A Milano, una decina di giorni fa

Nessuno sa, tranne gli interessati, se ci sia stato un incontro tra Matteo Salvini e Davide Casaleggio: notizia che, pubblicata in prima pagina stamattina da Repubblica, è stata ripresa con eccitazione da quasi tutti i siti di news, dagli altri quotidiani, eccetera. Diciamo che se sia vera o no, per il momento, non ci interessa. Vediamo però come viene diffusa e cosa succede.

Breve antefatto transoceanico: ieri sera il Washington Post ha pubblicato un vero scoop, rivelando che il Procuratore Speciale Mueller che indaga sulle ingerenze russe nella campagna presidenziale ora sta indagando anche su Trump, mentre fino alla settimana prima era stato un tema centrale della discussione che Trump non fosse indagato. È una super notizia, della cui rivelazione persino il New York Times – che l’ha considerata affidabile – ha dato poi atto al Washington Post. E il Washington Post l’ha data citando delle fonti sotto anonimato che sono state informate degli interrogatori in corso, dettagliando i nomi delle persone che verranno ascoltate e con l’evidente certezza che quello che ha scritto non sia smentibile. E infatti nessuno l’ha smentito: lo stesso Trump ha risposto alla notizia. Prima di pubblicarla il WP aveva comunque chiamato l’ente nazionale di cui uno degli interrogati è capo, e l’avvocato di Trump che lo rappresenta in queste cose.

Vediamo invece cosa è successo qui: il primo titolo di prima pagina di Repubblica di oggi è “Vertice segreto Casaleggio-Salvini”. L’articolo all’interno occupa una pagina intera e il titolo è “I segnali tra grillini e Lega e l’incontro Salvini-Casaleggio contro le larghe intese”. Insomma, l’incontro è LA notizia, lo scoop. Ed è citato all’inizio dell’articolo:

L’incontro, riservatissimo, è avvenuto una decina di giorni fa a Milano. Per la prima volta M5S e Lega Nord si sono incontrari (sic) ai massimi livelli. Da una parte Davide Casaleggio, dall’altra Matteo Salvini.

Bene, questo è tutto quello che troverete sull’incontro presunto leggendo l’articolo fino in fondo: tutto il resto del testo si dilunga nel mettere quelle prime sei righe in un contesto politico generale e nel costruire retroscena ipotetici. Sull'”incontro” non si torna più. Tutto quello che circostanzia la notizia è quindi “a Milano, una decina di giorni fa”. Non è nemmeno citata l’esistenza di un’eventuale fonte (anche anonima) che avrebbe dato a Repubblica l’informazione (una risposta successiva di Repubblica parlerà poi di “due autorevoli fonti della Lega Nord”).

Azzardo una ricostruzione da divano: una o due fonti vicine alla Lega possono in effetti avere detto al giornalista di Repubblica che l’incontro ci sia stato. Improbabile ne siano stati testimoni, altrimenti avrebbero aggiunto qualunque particolare, o sarebbe stato loro chiesto (quando, esattamente? dove? un ufficio, una cena, una riunione? chi altro c’era? chi è arrivato prima? cosa è stato detto?) che sarebbe stato fondamentale non tanto per la notizia in sé ma per ancorarla a una qualche concretezza e affidabilità. Quindi è probabile che le presunte fonti abbiano saputo che ci sarebbe stato questo incontro e lo abbiano riferito a Repubblica senza poterne dire altro. Repubblica, evidentemente, non è stata in grado di scoprirne altro: è impensabile che di fronte a una storia che – sia davvero o no una storia – creerà agitazioni e scompigli, non siano state cercate maggiori e preziose informazioni. Quindi quella che ora avremmo è una notizia di terza mano che non ha trovato alcun riscontro. E che Repubblica decide lo stesso di dare per vera, con grande enfasi, senza assicurarsi della eventuale affidabilità delle fonti e della circostanza, oppure assicurandosene ma senza darne conto ai lettori in nessun modo: “due autorevoli fonti della Lega Nord”. Qualcuno che se dice una cosa, è certa.
Per finire, la notizia viene smentita da tutti gli interessati il giorno dopo (non essendo stati interpellati il giorno prima, in questa parte di mondo): i quali si prendono così il rischio di essere clamorosamente sbugiardati.

La ricostruzione è presuntuosa, va’ a sapere, ma altre possibilità avrebbero tutte qualcosa di strano. Quello che si vede in ogni caso è un metodo assai diverso da quello del Washington Post (di cui contemporaneamente i quotidiani italiani celebrano un giorno sì e uno no le passate e presenti imprese, basate su metodi-assai-diversi). Se ne può discutere, ma mi pare che il metodo italiano possa avere dalla sua un solo vantaggio per sostenersi altrettanto valido nella sua avventatezza spericolata: ed è che porti a casa il risultato, e riveli una cosa certamente vera anche non avendo immediatamente tutti gli elementi per dimostrarla. Quando si saprà infine che l’incontro una decina di giorni fa a Milano c’è stato, io personalmente continuerò a ritenere pericoloso questo tipo di giornalismo ma dovrò ammettere che i miei rigori hanno bisogno di costanti ripensamenti e messe in discussione.

Il fatto è che però rischiamo di non saperlo mai: la circostanza così come è riportata da Repubblica è così vaga e galleggiante nel nulla, che non è di fatto smentibile in alcun modo. Salvini o Casaleggio dovrebbero dimostrare di non aver messo piede a Milano per una settimana almeno, per contraddire “una decina di giorni fa a Milano” (e ci abitano, per giunta, a Milano). È quello che è successo esattamente un anno fa (buffa coincidenza) con un’altra storia ma con identico andamento: Repubblica attribuì a Massimo D’Alema l’annuncio che a Roma avrebbe votato per Virginia Raggi, generando un casino di accuse e polemiche nel PD. D’Alema smentì, Repubblica confermò, i dettagli erano allora qualcuno in più, ma nella vaghezza di un colloquio privato fu alla fine possibile sia dimostrare che D’Alema non l’aveva detto che sostenere che invece qualcosa del genere magari l’aveva detto: come si fa a escluderlo?
(c’era il fattore, allora e oggi – e mille altre volte – di notizie che riempiono una cornice esistente: se non sono vere, sono realistiche, ci dicono le cose che ci aspettiamo, e noi siamo inclini a crederle vere: e siamo così scemi che la loro vaghezza la trasformiamo in una volontà di nascondere, e le nostre certezze ignoranti in un saperla lunga).

“Sarà impossibile escluderlo” sembra essere il criterio che qui spesso si sostituisce a “vediamo di poterlo dimostrare”: considerazione interessante se la si tira fuori da questo ennesimo piccolo caso giornalistico e la si applica in generale a tutto il discorso pubblico. Potete escludere che qualcuno sia mai guarito con un omeopatico? Potete escludere che i vaccini non facciano mai male? Potete escludere che un ministro abbia detto una cosa a un banchiere? Potete escludere che un arrestato pretestuosamente non “stesse preparando la fuga”? Potete escludere che Grillo non trami coi russi? Potete escludere che a votare contro Prodi presidente sia stato questo, o quello?
E quindi si può dire tutto e smentire tutto, niente è più falso, niente è più vero.
L’incontro c’è stato, e non c’è stato.

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Un commento su “A Milano, una decina di giorni fa

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