Titoli drogati

Il modo pessimo con cui alcuni quotidiani stanno trattando la triste storia delle due ragazze investite e uccise a Roma rivela tra le altre cose una malattia tipica delle discussioni italiane e dell’informazione: la sostituzione dei fatti e della loro comprensione con etichette e generalizzazioni vuote. E posto che – anticipo i benaltristi – in questa storia ci sono diversi aspetti gravi e seri, voglio solo citare un esempio di questo, di questa sciatteria di pensiero che continuerà a ripetersi oltre questa storia: l’uso del termine “drogato” da parte di alcuni titoli.

Le “droghe” non esistono: nel senso che non esiste una categoria esatta di sostanze che per qualche ragione o criterio si distingue da un’altra che chiamiamo “non droghe”. È una sbrigativa definizione con cui in italiano chiamiamo grossolanamente delle sostanze che inducano variazioni dello stato psicofisico (però come il vino, anche, o come i medicinali) e che sono vietate per legge (però malgrado la legalizzazione della cannabis o dell’uso personale, le chiamiamo lo stesso droghe leggere). Capirete poi che la seconda cosa è un criterio del tutto volatile e non inerente la natura delle sostanze e i loro effetti. Per essere più chiari, questo dice Treccani, di droga:

dròga s. f. [forse dall’oland. droog «secco, cosa secca»]. – 1. Nome di varie sostanze vegetali secche, aromatiche (meglio dette spezie), usate per dare maggior sapore alle bevande o ai cibi: per es., cannella, noce moscata, pepe, vaniglia, garofano, prodotti che, per la loro provenienza, erano detti in passato anche coloniali2. In farmacologia, ogni prodotto naturale, vegetale o animale, contenente uno o più principî attivi (alcaloidi, glicosidi, olî essenziali, sostanze amare, purgative, aromatiche, ecc.), e che, opportunamente preparato e conservato, trova indicazioni terapeutiche o sperimentali che sono oggetto di studio della farmacognosia. 3. a. Nel linguaggio corrente, qualsiasi sostanza capace di modificare temporaneamente lo stato di coscienza o comunque lo stato psichico dell’individuo (stupefacenti, allucinogeni, barbiturici, psicostimolanti); anche, nome di alcune sostanze atte ad aumentare le energie e il rendimento fisico, soprattutto nelle competizioni sportive

Trascuriamo naturalmente la definizione 1; la definizione 3, come dicevamo, è molto sfuggente e ambigua (riguarderebbe appunto anche l’alcool, o l’aspirina), e parla non a caso di “linguaggio corrente”; la definizione 2, invece, è tecnica ed esatta: e non distingue droghe e medicinali. Wikipedia dice ancora più chiaramente che:

In farmacologia la droga, chiamata anche farmaco, è una sostanza chimica utilizzata per trattare, curare, prevenire o diagnosticare una malattia o per promuovere il benessere.

Ovvero dà per sinonimi droga e farmaco. Che – a ulteriore conferma dell’inesistenza di quelle che qui si definiscono “droghe” – è quello che avviene in inglese: dove il termine “drugs” significa farmaci. Un tema simile è quello del doping: non esistono sostanze inerentemente corrette o scorrette, esistono semplicemente quelle che abbiamo deciso siano permesse o vietate, con criteri variabili stabiliti da commissioni di umani. Quello che possiamo chiamare “dopato” è un atleta che abbia oggi assunto tra le altre sostanze che oggi sono vietate. Che abbia insomma violato le regole.
E chi possiamo chiamare “drogato”, quindi? Chi ha assunto sostanze che fanno perdere lucidità, quindi chiunque di noi sia mai stato un po’ brillo? O chi lo sia in un dato momento? O chi abbia assunto sostanze la cui assunzione è vietata? (quindi non chi si sia fatto una canna). O chi con continuità (abbiamo il termine “tossicodipendente”, non per niente) assuma droghe “pesanti”? E la definizione di cosa è pesante e cosa no, è scritta universalmente da qualche parte?

La risposta la può scegliere ognuno di noi nel suo parlare corrente al bar, se vuole: ma dovrebbe essere coerente e sapere rispondere alle contraddizioni che ho citato. Quello che non è accettabile è che un lavoro serio di informazione su un problema esteso, complesso e grave come quello delle dipendenze, e su delle tragedie come quella di Roma, sia fatto a colpi di “drogato” nei titoli. È roba da Cronaca Vera negli anni Settanta, non da quotidiani pretesi seri nel 2019.
E sì, lo so.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro