Anzaldi, nel suo piccolo

Ieri c’è stata una piccola polemica nel PD per via di un tweet del segretario Zingaretti che pur manifestandogli solidarietà sembrava togliersi dei sassolini nei confronti del deputato del suo partito Michele Anzaldi. Anzaldi è “renziano”, il tweet è finito dentro la litigiosa contesa tra due “correnti” del partito e ha aizzato i più capricciosi di entrambe le parti.
Ma la presa di distanza di Zingaretti era – anche se non diplomaticamente accorta – del tutto fondata e mostrava un caso esemplare di ciò che è fallito nel fallito progetto di Renzi: Anzaldi (che non ho mai conosciuto nemmeno io, niente di personale, immagino abbia qualità umane come gli umani) interpreta da anni il suo mandato parlamentare con due obiettivi, promuovere se stesso attraverso comunicazioni litigiose e intimidatrici che i media riprendono per amore del litigio e dell’intimidazione, e fare da sicario della conservazione di potere della sua cosca, arrivando a rendersi noto come “il Gasparri del PD” (per più articolate descrizioni del suo lavoro rimando a Michele Serra).

Non c’è nessun altro apporto alla causa progressista che si ricordi durante tutta la sua carriera parlamentare, salvo il fare numero in certe votazioni benintenzionate, come ci si aspetta da ogni parlamentare. E ripeto, il problema non è mica Anzaldi, parlamentare tra mille che passerà e avrà raccolto ciò che ha seminato: il problema è il suo essere esempio di come lo scarso investimento di Matteo Renzi nella qualità della sua più fedele classe politica abbia rovinato l’opportunità creata dieci anni fa dalla domanda di ricambio che fu il fattore più efficace del rinnovamento del PD che su altri fronti Renzi avrebbe interpretato.

Nei rari e migliori casi la risposta che Renzi ha saputo dare – sul “territorio” e in parlamento – a quella domanda e a quella opportunità sono alcuni diligenti e onesti esecutori del suo volere che hanno trovato piccoli spazi dove fare piccole cose buone: ma Renzi – convinto di bastare da solo al paese e al futuro – è stato attento a mettersi invece intorno soprattutto assistenti devoti e guardiani bellicosi, e quando non ne trovava più ha aggiunto saliti-sul-carro. Le migliori teste e potenziali leadership coinvolte via via nel progetto renziano sono state scaricate o dimenticate per troppa autonomia di pensiero o iniziativa: per non dire dei molti personaggi di talento nei loro settori che sono progressivamente tornati ai loro settori, disincantati. Col risultato che oggi che Renzi è stato costretto a mettersi da una parte, non c’è nessuno con qualche potenziale di leadership a riprendere quel progetto che in certe sue impostazioni era stata la novità politica più preziosa per il paese di questo millennio (l’unico visibile è Calenda, non a caso molto autonomo dal renzismo): mentre l’attività principale dei “renziani” è oggi difendere se stessi, piccolo branco spaesato. E col risultato di riproporre come presentabilissimi i migliori e più onesti rappresentanti del fallito e fallimentare progetto politico precedente del PD, come Zingaretti, se quello che è stato capace di produrre il rinnovamento è Anzaldi (a cui auguro grande serenità, per lui e per tutti noi).

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