conduzione (diciamo sornione e seduttivo) non mi permettono di fidarmi del tutto…

  8. andrea61

    È chiaro che il problema è Vespa e non Reina.
    Quanto al modo di gestire qeuste cose, posso dire che ho trovato più fastidiosa l’intervista fatta ad Assad ?

  9. tanogasparazzo

    Una volta ogni anno il caso Vespa, incontra le prime pagine dei quotidiani, come notizia farlocca-Politica-aziendale-Rai. La trasmissione Porta a Porta è diventata nel tempo, -un dopo lavoro Rai. In questo dopolavoro Rai, sono entrati, plastici, criminologi, politici addetti e difensori del sistema Vespa_Porta. Abbiamo sospetto, che tutto questo faccia parte di un marketing collaudato, ovvero importante che se ne parli, per due giorni e più sui giornali, costringendo all’angolo di quarantena informazioni notizie di caratura più importanti. Perché, perché non si parla apertamente, anziché di censura, si parli di questa trasmissione, cioè di PortaPorta, che fa pensare, a un distacco di natura superiore ad altre più importante cose di Rai. Il libro presentato, in realtà è un contenitore, di lettere che descrivono sentimenti suoi sulla famiglia. Unico segno di una presenza attiva del figlio, verso il padre è in effetti la scrittura, che non condanna, il propio padre, ma dicendo che ha già provveduto lo stato, ma anzi scrive che è stato un padre amorevole, calmo, silenzioso, spettatore durante quei tragici fatti. In effetti la posizione del figlio si riduce, alla funzione di uno scriba. Infine ci si domanda se questo libro, è la somma di svariate lettere al carcere dove risiede il padre, che ragione c’era a renderlo pubblico? Infine la Gabanelli, Report molte volte hanno intervistato, personaggi squallidi, del panorama politico lobbistico, criminale mafioso, ricevendo in molti casi querele, che sono state vinte.

  10. inga

    Molto doloroso vedere accostato il nome di Vespa a quello Biagi, ovviamente dallo stesso Vespa sul Corriere di ieri. Nessuno di alcun spessore ha confermato.

Commenti chiusi