“Quello che i giornali non vi dicono”

È un titolo suggestivo e demagogico, che è diventato la sintesi di una strategia commerciale assai prospera negli anni passati: quella che riesce a venderci, in forma di giornali o libri, prodotti che ci fanno pensare di poter avere accesso a segreti o rivelazioni che i poteri dell’informazione vorrebbero tenerci nascosti. La paranoia e il sospetto come prodotti da vendere funzionano molto, col paradosso che siamo sommersi da informazioni vendute come “segrete” o “taciute”.

Ma c’è in effetti una cosa puntuale che i giornali non dicono mai, e riguarda i giornali stessi: ed è “abbiamo sbagliato” (meno che mai “abbiamo falsificato, consapevolmente”). È una storia lunga di cui abbiamo parlato spesso, di coda di paglia rispetto alle proprie sciatterie e truffe: chi sbaglia in buona fede o pensa di avere fatto del suo meglio riconosce gli errori con serenità; non ci riesce chi sa di essere nel torto e che lo sbaglio si ripeterà ancora, perché è nel modo di fare le cose. Sarebbe un’ipocrisia dire “c’è stato questo errore, cercheremo di evitare che si ripeta”.

È una cosa di ogni giorno, ma qualche volta, quando diventa enorme e imbarazzante, è il caso di segnalarla, metterla a verbale, non passarci sopra e fare come se niente fosse, alimentando con l’indifferenza e un’alzata di spalle questo complesso di cialtronerie in cui abitiamo, noi e le nostre informazioni sulla realtà. In questi mesi è successo, tragicamente, col modo in cui i giornali (al solito, dico “giornali” ma sono tv, radio, siti di news) hanno eluso qualunque spiegazione e assunzione di responsabilità sulla propria vergognosa copertura della morte della ragazza olandese Noa Pothoven. Succede di nuovo oggi che la procura di Milano ha annunciato di ritenere definitivamente che Imane Fadil sia morta per cause naturali, escludendo accuse di omicidio (su cui la stessa procura era stata sempre molto cauta, peraltro).

Quello che avevano fatto i quotidiani sulla morte di Imane Fadil era raccontato qui: andateci a dare un’occhiata. Lo so come siete. Vi dimenticate. E trovatene traccia nel modo distaccato, estraneo, caduto dalle nuvole con cui oggi dei brevi trafiletti danno la notizia che in sostanza dice “siamo stati scellerati” (si noti la nobiltà del termine che ho scelto). Finisce che a scriverlo, con formulazioni fin troppo indulgenti, sia Marina Berlusconi, e che il Corriere debba ospitare la sua lettera accanto a un boxino che ignora tutto quello che era successo a marzo. Dice “metodi da sciacalli”, Marina Berlusconi: ha ragione da vendere ma ci mette dentro molto altro di cui suo padre è stato accusato negli anni dai giornali, e ci mette dentro valori e principi che la politica di suo padre e i giornali e le tv della sua famiglia e dell’editore di cui è capo hanno fatto molto poco per difendere, diciamo. E però queste cose può dirle, oggi, a ragione: il sistema dell’informazione italiana dà ogni giorno ai propalatori di falsità argomenti per avere ragione (non sono mai tutte inventate nemmeno le accuse sbracate del M5S, ai giornali), e invece di opporsi al sistema di falsificazioni ne è un altro protagonista. Chi più chi meno, naturalmente. Ma noialtri lettori non siamo in condizione di avere qualcuno di cui ci fidiamo, nel caos di balle: quello che facciamo è scegliere quale sia il nostro falsificatore preferito, quello che ne inventa meno.
È questione di credibilità, per chiudere con un’altra frase fatta fondata. Sarebbe bello sapere che qualcuno ce l’ha. Fidarsi.

 

 

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