Un colpevole al giorno

Ci sono due cose molto lontane tra loro, sui giornali stamattina. Però c’entrano, in un modo importante. Stamattina su Repubblica c’è una lettera del comandante generale dei carabinieri sulle indagini per la morte di Stefano Cucchi. A un certo punto della lettera – dedicata molto a proclamare il concetto delle “mele marce”: «le cattive azioni di pochi» – quando il lettore dispera, l’autore infine dice l’unica cosa che è invece importante dire (e soprattutto fare): che l’Arma dei carabinieri si impegnerà perché cose di questo genere non succedano più, implicando quindi che un problema ci sia.

Una sincera assunzione di responsabilità è dunque doverosa e ad essa non intendiamo sottrarci. Per il riscatto che ci chiede abbiamo una sola strada: trarre lezione anche da fatti tanto deplorevoli, per evitare che si ripetano. Li porteremo quale esempio di cosa non fare, nelle nostre Scuole, ai giovani che si sono appena arruolati. Ne discuteremo nei Reparti, dove chi opera sulla strada è costretto a fronteggiare il quotidiano oltraggio della violenza, ma a quella violenza non deve mai indulgere. Ribadiremo ai nostri ufficiali che il grado non è un peso leggero, richiede spalle robuste e animo saldo.

Che il passaggio – importantissimo – non sia all’inizio delle lettera, può avere ingannato il titolista pigro: ma io penso invece che il suo sia un tic più abituale. Sia in prima pagina che all’interno, infatti, la lettera è titolata sulla punizione dei colpevoli e su “chi ha sbagliato pagherà”: frasi che leggiamo ogni volta, ritualmente e poco credibilmente; mentre, ripeto, la notizia c’è ed è “faremo in modo che le cose cambino”.
È un approccio rivelatore, e diffusissimo, quello del titolista (e del comandante): siamo tutti dentro una cultura – alimentata ogni giorno – che pensa che la priorità sia punire chi sbaglia invece che diminuire gli sbagli. Una cultura che ha messo il capro espiatorio – sia il capro colpevole o no – al centro delle cose: che risponde alla richiesta di sicurezze non aumentando la sicurezza ma additando responsabili. Una cultura che sa che ci siamo rincoglioniti abbastanza da trovare più soddisfazione nel male di un “nemico” che nel miglioramento delle cose: persino quando andiamo a votare. E per via di questa cultura noi oggi vogliamo davvero che vengano puniti i responsabili di quello che è accaduto a Cucchi più ancora che sapere che si sta facendo qualcosa perché non succeda di nuovo. Provate a pensarci: ha ragione il titolista. Saremmo disposti ad accettare l’assoluzione di tutti i colpevoli della morte di Cucchi in cambio di un efficace corso di formazione interno ai Carabinieri sui diritti e il rispetto dei cittadini, se il comandante ce lo proponesse?

Saremmo disposti ad accettare l’assoluzione dei colpevoli di negligenza nel caso della scala mobile di Roma, se ci venisse garantito il rinnovo di tutte le scale mobili della città? Ieri è circolato un video nuovo dell’incidente. Sulle ipotesi su cosa sia successo cito un articolo equilibrato comparso ieri sera sul sito del Corriere.

Ore di filmati per arrivare a una prima conclusione. Finora però l’unica: martedì sera i tifosi del Cska Mosca non si sarebbero messi a saltare sui gradini dell’ultimo tratto della scala mobile di destra nella fermata Repubblica della metro A. E quindi non avrebbero provocato volontariamente il cedimento della struttura. È quanto emergerebbe dall’analisi dei file della videosorveglianza dei momenti immediatamente precedenti all’incidente che ha provocato 25 feriti — due dei quali in prognosi riservata, Vladimir Blokhin e Dmtry Tyurin, 37 e 33 anni — fra i tifosi ospiti diretti allo stadio Olimpico per assistere alla partita di Champions League contro la Roma. Una conferma di quanto raccontato fino a oggi dai testimoni russi, nonché descritto da quattro filmati postati sul web che mostrano come in quel momento decine di tifosi fossero tranquilli sulla scala mobile prima che il pavimento metallico si aprisse sotto i loro piedi.

Oggi sul Corriere – il quotidiano – non c’è niente che aggiorni i lettori su questo sviluppo che cambia piuttosto la loro conoscenza della storia. Mercoledì, infatti, il titolo in prima pagina era stato questo.

Il titolo lo vedete – “Cori e salti, la scala cede” -, se il testo fosse troppo piccolo lo incollo qui:

Nel momento dell’incidente i tifosi russi saltavano e gridavano.

Questa invece era Repubblica, che sceglieva una creativa par condicio delle ipotesi precipitose e indimostrate. Quando non sai se una cosa è vera, piuttosto che non metterla, mettila tra virgolette e metti anche il suo opposto. Tombola, doppio colpevole.

Questi invece sono il Giornale (cliccateci, vi prego) e il Messaggero, in questo caso encomiabile (come anche la Stampa).

Le considerazioni – lo so, siamo abituati, ci stiamo annoiando: pure io – sono le seguenti:
1. Un paio d’ore dopo l’incidente di cui ancora non si capisce niente, alcuni grandi quotidiani ritengono una priorità dare immediatamente un colpevole qualunque ai lettori (si veda questo, come lezione eterna).
2. Il colpevole non è solo qualunque e indimostrato (“alcuni testimoni avrebbero raccontato…”) ma è fatto a forma di colpevole: stranieri, russi, tifosi, esagitati. Par di vederli.
3. Della versione si impadroniscono per esempio Salvini e Raggi, senza nessuna prudenza e con il consueto senso di responsabilità. Accusare gli stranieri ha sempre funzionato, nella storia e nei tempi attuali.
4. Nel momento in cui la versione viene pesantemente messa in dubbio, se non smentita, nessuno dei quotidiani in questione ne dà notizia ai propri lettori.

Ma magari ci sarà un dirigente dell’ATAC da additare (magari con un cognome straniero), e allora vedrete che la storia tornerà in prima pagina. Che altro conta?

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