La discussione che si è scatenata intorno all’eventuale appoggio del PD a un governo del M5S è assurda da una parte, per quanto è confusa e prematura; dall’altra, riempie un’inevitabile necessità di chiacchiere per un paese abituato a discutere voci di calciomercato già prima che finisca il campionato. E quindi parliamone, per passare il tempo al bar.
1. Prematura. Non per i tempi: non è mai sbagliato portarsi avanti. Ma bisogna avere chiare le prospettive. Se ti invitano a un matrimonio a maggio, è lungimirante cominciare a pensare al vestito da subito. Ma se nessuno ti ha invitato a nessun matrimonio, è un po’ ridicolo.
Che il partito sconfitto alle elezioni – e sconfitto di brutto – si debba prendere il carico di immaginare come possa aiutare a governare il partito vincitore – che da solo non riesce – è indice di un complesso di superiorità perduta o di inferiorità acquisita. Fai ridere: “compagni, che vestito ci mettiamo al matrimonio a cui nessuno ci ha invitato, metti che ci invitano?” (quelli che ci hanno rubato la ragazza, peraltro).
Perché questa discussione abbia qualche senso bisognerà che il M5S faccia una proposta al PD, non “a chi ci sta”, e che quella proposta offra qualcosa in termini di progetti in cambio del peso del secondo partito italiano, dei suoi voti, dei suoi elettori. Tutto questo in questo momento non esiste, né si vede.
2. Quello che si vede, anzi, è esattamente il contrario. La lettera di Di Maio a Repubblica oggi dice l’opposto del virgolettato inventato con cui l’ha titolata Repubblica (“Voltiamo pagina e cambiamo l’Italia tutti insieme”): dice – riassumo – se voltate pagina VOI e fate le cose che diciamo NOI, cambieremo l’Italia come diciamo NOI. Altrimenti la cambiamo lo stesso, senza di voi.
Non è una proposta, è un ultimatum: è una richiesta di resa senza condizioni in cambio di niente.
E non c’è niente di assurdo in questo ultimatum: è il modo M5S di fare le cose, lo stesso del 2013 che umiliò Bersani e il PD. La lettera di Di Maio è uno schema provato e riprovato in allenamento (e in partita): ti chiedo di obbedire alle mie richieste per poterti poi accusare di essere stato tu a dire di no, e poter aizzare le claques e i disattenti.
3. Tra l’altro, è solo uno dei molti contesti che smentiscono l’obiezione “mettiamoli alla prova, non li abbiamo mai visti”: li abbiamo visti parecchio. Se qualcuno vi propone di fare entrare una mandria di bisonti in salotto per vedere se cacciano le zanzare, non credo rispondiate “buona idea, non ci abbiamo mai provato, li abbiamo visti solo sulle praterie, ma lì è diverso: magari in salotto funzionano”. Le obiezioni sul M5S non possono più essere definite “a prescindere” o pregiudiziali: sono a postscindere, basate su programmi pubblicati, principi annunciati, persone ascoltate e viste all’opera, ruoli occupati, scelte fatte, dinamiche reiterate, un partito definito e strutturato.
4. Renzi ormai non c’entra più niente. Soprassiedo sul suo goffo e sbilenco intervento di l’altroieri, quello in cui si è dimesso da capo del partito e poi ha annunciato cosa farà il partito; quello in cui dopo la più grossa sconfitta di sempre ha detto ai vincitori “ah, ora siete messi davvero male!”. Ma si è dimesso.
Solo che le dimissioni di Renzi non trasformano il PD in un partito grillino, né cambiano i suoi programmi e obiettivi. Dire “Renzi se ne va, le cose ora devono cambiare” è come dire che se cambia l’inquilino dell’appartamento allora quella dei bisonti in salotto diventa una buona idea. Si possono fare compromessi e mediare, certo, è la politica. Ma questo varrebbe anche per Renzi, e soprattutto mediare non è abiurare, e torniamo al punto 1: il M5S mostri cammello. Al momento, è un bisonte (il bisonte nel corridoio, direbbe quello).
5. “Chiedere agli elettori del PD”: non mi risulta che grazie al cielo siamo una democrazia diretta. Non solo, siamo una democrazia rappresentativa che si è appena espressa, dando mandato a dei rappresentanti. Il PD non si è presentato alleato del M5S (si poteva, era previsto dalla legge elettorale), anzi eventuali collaborazioni di governo sono state ripetutamente escluse: i pochi che hanno votato il PD hanno votato anche sulla base di questo. Che il desiderio di alcuni nel PD di aderenza ai programmi del M5S parta già da adottare i suoi metodi di marketing demagogico forse è un po’ troppo. Ci sono dei parlamentari appena eletti, decidano loro senza vincolo di mandato (mandato peraltro chiaro) a chi dare la fiducia: o vogliamo già aggiungere una voce alla loro delegittimazione e ai loro fallimenti prima ancora che si insedino?
(la pretesa poi che persino i non elettori del PD abbiano voce in capitolo, la spiega assurda Francesco Costa: chi voleva il PD al governo per scongiurare la Lega ha votato il PD, si immagina, no?)
6. “Pensare al paese”: l’unico modo che ha il PD di pensare al paese è quello di pensare a se stesso e al proprio futuro remoto, non prossimo. Oggi si è permesso di farlo notare persino Berlusconi, con un nobile sussiego da lungimirante statista abbastanza imbarazzante, per il PD:
Credo che il Pd debba in fretta ritrovare un’identità e un ruolo: una democrazia ha bisogno di un partito di sinistra moderno e democratico. D’altronde la sua crisi riflette quella delle sinistre in tutt’Europa, prive di idee per il 21° secolo. È un tema che va ben al di là del ruolo di Renzi, sulla cui posizione non tocca a me dare giudizi
Non tornerò sulla noiosa metafora dell’uovo oggi e la gallina domani, ma oggi pensare al paese significherebbe pensare per una volta a cosa può essere il paese tra cinque o dieci anni: pensare all’anno prossimo ha portato il PD dov’è adesso. Certo che resteranno disastri e morti sul campo, e che un probabile governo di destre e demagoghi forcaioli incapaci di governare un paese, un’economia e figuriamoci il cambiamento del mondo, avrà conseguenze gravi.
Ma c’è quel dettaglio che hanno vinto le elezioni: è successo, non ce lo siamo sognato, è la democrazia – se la vogliamo -, non si riavvolge il nastro, there’s no easy way out. C’è una sola conseguenza buona: si può non farlo succedere di nuovo la prossima volta.
Rispetto a questo appoggiare un governo del M5S non direi che aiuti, così a occhio: ma ognuno ci faccia i suoi pensieri, qui al bar. L’ultimo che ce li aveva fatti ha preso il 3,38.